Capitolo 39

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Ariel's POV.

Giorno 92

«Crede che sia stata tu a causarle l'incidente.»

Mi voltai su un fianco e strofinai la guancia contro il cuscino morbido che sapeva di pulito.

«Cosa?!»

Ispirai profondamente e mi sfregai il naso con il dorso della mano, aggrottando la fronte. Qualcuno stava bisbigliando nell'altra stanza.

«Lo so, ha avuto solo degli sprazzi di ricordi. E non possiamo darle torto, comunque, se continua a vedere te che la spingi giù da una tavola. Ha fatto due più due.»

«Peccato che le manchino altre mille cose, nel mezzo.»

Aprii gli occhi e cominciai a sbattere lentamente le palpebre, cercando di abituarmi al chiarore della stanza. Non era casa mia.

Mi misi seduta e mi guardai attorno; un letto matrimoniale ampio e completamente sfatto, delle lenzuola bianche e pulite, e una televisione appesa alla parete di fronte. Immagini della sera precedente presero il sopravvento, e ricordai del brutto acquazzone che aveva cominciato a scrosciare mentre ero in stanza di Louis e di come lui mi avesse chiesto di rimanere per la notte.

Ci eravamo semplicemente sdraiati in quel letto, io stesa su un fianco e lui su quello opposto, così che potessimo guardarci negli occhi, ed eravamo rimasti in quel modo, in silenzio, fino a quando non ci assopimmo. Credo di essere stata io la prima a cedere, dei due.

«Ma non è neanche la cosa peggiore.» la voce di Louis era bassa e appena mormorata, ma comunque udibile.

«Ah, no?» riconobbi subito la voce della ragazza che controbatteva, e lentamente buttai giù le gambe dal letto, cercando di fare meno rumore possibile per lasciargli proseguire la conversazione che non vedevo l'ora di ascoltare.

«No. Credo ti abbia vista uscire dalla mia camera e pensa che abbiamo fatto sesso.» mi fermai improvvisamente a quell'ultima frase di Louis, con la punta del piede appena appoggiata sulla moquette, al centro esatto della camera da letto.

Sentii Vicky ridere di gusto, e Louis rimproverarla per averlo fatto con un tono troppo alto della voce.

«Andiamo, ti crede davvero così una brutta persona da pensare che tu abbia fatto sesso con sua sorella?»

Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, e meccanicamente mi trovai ad allungare una mano sul muro a pochi centimetri di distanza da me, ormai, per sostenermi. Dischiusi le labbra per prendere più aria nel momento in cui sembrò mancarmi completamente, come se tutta quella che ci fosse nella stanza non contenesse neanche una particella di ossigeno ma solo di anidride carbonica.

Aprii completamente la bocca, mettendomi una mano sul petto quando neanche respirare in quel modo riuscì a farmi arrivare l'ossigeno al cervello. Non mi ci volle molto per capire che stessi per avere un attacco di panico.

Mia sorella? Vicky, mia sorella?

Strinsi gli occhi e inspirai profondamente col naso per poi espirare dalla bocca, cercando di calmarmi. No, impossibile. Era solo un sogno, un brutto sogno. Entro qualche secondo mi sarei risvegliata, nel mio letto, e avrei riso di quel brutto scherzo del mio inconscio; quindi, cominciai a contare lentamente.

Uno, due... due e mezzo, due e tre quarti... tre.

Aprii gli occhi di scatto, ma tutto quello che essi videro fu la parete bianca del muro davanti a me, contro cui ero ancora appoggiata con la mano, e quello che sentirono subito dopo le mie orecchie fu ancora peggio.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora