"La paura non è così difficile da capire. Dopo tutto, non siamo stati tutti spaventati da bambini? Nulla è cambiato da quando Cappuccetto Rosso ha affrontato il lupo cattivo. Ciò che ci spaventa oggi è esattamente la stessa cosa che ci spaventava ieri. E' solo un lupo diverso. Questo complesso di paura è radicato in ogni individuo."
Alfred HitchcockOwen passò i giorni seguenti in uno strano stato, mentre buttava giù le bozze dei primi capitoli. Era come se il fragile dominio che aveva di sé stesso, dietro quella sua falsa rettitudine, venisse compromesso in ogni modo dalla velenosa compagnia del Ritrattista. Che fosse uno sguardo, una parola, qualsiasi cosa, lui si impregnava di quella forza, e non poteva farci assolutamente nulla. Nessuno poteva. Era come la roccia spaccata dalla costanza del fiume, naturale ed inevitabile. E Jane era quel fiume. E lui, purtroppo, sapeva di essere la roccia.
Lei sembrò sorpresa vedendolo presentarsi nuovamente al Barker. Aveva saltato un paio di appuntamenti.
Con Gina disse che lo aveva fatto perché era indietro con la stesura. Con sé stesso, ammise che la sua assenza era solo frutto del timore per Jane.
Aveva anche pensato di mollare davvero quell'incarico. Ma non poteva.
Il Ritrattista non commentò a parole ciò che avvertiva nel rivederlo, e l'unico suono prima del clip del registratore fu un sospiro di Owen.
Chase Bennet Jr. L'uomo che voleva i soldi. Esordì lei con aria seria e le mani giunte. Avrà letto di lui sui giornali risalenti all'autunno di circa tre anni fa. Uomo di cinquantatre anni, trovato tremendamente deturpato a Las Vegas, presso l'hotel Luxor, precisamente nella sala da gioco. Ma cominciamo dal principio. Proprio come era stato per Coleen, vagavo per il paese con infantile curiosità e spirito di avventura quando lo incontrai. Ed ogni americano almeno una volta nella vita oltrepassa il deserto per arrivare a Las Vegas, quasi con la stessa dedizione che un ebreo mette per raggiungere Gerusalemme. Così pensai che non potevo evitarlo nemmeno io. Mi incuriosiva capire che ci fosse lì di tanto affascinante. Devo dire, che non l'ho ancora compreso del tutto. Camminavo per le strade con l'assurda consapevolezza che sotto la suola delle scarpe avevo immagini di donne nude con tanto di numero, e quegli strani biglietti da visita tappezzavano i marciapiedi. Era divertente vedere gli uomini incantarsi pur continuando a camminare, finendo per cadere o colpire lampioni.
Nonostante la stagione era piuttosto caldo, e tutti parevano euforici. Ma quando calava la notte, se si era attenti si poteva notare qualche esemplare infelice. Rari come lucciole in una nube di smog, ma molto più onesti di quelli che davanti a tanta decadenza sorridevano. Chase Bennet Jr, era una lucciola che portava raggi di sincero scontento. Lo vidi per la prima volta di notte, per l'appunto, mentre i buttafuori del Luxor lo sbattevano in un vicolo oscuro, lontano dagli occhi lucidi e allegri per la sbornia di clienti paganti che di certo si sarebbero fatti restii a spendere dopo un simile spettacolo di sangue. O almeno, mi piace pensare che nonostante tutto avessero quello straccio di coscienza tanto da rendere possibile una simile afflizione morale, ma forse sto scegliendo di illudermi.
Prese un respiro, poi guardò Owen con tale famigliarità che quasi lo disorientò. Dovrebbe sapere, signor Walsch, che è stato il mio rapporto con Chase a fruttarmi i soldi che fornii in seguito a Coleen.
In effetti sospettavo che prima o poi la risposta a questa domanda sarebbe saltata fuori. Quindi è per questo che uccise anche lui? Per i soldi? Jane rise amaramente.
In un certo senso. Sì e no. Da un lato lo uccisi per i soldi perché li amava troppo, dall'altro perché non li amava abbastanza da riuscire a vedere le sue fortune neppure dopo essere stato nel baratro. I soldi c'entravano indiscutibilmente, ma lo uccisi perché in fondo era un uomo debole. Il denaro dà spesso possibilità, fa aprire porte. Ma l'uomo privo di volere e controllo non se ne fa niente delle possibilità. Non le vede neppure tanto sarà arida la sua psiche. E se la criptonite di Coleen era l'ambizione alla bellezza, quella di Chase lo era la ricerca di una facile ricchezza.
Certo era, che a quei tempi non sapevo assolutamente nulla di Chase se non che avesse l'aspetto patetico dell'uomo con la faccia a terra a tre metri da me. A guardarlo, con i suoi capelli lunghi ma radi e scompigliati mentre annaspava goffamente e rabbiosamente fra i rifiuti, mi fece pensare ad un coyote che spolpa ossa già pulite dalla spazzatura di uomini che lo terrorizzano. Ma non era affatto fifone e questo lo capii entro breve. La sua assenza di buon senso lo rendeva inaspettatamente impavido, e stupido. Si accorse di me in fretta, considerate le tenebre e il sangue che gli colava su un occhio, e mi fissò per un po'.
Sei la prostituta peggiore che si possa incontrare. Non ti si vede nemmeno un'unghia di pelle! Ringhiò.
Credevo che ai tuoi occhi la peggiore prostituta che si potesse incontrare fosse quella che ti ha lasciato l'herpes e che è rimasta incinta di tuo figlio. La battuta lo divertì, e rise tossendo sangue e sedendosi dolorante sui gradini distanti della vita caotica di Las Vegas, in quel vicolo buio. Si accese una sigaretta. Mi studiava, ed io studiavo lui. Espirò una nube di copioso fumo, poi mi fece un cenno.
Cosa ci fai qui, ragazzina? Non è un posto per te.
Jane parve diversa per un istante. Fece una pausa, ed Owen vide il piacere che pregustava.
Furono quelle parole ed il sorriso disperato sulla faccia tumefatta di Chase, che mi scatenarono la curiosità morbosa che non posso smettere di provare per alcuni esemplari umani. È quella forza dettata dalla disperazione, che mi fa perdere la testa riempiendola di interrogativi! E così seppi che dovevo sapere chi era Chase Bennett Jr. Volevo scoprire, la sua disperazione. Volevo testare la sua forza.
Chi sa per davvero qual è il posto per sé stessi? C'è da dire che quelli che ti hanno pestato sembravano sicuri di non volerti là dentro. Lui rise. Una risata amara ma sincera.
Non mi volevano lì solo perché hanno paura che vinca tanto al banco da lasciarli al verde. Urlò le ultime parole come a voler farsi sentire, ma lì c'eravamo solo noi e la musica e le voci poco distanti coprivano la nostra presenza. Per un istante rimanemmo in silenzio, e mentre mi squadrava fumando scorsi un crescente interesse. Sono Chase. Disse alzandosi e porgendomi la cicca. Non accettai né rifiutai, non la guardai nemmeno un istante.
Ti piace giocare, Chase? Forse lui capì che rispondermi significava giocare col fuoco, ma la mia presenza lo divertiva.
A me piace vincere. Imparai presto che aveva un'aria da duro inscindibile perfino dal suo aspetto più sensibile. Sfacciato, lo definirei. Aveva movimenti languidi, come uno che ha bevuto un po' troppo, ed appoggiò il braccio al muro chiudendomi in trappola, ma non mi sentii all'angolo neppure per un istante. Mi guardava così da vicino che avvertivo il suo respiro affumicato, e potevo vedere ogni dettaglio dei suoi lineamenti squadrati. Il naso acuminato, la barba incolta, la stempiatura. Gli occhi piccoli e vuoti come biglie nere. Però, aggiunse... Però a volte ci sono giochi in cui mi piace farmi... battere.
Era evidente cosa provasse a fare, ma non era a questo che ero interessata, e come per l'offerta di fumo, non considerai minimamente neppure questa.
Ti piace la roulette? Domandai. Evidentemente comprese che da me non avrebbe avuto ciò che chiedeva, così si allontanò di un passo.
Certo, bofonchiò, ma sono più tipo da poker. Sorrisi. Avevamo appena cominciato a giocare.
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Il Ritrattista
Mystery / ThrillerAl Barker, carcere psichiatrico situato a Glenn Dale, il signor Owen Walsch sta per incontrare il suo nuovo cliente. Ha infatti come incarico quello di redigere la biografia del killer seriale che tutti conoscono come il Ritrattista, e di cui non si...