Il Ritrattista

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Nei giorni che lo separavano dalla prossima visita a Jane, non fece altro che pensare a Coleen Powell. Una donna senza possibilità che aveva affrontato grandi cambiamenti. Una donna a cui il Ritrattista aveva teso la mano. Owen però sapeva che era passata dall'aiutarla all'infliggerle la morte, e si domandava perché. In ufficio, mentre abbozzava i primi capitoli del libro, impregnato totalmente nei suoi interrogativi, Gina lo ridestò con un arrivo tanto impetuoso da farlo sobbalzare.

Owen, a che punto sei con la pazzoide? Domandò con la voce supponente che usciva violentemente dalle sottili labbra scarlatte. Lui provò un'inspiegabile prurito nel sentire la parola pazzoide per descrivere il Ritrattista, era forse insensato fastidio? Non ci pensò.

Ha cominciato a raccontarmi il caso Powell. La voce tesa, lo sguardo di Gina corrucciato.

Il caso Powell? Perché diavolo non è partita dall'inizio della storia come tutti?! La sfuriata stava per cominciare.

C-credo che in questo modo voglia usare una progressione crescente. Sì, ecco, come in Star Wars. Si pentì di averlo detto immediatamente, ma ormai era fatta, e comunque la sgridata sarebbe arrivata a prescindere dalle sue motivazioni. Gina increspò disgustata un labbro.

Non mi interessa ciò che pensi, Walsch. Il caso Powell è quello più conosciuto dalla stampa. Quello che i media hanno bombardato maggiormente perché ha portato all'arresto della pazzoide. Se avessi cominciato con i Campbell a quest'ora avremmo potuto far trapelare qualche dettaglio e attirare l'attenzione facendoci pubblicità gratuitamente. Ovviamente Owen non trovava etico un simile atteggiamento, ma una qualsiasi obbiezione sarebbe stata inutile.

Credo che dovremmo rispettare il volere di Jane su some sia stesa la storia.

Jane!?! Era sempre più sconcertata. Cos'è la tua fidanzatina? Beh, immagino che fra strambi e perversi ci si comprenda! Era un chiaro riferimento alla sua omosessualità, ed Owen non provava rabbia quanto più che altro amarezza. Si prese un momento prima di rispondere.

Gina, ti assicuro che ci saranno dettagli da far trapelare in abbondanza anche così. E poi se facessimo uscire qualche informazione sulla questione della strage Campbell poco prima della pubblicazione, invece che adesso a mesi di distanza, credo che sarebbe più proficuo per tutti. Lei parve rifletterci. Le braccia ossute incrociate, gli occhietti crudeli e le gambe secche in equilibrio su tacchi chilometrici dagli stiletti affilati.

Portami qualcosa di succoso sul caso Powell. La sua voce si era fatta calma, perversa, perché aveva avuto per l'ennesima volta la conferma di averlo in pugno. Il potere che esercitava sugli altri la esaltava, e si vedeva. Uscì dall'ufficio ordinando alla segretaria di spostare la sua sessione di botox, e sentendola urlare contro qualcun altro Owen riuscì a riprendere fiato, costringendosi a far finta che quella conversazione non fosse mai esistita.

La odiava, e la rabbia lui la covava silenziosamente. Quando non era più in grado di sentirsela scorrere dentro, cosa che capitava praticamente ogni settimana, aveva un suo rituale per sfogarsi. Di certo Gina non l'avrebbe approvato, e con lei un sacco di altri omofobi e galline rancorose. Owen usciva lasciando la sua tranquilla e silenziosa casa in periferia per trovarsi in piena notte nel caos di un qualsiasi locale di città. Un posto affollato, dove cercava con gli occhi qualcuno. Nessuno in particolare. Poche parole, un sacco di sesso violento, sconvolgente, che lo aiutava a liberare via il rancore. Le cose peccaminose e perfino rivoltanti che faceva e che si lasciava fare lo purificavano, lo liberavano in un circolo di controsensi che gli permetteva di avere la forza per sopportare i giorni successivi. Dopo, non vedeva più quegli uomini. Li usava e non gli interessava altro, sapeva che loro probabilmente facevano lo stesso. Quella sera, Owen finì per trovarsi in un bagno pubblico cercando di cancellare per l'ennesima volta le ferite che gli venivano inferte.