Se ripenso al momento in cui mi è venuta l'idea per la trama di Haze, posso ancora sentire il vento tra i capelli, l'odore di mare su per le narici e uno spesso strato salsedine ricoprirmi la pelle.
È stato l'estate scorsa, mentre ero in vacanza fuori dall'Italia; un giorno il tempo era brutto, dei nuvoloni neri oscuravano il cielo ed io – amante del mare come sono – ho deciso di prendere la mia stuoia e andare comunque in spiaggia, ridotta praticamente a metà a causa dei cavalloni enormi del mare. Lì, ho trovato la distesa azzurra completamente piena di ragazzi e ragazze che avevano approfittato del mal tempo e del mare forte per praticare il loro sport: surf.
Io mi ero seduta sulla mia stuoia e non avevo fatto altro che guardarli per tutto il tempo, fino a quando una ragazza non è uscita dall'acqua piangendo, si è strappata la cavigliera dal piede e ha gettato la tavola per terra, arrabbiata. Ricordo il suo viso come fosse ieri: si era seduta direttamente sulla sabbia con la sua muta, aveva appoggiato gli avambracci sulle ginocchia e semplicemente guardava i suoi compagni in acqua cavalcare le onde. Si percepiva perfettamente quanto fosse nervosa con se stessa per non aver fatto abbastanza bene, e quelle lacrime erano dettate solamente da quello: nervoso. Alla fine, però, aveva lanciato uno sguardo alla sua tavola, si era alzata in piedi, asciugata le guance, aveva raccolto la sua tavola da terra ed era rientrata in acqua di corsa.
Non ho la più pallida idea di chi sia quella ragazza, né dove sia in questo momento, ma è a lei che va il mio primo "grazie". Per avermi colpita così tanto da darmi l'idea di scrivere Haze, per avermi fatta incuriosire sul surf a tal punto da andarmi a documentare su come funzionassero i tornei, per avermi dato l'ispirazione a creare un personaggio come Ariel.
È stato quel giorno stesso, lì in spiaggia, che ho preso il mio telefono e nelle note ho scritto la fine di Haze.
Sì, avete capito bene, la fine.
Poi sono tornata a casa dalla vacanza, ho definito bene tutta la trama e ho cominciato a scriverla dall'inizio. Ma il Louis' POV del capitolo 59... beh, quello è stata la prima cosa che ho scritto di tutta la storia.
Ero consapevole – e lo sono tutt'ora – che qualcuno avrebbe potuto rimanerci male, rimanere deluso dal fatto che, da un certo punto della storia in poi, nulla sia effettivamente accaduto, e ci ho pensato e ripensato, quando era arrivato il momento di scrivere il finale, all'ipotesi di cancellare tutto quello che avevo scritto sin dall'inizio e far semplicemente in modo che le cose andassero lisce; che Ariel si fosse effettivamente davvero svegliata e che la storia finisse con lei che si ricordava della scena avvenuta prima di entrare in acqua al torneo e ricambiasse, finalmente, il "ti amo".
Ma... chi mi conosce da un po', ormai, sa benissimo che a me le cose piatte e calme non piacciono per niente. Quindi, nonostante sapessi quanto rischiassi a scegliere un colpo di scena del genere, non ho potuto fare a meno di seguire il mio istinto e quello che io volevo.
Ci sono due cose che dico sempre, e che chi mi segue sa bene: la prima, è che scrivere è la mia passione ed io scrivo principalmente per me stessa. Ovviamente, senza lettori non ci sarebbero scrittori e quindi non vi ringrazierò mai abbastanza ma... il punto è che non scriverei mai una storia con il solo scopo di far andare le cose come tutti vogliono. Quindi, mi dispiace davvero se qualcuno ne è rimasto deluso, ma sarei rimasta più delusa io se avessi scelto di farla finire come tutti avrebbero voluto e non come io avrei desiderato.
Vorrei ringraziare tutti voi che siete arrivati fino a qui e anche tutti quelli che non l'hanno fatto, preferendo lasciare la storia nel momento in cui si è scoperto che Ariel in realtà era ancora in coma. Vorrei quasi dire un grazie in più a voi che state leggendo in questo momento, ma in fondo so che se siete arrivati fino all'epilogo non è stato certo per fare un favore a me, ma perché la storia vi è piaciuta davvero e quindi, forse, qualcosa di giusto l'ho anche fatto.
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Haze||Louis Tomlinson
FanfictionMi chiamo Ariel Reed e ho ventidue anni. Vivo a Brisbane, in Australia, e sono stata in coma per nove mesi in seguito a un incidente. Mi sono ripresa abbastanza bene, il mio cervello non ha nessun difetto; riesco a fare tutte le cose che mi servono...