Non sapevo per certo quante ore fossero passate, sapevo solamente che il torneo era cominciato alle dieci del mattino e adesso fuori era buio.
Eravamo tutti in sala d'attesa: io, Calvin, Lola, Oli, Chase, Vicky e i genitori di Ariel.
A volte Victoria guardava il padre di sottecchi, ma poi riabbassava lo sguardo al pavimento. A volte gli altri si alzavano a fare due passi per sgranchirsi le gambe, ma io ero fermo immobile nella stessa identica posizione da quando mi ero seduto.
«Louis.» Oli si accucciò davanti a me, appoggiandomi le mani sulle ginocchia. «Non hai mangiato nulla da tutto il giorno, ti porto qualcosa?»
«No, grazie Oli.» dissi, scuotendo la testa.
«Louis.» disse lui in tono di rimprovero.
«Una bottiglietta d'acqua va bene.» mi corressi, giusto per farlo tacere.
Lo sentii sospirare, ma poi si alzò e si diresse fuori per portarmi quello che gli avevo chiesto. Ariel era in sala operatoria da quando l'avevano portata in ospedale; credo che stessimo sfiorando le dodici ore di operazione.
«Ragazzi, è quasi mezzanotte.» Megan ci raggiunse, apprensiva. «Forse è meglio se andate a casa a riposarvi.»
Io non la guardai neppure; non mi sarei schiodato da lì per nessun motivo.
«Vi facciamo sapere noi non appena abbiamo informazioni.» tranquillizzò Chase, Lola e Calvin che si erano alzati.
Calvin mi passò una mano tra i capelli, dicendomi di chiamarlo a qualsiasi ora per qualsiasi motivo. Lo ringraziai e, quando Oli mi portò l'acqua, se ne andarono tutti quanti. Rimanemmo solo io e Victoria, oltre a Philip e Megan.
«Rimani?» le chiesi dopo un po', anche se era evidente di sì.
«Sì.» mi confermò lei dopo qualche secondo, allungando le gambe indolenzite. «Non riuscirei comunque a dormire a casa.»
«Aveva una brutta sensazione.» dissi, facendo schioccare la lingua contro il palato. «Ed io le ho solamente detto che era per l'agitazione!»
«Louis.» Vicky si spostò nella sedia vicino alla mia e mi guardò. «L'ho buttata giù dalla tavola tante di quelle volte che solo il pensiero che avessi potuto causarle una cosa del genere, mi vorrei prendere a calci in culo da sola. Eppure, non è mai successo nulla.» disse. «Certe cose succedono e basta, non le possiamo prevedere.»
«Non è giusto.» dissi tra i denti, mordendomi le labbra.
«No, non lo è.» mi confermò lei. «Ma Ariel è forte, lo so io e lo sai anche tu. Si riprenderà, vedrai che non è nulla di grave.»
«Sono dentro da dodici ore.» dissi, asciugandomi velocemente una lacrima prima che potesse rigarmi la guancia.
«Ha battuto la testa.» disse lei, dolcemente. «Si staranno solo assicurando che non ci siano ripercussioni.»
Mi voltai a guardarla; indossava un costume che si era infilata di corsa per non venire in ospedale con la muta, e sopra aveva una maglietta gialla e dei pantaloncini bianchi.
«Da quando sei così ottimista?» le chiesi quindi, guardandola intensamente.
«Da quando essere ottimisti è l'unica cosa che ci rimane.» mi rispose senza esitazione.
In quell'esatto momento la porta della sala operatoria si aprì e Ariel, distesa su un letto con dei tubicini nel naso, venne portata fuori. Io e Vicky scattammo in piedi mentre Megan e Philip si avvicinarono al medico, che si tolse la mascherina e sospirò.
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Haze||Louis Tomlinson
FanfictionMi chiamo Ariel Reed e ho ventidue anni. Vivo a Brisbane, in Australia, e sono stata in coma per nove mesi in seguito a un incidente. Mi sono ripresa abbastanza bene, il mio cervello non ha nessun difetto; riesco a fare tutte le cose che mi servono...