Epilogo

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Tre anni dopo

Ariel's POV.

Spalancai velocemente la porta del bagno, arrivai di corsa fino al water dove – con un rumore sordo delle mie ginocchia contro il pavimento freddo – mi lasciai cadere, alzai frettolosamente la tavoletta e cominciai a vomitare.

Gli occhi mi si riempirono subito di lacrimoni ad ogni conato, i quali mi spaccavano lo stomaco e mi facevano sentire veramente uno schifo. Mi appoggiai una mano al centro del torace nello stesso momento in cui la mano calda di Louis si appoggiò sulla mia fronte, e vidi le sue gambe comparire ai lati del mio corpo.

«Dovresti davvero andare dal medico.» mi disse dopo l'ennesimo conato, facendo scivolare la mano a tirarmi indietro i capelli dalla fronte sudata. «Mi sa che ti sei presa un bel virus intestinale.»

Quando sentii che il mio stomaco non aveva più niente da espellere, allungai una mano a tirare lo sciacquone e mi lasciai cadere, esausta, con il sedere sul pavimento. Era in quel modo che avveniva il mio risveglio, puntualmente, ogni mattina, da tre giorni a questa parte. Alle sette del mattino in punto, né minuto più né minuto meno.

«Non andare al lavoro oggi.» mi sussurrò Louis, vedendo il mio viso stravolto, continuando a passarmi le dita tra i capelli.

«Adesso mi passa, starò meglio.» cercai di rassicurarlo, tentando di accennargli un leggero sorriso.

«Sei la figlia del capo, non ti chiederanno giustificazioni.» osservò divertito, allungandomi le mani per aiutarmi ad alzarmi. «E così potremmo approfittarne per passare un'intera giornata solo noi due, come ai vecchi tempi.» mi disse, facendomi l'occhiolino, una volta che il mio viso ed il suo furono perfettamente allineati.

«L'idea è molto allentante, veramente.» gli assicurai, appoggiandogli una mano sul petto. «Ma proprio perché sono la figlia del capo non dovrei avvalermi di certe libertà.» gli feci notare, superandolo per andare al lavandino a lavarmi faccia e denti.

Sentii Louis alle mie spalle sbuffare, e quando alzai gli occhi nello specchio lo trovai con le mani sui fianchi e la testa buttata all'indietro, esasperato.

«Non cambierai mai.» mi disse infine, con un sorriso incredulo e divertito allo stesso tempo.

Gli rivolsi un sorriso pieno di schiuma di dentifricio in segno di scuse e lui rise maggiormente.

«Vado a preparare la colazione.» si arrese, uscendo dal bagno per dirigersi verso la cucina, ma non senza prima avermi lasciato un bacio sul collo e una pacca sul sedere.

Finii di lavarmi i denti pensando e ripensando a quello che mi frullava in testa da settimane, e quando mi sciacquai la bocca, chiudendo l'acqua e asciugandomi le mani, andai quindi ad aprire il mobiletto sotto al lavandino, facendomi spazio tra tovagliette, shampoo e prodotti da bagno per afferrare la scatoletta di cartone che avevo accuratamente nascosto solo qualche giorno prima.

Me la girai e rigirai tra le mani, sedendomi sul bordo della vasca da bagno mentre tiravo un sospiro. Avevo comprato un test di gravidanza già qualche giorno fa, ma avevo paura di farlo perché temevo il risultato e quindi l'avevo semplicemente messo via e non l'avevo detto a Louis per non illudere lui e, allo stesso tempo, me stessa in caso fosse stato negativo.

Come aveva attentamente previsto Louis con tutte le sue ricerche sulle conseguenze del coma, il mio ciclo mestruale era ancora irregolare, ma le mie ovaie erano a posto, nonostante ci fossero ancora mesi che ovulavo e mesi no. Mi era quindi capitato di saltare il ciclo un mese ogni tanto, ma questa volta non lo avevo avuto per due mesi di fila – anche se, in effetti, mi era capitato anche questo – ma sapevo anche che io e Louis non eravamo stati molto attenti, nell'ultimo periodo, e a volte di proposito.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora