13: Il siero

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Le catene che legavano Blez erano pesanti come macigni.

La contessa non riusciva ad alzarsi in piedi in nessun modo; all'ennesimo tentativo, si lasciò ricadere a terra con uno sbuffo frustrato.

Non riusciva ancora a capacitarsi della situazione in cui si trovava: Grevor le aveva stretto degli anelli di metallo ai polsi e alle caviglie, prima di portarle via Oflodor.

E a lei non era restato altro da fare che ascoltare impotente le urla del suo fidanzato, le suppliche degli altri sospettati poco distanti, che venivano trascinati via chissà dove, preda di probabili torture.

Non aveva avuto altra scelta, dopotutto: Grevor, per qualche strano motivo, aveva deciso di risparmiarla, almeno per il momento. L'aveva lasciata sola, in quella cella spoglia, preda dei peggiori pensieri.

Avrebbe ridotto Oflodor a un corpo freddo? Purtroppo non poteva escludere quell'ipotesi, per quanto le sembrasse agghiacciante. Aveva ormai capito di che pasta fosse fatto Grevor: per lui, Oflodor e gli altri sospettati non erano altro che pezzi di scarto. Ormai non erano neppure più utili al suo piano: non appena avrebbe scoperto che Oflodor non era affatto Brian Rosenfer, probabilmente Grevor lo avrebbe ucciso.

Le lacrime iniziarono a rigare le guance di Blez, mentre stringeva nervosamente il metallo delle catene.

Era diventata una contessa per proteggere il suo popolo, ma in quel momento non era neppure in grado di salvare chi amava. L'unica cosa che riusciva a consolarla era il pensiero di aver dato a Ivy la possibilità di fuggire e cercare l'aiuto di Faolan.

Ma più stava ferma ad aspettare un qualunque segno di speranza, più sentiva il cuore batterle impaziente contro alla gabbia toracica. Aveva la visione annebbiata per il dolore, per gli sforzi inutili di scappare. Non sentiva neanche più i prigionieri urlare, non sentiva più niente che non fosse un vuoto pesante e vischioso.

Che ore erano, quanto tempo era passato? Grevor l'aveva catturata da più di un giorno. Probabilmente Ivy era già arrivata da Faolan, ma se le fosse successo qualcosa di brutto, nel frattempo? Se non fosse riuscita ad raggiungerlo, e dunque nessuno avesse scoperto i piani di Grevor?

Blez stava giusto chiedendosi come comportarsi con il conte, quando sentì uno scricchiolio sinistro.

La porta della cella si spalancò senza alcun preavviso. Grevor camminava dietro a Oflodor con passo sicuro, quasi avesse un sentiero ben tracciato sotto ai propri piedi, puntandogli la lama di un pugnale alla schiena.

Blez non poté fare a meno di sussultare di sollievo di fronte a quella visione: dopotutto, l'elfo era vivo. Le sembrò di tornare a respirare, quando vide il suo volto privo di qualunque segno, la camicia a malapena macchiata.

Oflodor stava bene: era questo ciò che veniva naturale pensare, a primo impatto, osservando la sua condizione fisica. Ed era ciò che pensò anche Blez, sentendosi invadere l'animo di gioia. Avrebbe voluto correre da lui, buttargli le braccia al collo e assicurarsi che fosse davvero lì, scusarsi per non aver fatto abbastanza, ma soprattutto piangere di felicità.

Ma non appena sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi di Oflodor, la donna capì subito che qualcosa non andava. L'elfo aveva le iridi colme di disperazione. Sembrava essere in procinto di voler dire qualcosa, ma era troppo spaventato per farlo davvero: dopotutto, dietro di lui, Grevor lo guardava con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
Le sue labbra tremarono per un istante, prima che il conte prendesse parola.

-Blez, carissima. Non mi sono dimenticato di te, come puoi vedere.-
Grevor non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere che spinse Oflodor a terra, senza alcun preavviso.
Lo calciò sulla schiena non appena lo fece cadere sul pavimento, gli premette la scarpa tra le scapole e si lasciò sfuggire una risata leggera.

SILVER SOUL 2 (Fire Flakes)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora