Capitolo 41

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Giorno 94

La tensione che c'era nell'aria si poteva tagliare con un coltello.

Erano le otto in punto del mattino ed io, mia madre e mio padre eravamo seduti al tavolo della cucina, con la testa china sulle nostre tazze per la colazione. Ogni tanto alzavo lo sguardo per fulminare mia madre, quella traditrice, e poi riabbassavo gli occhi per prendere il mio caffellatte e cominciare a sorseggiarlo in silenzio.

In un'altra circostanza, l'arrivo di mio padre l'avrei accolto con decisamente più entusiasmo, ma non in quella; non quando mio padre era arrivato alle Hawaii con l'intenzione di portarmi via, di riportarmi in Australia.

Era stata mia madre a dirgli che non sarei voluta tornare e, cosa più importante, che sarei invece voluta partire con Louis. Ed era proprio per quel motivo che la sera precedente, una volta aperta la porta di casa, aveva fulminato Louis con gli occhi e mi aveva strappata con decisione dalla sua presa per farmi entrare in casa, richiudendogli la porta in faccia senza alcuna spiegazione.

In quel momento, avrei voluto dirgli che se solo fosse uscito qualche minuto prima, mi avrebbe trovata seduta a cavalcioni sopra di lui con la mano tra le sue gambe, ma mi costrinsi a mordermi la lingua per non peggiorare ulteriormente la situazione.

Era evidente che ormai, per come si erano messe le cose tra me e Louis, non sarei nemmeno più partita con lui. Probabilmente la sua proposta non era neanche più valida, data la discussione della sera prima, però odiavo quando loro decidevano al posto mio, avvalendosi di un diritto che non potevano più esercitare, dal momento che avevo superato la maggiore età da ormai parecchi anni.

Se avessi voluto fare la stronza e vendicarmi, quello sarebbe stato il momento perfetto per sganciare la bomba-Vicky ma, per loro fortuna, avevo altri progetti al riguardo e ci tenevo vivamente che Vicky fosse presente assieme a me, prima di dirlo. Quindi, me ne restai semplicemente in silenzio, appoggiandomi allo schienale della sedia quando ebbi finito la mia colazione, passandomi la punta della lingua contro la guancia, alternando lo guardo da mio padre a mia madre in continuazione.

«Devi tornare in Australia con noi.» si decise a dire mio padre dopo qualche secondo, con voce calma, ma senza guardarmi in faccia.

«Non voglio.» risposi semplicemente, e vidi mia madre appoggiare un gomito al tavolo per portarsi la mano a coprirsi gli occhi.

«Perché devi stare con lui?» si scaldò subito mio padre, alzando il tono di voce, cambiandone il timbro quando pronunciò l'ultima parola.

«Phil.» lo richiamò subito mia madre, cercando di contenerlo.

«Qual è il tuo problema? Cos'hai contro di lui?!» esclamai, allargando le braccia.

«Ti ha portata via dall'ospedale senza permesso, ed è la stessa cosa che vuole fare anche ora, portandoti via da noi!» mi rispose subito, fissandomi dritta negli occhi. «A me sembra che lui stia facendo di tutto per farti allontanare dalla tua famiglia, quindi, perché non lo chiedi a lui cos'ha contro di noi?»

«Quello che stai dicendo è assurdo!» scossi la testa, senza parole, sbuffando una risata nervosa. «Non mi sta costringendo a fare nulla.»

«Bene, allora verrai con noi a Brisbane.» disse deciso mio padre, afferrando il bicchiere davanti a sé.

«Perché?!» sbottai, allargando le braccia e lasciandole ricadere sulle gambe.

«Perché non stai bene, Ariel!» urlò lui, sbattendo il bicchiere sul tavolo, con una forza tale che io e mia madre sobbalzammo per lo spavento, e il vetro di quest'ultimo si crepò.

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora