Capitolo 50

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Giorno 146

Louis' POV.

Song: Story of my life – One Direction

Sollevai delicatamente il lenzuolo, cercando di non muoverlo troppo, ed uscii dal letto. L'orologio segnava che mancavano due minuti alla mezzanotte, così presi i jeans che avevo abbandonato sulla sedia solamente qualche ora prima e me li infilai, cercando in seguito una maglietta pulita dal cassetto.

Staccai il cellulare dalla presa della corrente e lo infilai in tasca, afferrando una felpa al volo mentre prendevo le chiavi della macchina e lanciavo un ultimo sguardo ad Ariel, che dormiva profondamente, a pancia in giù, dal suo lato del letto.

I capelli sciolti sparsi sul cuscino, le labbra leggermente socchiuse da cui usciva uno sbuffo di respiro lento ad intervalli regolari, un braccio sotto il cuscino per sostenerlo e l'altro allungato verso il mio lato del letto. Avrei tanto voluto passare le dita tra i suoi capelli e lasciarle un leggero bacio sulla guancia, ma temevo che questo potesse svegliarla così mi limitai ad appoggiare il bigliettino – che avevo scritto in caso si svegliasse in piena notte e non mi trovasse – sul mio cuscino, dopodiché lasciai la stanza socchiudendo la porta alle mie spalle.

Mi sistemai meglio lo zaino che avevo con me sulla spalla destra, mentre svoltavo l'angolo ed entravo nella stanza affianco alla mia camera da letto. Sorrisi automaticamente non appena trovai Freddie a dormire scomposto, completamente scoperto; sdraiato sulla schiena, aveva una gamba piegata e l'altra distesa mentre entrambe le braccia erano allungate verso l'esterno. La mano destra penzolava oltre il bordo del letto, nell'unica parte che la barriera protettiva – che avevo infilato al di sotto del materasso per evitare che durante la notte si girasse e cadesse per terra – non riusciva a coprire.

Mi avvicinai al letto e gli sollevai delicatamente la mano per riportarla sul materasso, non riuscendo questa volta a trattenermi dall'abbassarmi su di lui e lasciargli un bacio sulla fronte. Freddie inspirò bruscamente e borbottò qualcosa di incomprensibile, sottovoce, mentre si girava su un fianco per continuare a dormire profondamente; così, afferrai il lenzuolo stropicciato alla fine del letto e lo coprii per metà, rimboccandoglielo fino al fianco, prima di andarmene.

Nel momento in cui scesi in garage e presi il Range Rover, la mezzanotte era passata già da venti minuti e ce ne impiegai esattamente dieci per arrivare a destinazione.

«Tomlinson, credevo che non venissi più!»

Sorrisi mentre prendevo le mie cose e chiudevo la macchina, avvicinandomi alla figura che mi aspettava a braccia aperte con una sigaretta tra le labbra e una dietro l'orecchio destro.

«Sono un uomo di parola, Alan.» osservai, fingendomi offeso mentre ricambiavo il caloroso abbraccio.

«È sempre bello rivederti.» mi disse l'uomo, guardandomi dritto negli occhi mentre mi batteva ripetutamente la sua grande mano sulla spalla.

«Per me è lo stesso.» annuii, senza perdere il sorriso, e poi lo seguii lungo le scale che portavano alla taverna.

Da quando gli One Direction si erano presi una pausa tutto era cambiato, tranne una cosa: la mia passione per la scrittura. Non c'era giorno che non mi svegliassi con il desiderio di buttare giù qualche parola per nuove canzoni, parole che rispecchiavano a pieno me stesso, il mio stato d'animo o i miei sentimenti.

Era una cosa che purtroppo non potevo sempre fare quando scrivevo per la band, poiché appunto scrivevo per la band, non per Louis Tomlinson. Harry non poteva cantare l'emozione di avere un figlio appena nato tra le braccia, non avendola mai provata, così come Liam poteva solo immaginare ma non capire del tutto il dolore che si prova a perdere un genitore – ed è una cosa che non auguro a nessuno, quindi meglio così – e non poteva, di conseguenza, interpretare al meglio un testo riguardo questa mancanza.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora