2: Provvedimenti

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ERIK

Ivy si era addormentata da un paio d'ore, dopo aver ritrovato un po' di serenità. Da quando era scappata dalle spie di Grevor non era più riuscita a chiudere occhio: la paura di essere catturata l'aveva seguita ad ogni passo, come un'ombra maligna. Ora che invece era al sicuro, dietro alle mura dell'accampamento, si era concessa di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno.

Il sole giocava con le ciocche dei suoi capelli sparsi sul cuscino, e il suo volto era finalmente disteso e calmo, notò Erik, osservandola di sfuggita.
Si era seduto alla scrivania e messo a disegnare in silenzio, attento a non svegliarla. Non sapeva esattamente quanto tempo era passato, ma non voleva uscire dalla stanza, neppure se non aveva più bisogno di dormire: l'idea di allontanarsi da Ivy ancora lo spaventava.
Era stato un duro colpo, per lui, vederla corrergli incontro tanto debole e sfiancata, coperta di graffi e sopravvissuta per miracolo. Erano stati separati soltanto pochi giorni, ma si sentiva terribilmente in colpa per averla fatta soffrire della propria assenza.

Erik non ricordava tutto. Nemmeno buona parte delle cose, a dire il vero. Ma quando aveva perso le tracce di Ivy, aveva vissuto per giorni in uno stato di costante apprensione. E il sollievo che lo aveva travolto quando si erano ritrovati lo aveva quasi disorientato: mai, in vita sua, aveva provato una sensazione così forte da sentire spazzar via tutto il resto.

Per un istante, aveva smesso di sentirsi frustrato e arrabbiato per la sua perdita di memoria: si era consolato pensando che probabilmente la avrebbe recuperata a breve. In fondo, gli era bastato parlare con Ivy per qualche minuto, per fare riemergere parte dei ricordi perduti: immagini, sensazioni, vecchi discorsi, quasi fosse accaduto un miracolo. 

Gli sembrava di capirla, di conoscerla da tanto tempo. E in fondo, così era stato: in una vita alternativa, certo, costruita e modellata a tavolino, ma aveva così tanta importanza?

Il modo in cui l'aveva abbracciata, in cui si erano parlati, era stato così piacevolmente naturale da portarlo a credere che non tutto, in quella lontana Irlanda, era stato finto e calcolato.
Mentre si perdeva in quei pensieri, Erik sentì un colpo leggero alla porta.

-Chi è?-, domandò, titubante.
Il tono secco del capo dei cavalieri si fece subito riconoscere.
-Sono Faolan, posso entrare un attimo?-
Erik sobbalzò. L'uomo sapeva bene che necessitavano di riposo, non li avrebbe certo chiamati invano. Che fosse successo qualcosa di grave?
Si alzò in piedi ad aprirgli. Faolan entrò nella stanza con passo felpato, attento a non far rumore.
-So che Ivy deve riprendersi, ma tu puoi uscire un attimo? Nev ha bisogno del tuo aiuto.-
Erik annuì, titubante. Il suo sguardo non riuscì a fare a meno di posarsi di nuovo su Ivy, con le dita strette a una coperta e gli occhi chiusi.
-D'accordo. Per cosa?-
Faolan aveva la fronte aggrottata e sprizzava di impazienza da tutti i pori. –Per i prigionieri. Ma..Erik, che c'è? Sembri preoccupato.-

-Niente, è stupido, è che..so che Ivy adesso è qui, ma dopo tutto quello che è successo, non mi piace l'idea di lasciarla da sola.-

 Con grande sorpresa di Erik, Faolan scosse il capo e disse, con tono piatto. –Non è stupido, invece. Lo posso capire. Le sei affezionato, è giusto così.-

 Erik non fece in tempo a chiedergli altro che lui aggiunse: –Chiuderò e lascerò qua un paio di chiavi anche ad Ivy, così nessuno verrà a disturbarla. Ti rubiamo solo per un paio di minuti, poi potrai tornare qui.-

 Erik si infilò una giacca e lo seguì fuori dalla camera, incamminandosi con lui nell'Accampamento.

 -Non c'è problema. Ma perché dici che puoi capirlo?-
Faolan non rispose per un minuto buono, camminando con passo spedito, e lanciandosi intorno occhiate furtive. -Capire cosa?-

 -Che non voglio lasciarla da sola. Anche a te è capitato di sentirti così preoccupato per qualcuno? Insomma..per un amico, o una persona che ti piac..-

 Faolan se ne uscì con un'espressione quasi comicamente sperduta. -Cos'è, stiamo facendo un'intervista per una rivista di gossip? I miei amici sono abbastanza in gamba da arrangiarsi, comunque. Per il resto, non ho certo il tempo di farmi piacere qualcuno.-

 Erik non riuscì a trattenere una risata. –Sì, come no. Aspetterai la pensione e farai la tua prima dichiarazione di amore a cinquecento anni, quindi?-

 -Ma io mica faccio dichiarazioni d'amore.- ribatté Faolan, storcendo le labbra come se la parola "amore" fosse una pietanza particolarmente amara. –Entriamo nelle celle, su.-

 -Dicono tutti così.- rise Erik, continuando a seguirlo. –Ma poi..-

 -E'solo che non è roba per me.- tagliò corto Faolan, quasi avesse voglia di liquidare quell'argomento. La sua espressione sempre più confusa e pensierosa non mancò di divertire di nuovo Erik,ma anche di insospettirlo. Perché era così restio a fare discorsi di quel tipo? Sembrava quasi terrorizzato,di punto in bianco.

 –Guarda che così ti potresti lasciare sfuggire delle occasioni d'oro, però! E se piacessi a qualcuno senza saperlo?- continuò Erik, facendo volutamente il vago. Si stava divertendo fin troppo, a prendere in giro l'amico a quel modo. Era una cosa che faceva spesso anche con Oflodor,da quando aveva iniziato a uscire con Blez. Quel pensiero, per un istante, tornò a intristirlo. Ricordare che suo fratello fosse segregato nelle segrete del castello di Grevor era fin troppo doloroso.

 -Ma cosa stai dicendo? E poi, ti sembrano discorsi da fare in carcere?- Faolan abbozzò uno sbuffo divertito. - Frugò poi in una tasca, avvicinandosi ad un edificio per aprirne la porta. Si avviò con passo spedito, a pugni chiusi, per un corridoio circondato da celle vuote. Di certo le terre di Alaron non abbondavano di criminali.

 Quando Faolan raggiunse la cella, premette una mano sulla porta, socchiudendo gli occhi fino a che non comparve una maniglia. Erik immaginò che fosse un incantesimo di precauzione, che impediva la fuga dei prigionieri. Solo Faolan aveva accesso libero alle prigioni, probabilmente.

SILVER SOUL 2 (Fire Flakes)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora