Capitolo 52

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Giorno 176

La mattina seguente per poco non perdemmo l'aereo a causa del fatto che – stanchi come eravamo – Louis aveva spento la sveglia e ci eravamo riaddormentati. Fortunatamente quest'ultima era puntata molto prima di quando avremmo effettivamente dovuto alzarci, e riuscimmo quindi lo stesso a vestirci al volo, prendere tutte le nostre cose e catapultarci in aeroporto.

Una volta lì decisi di spedire la mia tavola in Australia, invece che portarla con me a Londra; sarebbe stata solamente un intralcio in più, quindi chiamai i miei e li avvisai che la mia tavola sarebbe arrivata nel giro di giorni.

Avvenne tutto così di corsa e velocemente che io e Louis riuscimmo a guardarci bene in faccia solamente una volta seduti sull'aereo, e lì lui si accorse che c'era qualcosa che non andava.

«Che c'è?» mi chiese, rabbuiandosi. La sua fronte si corrugò e i suoi occhi si incupirono mentre mi controllavano velocemente ovunque prima di tornare nei miei.

Tuttavia, rivelargli la natura dei miei continui tormenti interiori dovuti al video che avevo visto la sera precedente non mi sembrava appropriato; lui aveva raccolto quelle foto e quei video per me, per farmi un regalo, e non volevo che credesse che non l'avessi apprezzato, anzi!

Solamente, avevano sollevato tante domande da parte mia, su di me, su quella che ero un tempo rispetto a quello che ero adesso: fare un paragone era inevitabile.

Non volevo comunque turbarlo o rovinare in alcun modo il viaggio verso casa sua che – anche se non l'aveva ripetuto recentemente – sapevo non vedeva l'ora che queste ore di viaggio passassero in fretta per tornare finalmente dalla sua famiglia. Infatti, non essendoci voli diretti disponibili, non si era fatto nessun tipo di scrupolo a prenotare un jet privato, così da arrivare a casa nel minor tempo possibile.

Solo qualche sera prima l'avevo sentito parlare al telefono con Fizzy, una delle sue sorelle minori che doveva essere nel pieno dell'adolescenza, e il tema della conversazione verteva su un ragazzo. Louis mi aveva raccontato di avere un bellissimo rapporto con tutte le sue sorelle, ma che con quest'ultima c'era sempre stato un rapporto più confidenziale rispetto alle altre.

Soprattutto, poi, da quando sua madre era venuta a mancare, Louis era diventato l'unica persona con cui la ragazza si sentiva libera di parlare di qualsiasi cosa e quindi, a quanto pare, parlavano anche di ragazzi.

Louis, essendo uno di loro, poteva capire meglio i loro comportamenti e consigliare la sorella su come agire; mi aveva inoltre raccontato che cercava il più possibile di non farsi prendere dalla gelosia o lasciarsi condizionare dal comportamento del ragazzo in questione nei confronti della sorella, ma aveva ammesso anche che molte volte non riusciva ad essere imparziale.

Era anche l'unica sorella a vivere con lui, nella sua casa a Londra, in quanto studiava nella capitale, e quindi vivevano insieme per il tempo in cui lui era in Inghilterra e le lasciava tranquillamente la sua casa quando doveva tornare in California.

«Ariel.» Louis mi richiamò quando, persa nei miei pensieri, mi dimenticai che stesse aspettando una risposta.

«Nulla!» mi affrettai a rispondergli, accennandogli un sorriso e appoggiando la mano sopra la sua, ferma sul bracciolo del sedile.

Louis me la strinse subito e appoggiò la guancia contro il rivestimento in pelle della poltrona, sospirando, senza staccare gli occhi dai miei.

«Me lo diresti se ci fosse qualcosa che non va, vero?» volle sapere, massaggiandomi il dorso della mano con il pollice. «Qualsiasi cosa, di qualsiasi genere?»

«Certo.» gli risposi, sorridendogli maggiormente.

Ed era la verità; lo avrei messo al corrente se ci fosse stato qualche problema, che fosse tra di noi o meno, ma la questione che mi tormentava era una cosa che – anche parlandone – non saremmo comunque riusciti a trovare una spiegazione o una soluzione, quindi sarebbe stato inutile e senza senso farlo.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora