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Mio padre era un chirurgo plastico, e mia madre invece faceva la calzolaia. Uno un mestiere moderno e l'altro del passato, entrambi atti a migliorare o ad aggiustare qualcosa. Loro due avevano molto in comune, davvero molto. In casa Lachance non si parlava quasi mai. Venni cresciuta nel silenzio e nel silenzio rimanemmo fino ai miei otto anni. Nel periodo della prima infanzia Eve si prese un congedo dalla sua attività per badare a me, ma sarebbe stato meglio investire in una tata.

Facevano qualcosa di male?

Jane lo guardò interrogativa. I tuoi genitori... hanno fatto qualcosa di traumatico, qualcosa che ti ha reso ciò che sei? Il Ritrattista rise sorpresa.

Oh, no! No quei due soggetti senza spina dorsale non avrebbero potuto fare nulla di sopra le righe! Erano terribilmente noiosi. No, furono i Campbell a rendermi la persona che sono oggi.

Owen era confuso, e Jane sembrava riflettere. Però forse la colpa è stata di entrambe queste due famiglie. Negli anni ci ho pensato molto, a chi sono, al perché la mia moralità differisce così tanto dalle altre. Mi interrogo in continuazione in realtà, sulla questione eterna del torto e della ragione, e, influenze del passato a parte, continuo a sostenere di essere dal lato più vicino alla ragione.

Io ho i miei dubbi. Sospirò Owen.

Io no. Guardando la decisione negli occhi di lei venne assalito da quella famigliare inquietudine, ma la soppresse.

I miei genitori, signor Walsch, erano persone aride e mediocri.

Non si diventa chirurgo essendo mediocri.

Non intendo professionalmente. In realtà sotto quell'aspetto erano piuttosto brillanti. I migliori nei rispettivi settori, se si parlava di tecnica ed applicazione. Però, non avevano pregi oltre a questo. Loro disponevano di una precisa visione dell'esistenza del singolo, che doveva sottostare a certe regole non scritte e adempiere a doveri mascherati da libere scelte. Ad esempio, né mia madre né mio padre volevano avere figli, ma tutte le coppie loro amiche ne avevano, era il naturale corso della tradizione uguale secolo dopo secolo, famiglia dopo famiglia. Mi misero al mondo solo perché il mondo intorno a loro si aspettava che avessero una prole. Per la stessa ragione si erano rifugiati nell'unione tradizionale incolpando un amore che non c'era ma solo per un più realistico timore di morire soli, o deludere gli standard di questa società ben marcata. Presto compresi che né a mio padre né a mia madre importava di me.

È un po' drastico pensare una cosa simile solo perché le loro azioni non erano spontanee ma atte a placare i pregiudizi sociali. Tutti noi, anche gli individui più autonomi e forti, siamo soggetti alla pressione sociale.

Immagino che lei lo sappia bene, considerato quanto teme che si notino i suoi gusti sessuali. Lui si raggelò. Non mi dica più che una mia conclusione sia drastica. Sono seria, signor Walsch, non ho mai sbagliato nel giudicare nessuno. Mai, che si tratti di qualcuno visto una volta soltanto, o che siano i miei stessi genitori. Ho una scomoda predisposizione alla comprensione dell'animo umano, soprattutto quando si tratta di altri. Non vorrei doverglielo dimostrare ancora una volta.

E poi, quando si passa con delle persone così tanto tempo, e si condivide la casa, la quotidianità, non si può fingere a lungo di non conoscere le ombre nei loro cuori. Vedevo bene quelle di Jack ed Eve Lachance. Vivevamo nell'indifferenza, ed era orribile. Indifferenza per il vero amore, che infangavano in nome di quel'unione mediocre e priva di eleganza e vitalità. Indifferenza per l'affetto famigliare, di cui mascheravano l'assenza dietro ad un ordine metodico che ci faceva apparire come la famiglia perfetta. Indifferenza nel rispetto per gli altri, perché riempivano di menzogne prima loro stessi e poi chi li circondava. C'era più onore in una famiglia pubblicamente infelice e distrutta, che nella nostra. Non mi furono mai impartite regole se non in presenza di esterni, perché soprattutto mia madre, temeva il giudizio altrui più di qualsiasi altra cosa. Ma proprio questa scelta di impormi un comportamento solo se eravamo sotto osservazione, mi fece comprendere quanto poco di me gli importasse. Un figlio si educa giorno dopo giorno, in pubblico come in privato. In nome di ideali, non convenzioni. Si crea un legame. Questo non c'era mai stato fra di noi, perché l'unica cosa per cui nutrivano interesse erano le apparenze. Di coltivare legami non gli importava affatto. Come ho già detto, erano molto aridi. Avevano una spasmodica incapacità di provare emozioni. Jane si concedette un sospiro profondo, ed Owen ebbe l'impressione che stesse stringendo la catenina più forte del solito.

I sui genitori erano credenti? Domandò guardando il crocifisso. Lei rise.

Credenti? Per credere con fede è necessario un animo attivo, in grado di interrogarsi ed accettare con gioia le poche, se non inesistenti, risposte certe su Dio. I Lachance probabilmente, non hanno mai creduto in nulla.

Però si erano sposati in chiesa, e ci andavano per Pasqua e Natale perché i praticanti si aspettavano di vederli.

E quel ciondolo? L'ho notato fin dal primo giorno, voi avete fede?

In Dio? Sicuramente. Nelle istituzioni religiose? Affatto.

I sociopatici non dovrebbero aver fiducia in nulla e nessuno, secondo il dottor Bersinger.

Ed ogni essere vivente dovrebbe credere in un'entità superiore, quanto meno per non essere tanto superbi, ma la specie dominante su questo pianeta è altamente cieca ed imperfetta, e le istituzioni religiose si fondano su individui umani e fallibili, ecco perché credo in Dio ma non in esse. Questo, secondo il mio modesto parere da sociopatica. Jane si concesse un istante per guardare il ciondolo. È bello, vero? Owen annuì. Me lo diede Hunter.

Hunter... Campbell? Il primogenito della famiglia? Jane annuì senza guardarlo, con l'attenzione fissata sul ciondolo.

Per la prima volta Owen vide nei suoi occhi l'eco di quella che pareva una dolcezza lontana, un sentimento che non le era mai apparso in viso, nemmeno quando parlava dei genitori. Quell'eco lontanissimo, durò solo un istante, poi il Ritrattista nascose il ciondolo nel pugno.

Fu per l'indifferenza dei miei genitori, che ad otto anni presi la decisione di scappare di casa. Decisione, che mi cambiò radicalmente la vita. I suoi occhi, erano di nuovo duri.

Il RitrattistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora