9: Le segrete del castello

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Non appena Faolan mise piede all'interno del castello, si accorse che qualcosa non andava per il verso giusto.

 C'era un'atmosfera innaturalmente calma, intorno a lui: le pareti erano completamente spoglie, prive dei soliti ornamenti che piacevano tanto a Grevor. Non c'erano guardie, né membri del consiglio o ospiti. Soltanto il conte, che avanzava con passo sicuro verso di lui, rivolgendogli un gran sorriso.

-Faolan, eccoti qua! Sono felice che tu stia rispettando il nostro accordo. Presentarti qui due volta a settimana rende tutto più facile.- esclamò Grevor, facendogli strada all'interno del salone. Camminava con una lentezza snervante, quasi temesse di intaccare il pavimento appena lucidato. Persino le lampade sopra di loro erano splendenti fino all'inverosimile: i loro bagliori lanciavano strani fasci di luce contro alle finestre, agli specchi ancora freschi di lavaggio.

-Ho delle grandi responsabilità. Ne sono consapevole.- replicò Faolan, cercando di non mostrare il proprio nervosismo. Il silenzio che gli aleggiava intorno e la cautela che doveva utilizzare ad ogni gesto gli facevano battere il cuore all'impazzata, rendendolo agitato come non mai. Come stavano Blez e Oflodor? Avrebbe voluto domandarglielo subito, ma doveva trattenersi, suo malgrado.
Un po' sorpreso, seguì Grevor quando lo vide dirigersi verso una delle porte che meno era solito usare: quella che conduceva al seminterrato.
Doveva esserci un motivo ben preciso se il fratellastro stava aprendo con accortezza un lucchetto solitamente serrato, tenendo gli occhi incollati alle scale sottostanti con un sorriso mesto. Così come doveva esserci un motivo ben preciso se erano soli, in quella stanza.

-Fai bene ad esserlo. Ci sono parecchie novità, comunque.-, disse Grevor, iniziando a scendere verso il piano inferiore. Faolan lo seguì all'istante, quasi trattenendo il respiro per l'impazienza. Ad ogni passo, gli sembrava di avanzare sempre di più verso l'oscurità: presto fu una cupa penombra a prendere il sopravvento dell'atmosfera, inghiottendoli nell'ignoto.

Il sotterraneo era tutt'altra cosa, rispetto all'ordinato piano superiore: con un brivido di sgomento, Faolan notò subito una fila di guardie schierate contro a una parete, identiche a Lushen e Tecla, i due elfi che avevano da poco curato. Indossavano tutte delle pesanti cappe scure, e tenevano il mento ben sollevato, come pronte ad ascoltare e assecondare ordini che venivano dall'alto.
Faolan non poté fare a meno di provare pena per loro, per un istante. Ora che era a conoscenza della loro vera natura, sentiva come una fitta al petto, nel guardare i loro volti privati di ogni espressività e autonomia, la loro pelle bianca striata da vene troppe scure e pregne di veleno.

 Cercò di non farsi prendere dallo sconforto, mentre gli camminava di fianco e li osservava: dovevano essere un promemoria, per lui. Un promemoria per farlo restare fermo, saldo e deciso sulla convinzione che doveva provare a salvare anche loro, dal primo all'ultimo. Erano le ennesime vittime di quel piano, le ennesime a cui non voleva accadesse qualcosa di male.

-Che novità?- domandò Faolan, fingendo di prestare meno attenzione del dovuto alle guardie, di cui teoricamente non doveva sapere nulla.

-Vedi queste persone, così serie, composte e pronte a darmi retta?- domandò Grevor, indicandole con un certo orgoglio -Erano elfi, un tempo. Adesso sono persone pronte ad aiutarmi a qualunque costo. Chi lo avrebbe mai detto, che una feccia del genere potesse rivelarsi utile?-
Faolan stette in silenzio, mentre Grevor raccontava ciò che già sapeva sulle spie, confermando le parole di Lushen e Tecla. Stette in silenzio, quando ammise senza troppi problemi che quelle nuove guardie erano state create con il solo scopo di trovare Brian, Ivy e gli zaffiri.
Parlò soltanto quando fu il momento di avere nuove informazioni, pur timoroso di ciò che avrebbe potuto scoprire.

-Hai trovato qualcuno che possa essere Brian, alla fine?- domandò Faolan, con tono noncurante. Sapeva bene che l'unico, vero Brian, si trovava all'accampamento, ma temeva che Grevor potesse aver ferito qualche malcapitato di turno.
-Di sospettati ne ho fin troppi.- disse Grevor, palesando per la prima volta un accenno di seccatura. Forse, in fin dei conti, neppure lui era così sicuro, realizzò Faolan con un certo sollievo.
–Ma nessuno che abbia reagito ai frammenti di zaffiro.- proseguì il conte, stringendo appena le labbra. -Sai,ho provato ad avvicinarli alla loro pelle, giusto per vedere se la pietra in qualche modo si illuminava, o se dava qualche segno di essere vicina a un incantatore..Evan mi ha detto di provare a fare così, d'altronde. Ma gli zaffiri sono rimasti sempre spenti.-
-E..dove sono tutte le persone che hai catturato, adesso? I sospettati che non ti servono più?- domandò Faolan, impaziente. Il piano di sopra era deserto, ma anche il seminterrato non sembrava tanto più affollato. Mano a mano che camminavano nella penombra, Faolan si rendeva sempre più conto che erano soltanto le guardie a circondarlo, oltre alle celle vuote.

Grevor, a quel punto, si mise a ridere. Non con una risata folle, inquietante, né con un'espressione in qualche modo disturbante: lo fece con delicatezza, portandosi una mano alle labbra per un istante, mentre gli occhi gli brillavano divertiti.
-Bella domanda. E' proprio questo che volevo farti vedere.-
Faolan sentì un brivido percorrergli la schiena, come il più oscuro dei presagi. Quando Grevor si comportava a quel modo, con quella sorta di dolcezza capace di intenerire chiunque, tramava sempre le cose peggiori. E le parole che aveva pronunciato rendevano tutto ancora meno rassicurante. Sarebbero suonate perfettamente normali, all'orecchio di uno sconosciuto, ma per Faolan avevano un significato ben preciso: erano un invito a dare un'occhiata al suo mondo di sotterfugi, di giochi di potere.

Lo seguì all'interno di una cella, prima di sbiancare, mentre posava lo sguardo su un ampio lenzuolo deposto sul pavimento, volto a nascondere delle forme che riconobbe in un istante.

Grevor, continuando a sorridere, si chinò a sollevare un lembo di quel tessuto, e ciò che Faolan si trovò di fronte non era una novità, ma non mancò comunque di fargli stringere lo stomaco in una morsa spiacevole, il respiro in un affanno inevitabile.

Il corpo di un giovane, con gli occhi spalancati verso il nulla e le membra ormai senza postura, rotolò su un fianco, cadendo da una montagna di altri corpi simili. Era morto, lui e tutti gli altri giovani vicino a lui. Il pavimento era disseminato di corpi inermi e freddi, corpi come quelli che Faolan aveva già visto qualche anno prima, quando era ancora troppo presto per non restarne scosso.

 Non che esistesse un'età in cui era possibile abituarsi a una vista del genere: anche in quel momento, a ventuno anni, Faolan ebbe soltanto una gran voglia di urlare e fuggire, o coprirsi gli occhi e piangere.

Com'era possibile che Grevor fosse arrivato a quel punto, di nuovo? Aveva fatto tutto il possibile, per evitarlo. Aveva sacrificato ogni cosa, pur di non ritrovarsi di nuovo di fronte a una scena del genere, eppure non era servito a niente.

Non importava se quelli che stava fissando erano degli sconosciuti. Non importava se non lo avrebbero mai ringraziato, nemmeno se fosse arrivato in tempo per salvarli. Faolan aveva capito ormai da tempo che tutto il mondo, dopo quel fatidico giorno di quattro anni prima, sarebbe dovuto diventare un insieme di sconosciuti, per lui. Eppure non per questo aveva smesso di voler salvare tutti.

Di fronte ai suoi occhi, un reticolo appannato gli oscurò la visuale. Si sentì le gambe molli, gli occhi lucidi. Per un attimo, dovette sfuggirgli un'espressione di totale sgomento e dolore, tanto che Grevor fece un'osservazione a riguardo.

-Che facce sono, queste, Faolan? Cos'è, non ti sei ancora abituato alla morte? Sei il solito ragazzino delicato.-

Come poteva abituarsi a una cosa del genere? Ora che guardava quei volti immobili, a Faolan sembrava di vedere tre cose in un colpo solo: le facce di chi aveva perso in passato, le facce effettive che aveva di fronte, e infine le facce di chi avrebbe potuto perdere in futuro.
Forse, tra quei corpi c'era anche Oflodor. Come avrebbe fatto a dirlo ad Erik? Sarebbe stato distrutto.

-Come pensi di fare, allora, quando accadrà ciò che accadrà? O forse pensi che non lo farò veramente?- rincarò la dose Grevor, facendogli stringere i pugni con frustrazione.

Faolan dovette fare un grande sforzo, per non sbottargli contro che tanto non sarebbe successo niente di ciò che stava programmando. Faolan stava tentando in ogni modo di non lasciargli la contea in mano, non soltanto perché averlo come capo avrebbe significato passare poi sotto al comando di Evan, ma anche perché Grevor aveva promesso di fare cose ben peggiori con il passare del tempo.

Ma ora che quei prigionieri erano stati uccisi, nemmeno la prospettiva di fermare i suoi piani riusciva a consolarlo.

-Comunque,non preoccuparti per loro. Mi servono, al contrario di altri.- disse Grevor, facendolo riemergere da quei momenti di conclusione totale.
Tornò a chinarsi a terra, prima di prendere uno dei corpi per le spalle e rimetterlo seduto. Faolan non fece nemmeno in tempo a provare disagio, che si ritrovò a trasalire, riconoscendone il volto.
Oflodor Howanelsh aveva la faccia bianca come uno spettro, gli occhi chiusi e le labbra livide. Sulle guance e sul naso, la sua pelle aveva assunto un inquietante colorito violaceo,come se avesse ricevuto l'impatto di pesanti botte. Faolan sgranò gli occhi, mentre Grevor, invece, affermava con tanto di tono divertito:
-Lui, ad esempio, non è proprio da buttare. E' un elfo, ed è pure abbastanza famoso. Hai visto che cosa faccio, con gli elfi, no? Ecco..forse lui potrebbe essere una nuova cavia, ancora più utile.-

Grevor non perse troppo tempo, prima di estrarre un pugnale dalla giacca, un pugnale che Faolan conosceva fin troppo bene. Lo sfilò da un fodero e ne accarezzò l'elsa per qualche istante, prima di recuperare una boccetta di liquido verde dalla tasca e versarne qualche goccia sulla lama.
Faolan, a quel punto, si sentì come se fosse tornato a respirare, poiché sapeva bene che cosa stava per accadere, ed era un'eventualità meno peggiore di arrendersi alla morte di quegli uomini.
Grevor impugnò saldamente il pugnale, prima di sbottonare di poco la camicia che copriva il busto di Oflodor, nascondendogli la pelle sotto a uno strato di tessuto. A quel punto, scoperto il punto all'altezza del cuore, Grevor lo pugnalò con un colpo netto, deciso, un colpo di quelli che si infliggevano ai nemici per finirli.

Una persona qualunque si sarebbe spaventata. Una persona qualunque avrebbe urlato a Grevor che era un folle, che non aveva senso pugnalare una persona già senza vita.
Ma Faolan non lo fece, perché sapeva bene che cosa succedeva, quando Grevor pugnalava un morto.

 Lo sapeva bene, perché era grazie a quella capacità che Grevor lo stava ricattando da anni.

Dopo qualche secondo, Oflodor Howanelsh riaprì gli occhi.


SILVER SOUL 2 (Fire Flakes)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora