Capitolo 6

2.3K 127 75
                                    

In realtà, pensavo che quella dello yacht fosse solamente una scusa per costringermi ad entrare in acqua ma, quando vidi che si dirigeva a grandi bracciate verso di esso, rimasi seriamente sconvolto.

«Ariel!» la richiamai, cominciando a nuotare dietro di lei per raggiungerla. «Cosa diavolo stai facendo?»

Lei mi ignorò completamente e, una volta raggiunto lo yacht, afferrò la scaletta di metallo che finiva in acqua e cercò di issarsi per salirci.

Ovviamente, essendo piuttosto brilla, perse l'equilibrio e ricadde in acqua, dandomi il tempo necessario per raggiungerla del tutto.

«Ariel.» risi quando cercò di salire di nuovo sulla scaletta. «Ti prego, scendi. Torniamo sulla spiaggia.»

«Quanto sei noioso!» sbuffò in risposta, e si issò con forza, emergendo dall'acqua.

Il suo sedere era esattamente sopra la mia faccia, e l'acqua che gocciolava da esso mi finiva sul naso.
Mi presi del tempo per guardarlo, anche perché non potevo fare altrimenti; dopo qualche secondo Ariel abbassò la testa verso di me.

«Mi stai guardando il sedere?!» mi chiese retoricamente a quel punto, finendo per sorridere.

«Ho scelta?» osservai alzando un sopracciglio. «O sali o scendi, ma fa' qualcosa!»

«Va bene, va bene!» si lamentò, sbuffando di nuovo. «Ma stai calmo.»

Scossi la testa e Ariel cominciò a salire, così a me non rimase altro da fare che seguirla.

«Almeno sai cosa dire a tua discolpa quando i proprietari minacceranno di chiamare la polizia?» sussurrai seguendola sul ponte.

«Pensavo di sfoggiare la carta "sono qui con Louis Tomlinson in persona".» mi rispose, voltandosi a rivolgermi un sorriso beffardo. «In realtà pensavo che potessi pagarci la cauzione per farci uscire da dietro le sbarre.»

A quel punto fui io a rivolgerle un sorriso che finì in una smorfia.

«Se ti arrestano, ti lascio dentro.» la minacciai quando la vidi entrare decisa nella cabina. «È proprietà privata!»

«Sei preoccupato che ti rovino la reputazione, Tomlinson?» mi chiese attraversando l'enorme stanza e afferrando al volo del cibo disposto su un'enorme tavolata. «Forse avresti dovuto dare retta a Vicky, allora. Quando ti ha detto che frequentarmi avrebbe fatto male alla tua immagine.»

Si appoggiò al tavolo, incrociando le braccia, e mi guardò mentre masticava.

«È solo una stronza.» dissi scrollando le spalle. «E tu sei pazza.»

Ariel tenne l'espressione seria e concentrata ancora per qualche secondo; poi le sue labbra si incresparono in un sorriso ed io mi avvicinai per approfittare del banchetto.

«Già che ci siamo.» dissi, prendendo un'oliva con lo stuzzicadenti.

Vidi Ariel ridere con la coda dell'occhio, girarsi e cominciare anche lei a mangiare.

«Uhm, oddio.» fece ad un tratto con la bocca piena.

Mi voltai e la vidi con una ciotolina e un cucchiaino tra le mani.

«Che c'è?» le chiesi, corrucciando le sopracciglia.

«Apri la bocca.» ordinò, tenendo la ciotola contro di sé per impedire che ci guardassi dentro.

«No!» protestai subito.

Ariel roteò gli occhi al cielo, esasperata, e mi guardò con disapprovazione.

«Sei veramente la persona più noiosa sulla faccia della terra!» esclamò. «Apri la bocca! Giuro che non voglio avvelenarti.»

«No. Dimmi cosa c'è dentro!» rimasi fermo sulla mia posizione.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora