Sto correndo sulla spiaggia; la testa rivolta verso l'alto e le braccia aperte. Respiro a pieni polmoni l'aria fresca dal sapore di sale, e sono felice.
Ad un tratto mi fermo; mi devo fermare. C'è una roccia in mezzo alla spiaggia, una caverna che porta direttamente in acqua. La guardo incuriosita e mi avvicino, ma ho come la sensazione che sarebbe meglio se non ci entrassi.
«Io non entrerei.» mi giro di scatto quando sento la mia voce echeggiare per la spiaggia.
È buio ora, e quella era la mia voce ma io non avevo parlato.
«È pieno di ricci man mano che ti avvicini verso l'acqua.» mi guardo intorno, agitata.
Il mio respiro è accelerato e il mio cuore è a mille.
Di nuovo la mia voce, ma non vedo nessuno qui con me. All'improvviso tutto sembra spegnersi, come un black-out; non sono più in spiaggia, c'è solo buio. Apro la bocca per urlare ma non riesco ad emettere alcun suono. Poi, qualcosa compare davanti a me, in mezzo al buio.
Sono due occhi di ghiaccio che si fanno man mano sempre più nitidi. Louis.
Mi svegliai di soprassalto, portandomi una mano sul petto.
Presi un bel respiro, provando a calmarmi, ma questo mi portò solamente a cominciare a tossire ininterrottamente per diversi secondi; afferrai la bottiglia d'acqua affianco al letto e cominciai a bere, placando la tosse. Quando mi tranquillizzai, mi appoggiai al cuscino dietro di me, madido di sudore come lo ero io. Mi aprii un po' il camice sul petto per prendere un po' d'aria, mentre mi scoprivo completamente; avevo la fronte grondante e i capelli appiccicati ad essa.
Deglutii più volte, mentre mi guardavo intorno. Fuori era buio pesto, segno che era piena notte.
La mia stanza era completamente all'oscuro, se non per una luce fioca d'emergenza attaccata alla parete di fronte, e uno spiraglio di quella del corridoio principale che filtrava attraverso la porta accostata. Girai il cuscino sottosopra e mi riappoggiai, girandomi sul fianco e chiudendo gli occhi per cercare di riaddormentarmi. Tutto quello che riuscii a fare, però, fu ripensare al sogno che avevo appena fatto.
Dopo qualche secondo, quindi, riaprii di nuovo gli occhi; mi misi seduta, aprii il cassetto del comodino e tirai fuori il cellulare. Feci scorrere lentamente il dito sulla rubrica, leggendo con attenzione la lista di nomi che mi si presentò una volta aperta, fermandomi solamente quando lessi il suo nome. Lo premetti prima che potessi pentirmene e mi portai il cellulare all'orecchio; squillò a vuoto per secondi che mi parvero interminabili, e proprio nel momento in cui stavo per riattaccare, lui rispose.
«Ariel.» disse affannato, la voce roca per il sonno. «Stai bene? È successo qualcosa?»
«Sto bene.» lo tranquillizzai subito.
«Ariel...» rilasciò un sospiro di sollievo, che percepii mischiato al fruscio delle coperte in sottofondo.
Adoravo quando diceva il mio nome, e non riuscivo davvero a capacitarmi di come questo fosse possibile. Era solo una voce qualunque che diceva un nome qualunque, eppure...
«Sono le due del mattino.» aggiunse dopo qualche secondo, e poi tossì per schiarirsi la voce.
«Lo so...» ammisi, e quasi mi vergognai di quello che stavo per chiedergli. «Potresti venire?»
Ci fu un silenzio tombale per quasi un minuto; strinsi gli occhi e tirai il labbro inferiore con le dita, aspettando la sua risposta.
«Mi vesto e arrivo.» disse prima di riattaccare.
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Haze||Louis Tomlinson
FanfictionMi chiamo Ariel Reed e ho ventidue anni. Vivo a Brisbane, in Australia, e sono stata in coma per nove mesi in seguito a un incidente. Mi sono ripresa abbastanza bene, il mio cervello non ha nessun difetto; riesco a fare tutte le cose che mi servono...