Ogni anno la famiglia Lachance faceva bagagli e valige e si metteva in strada per un veloce itinerario da Toronto verso l'Ontario. Precisamente ce ne andavamo a Caliperlake, dove viveva nonna Felicia, la madre di mio padre. Caliperlake era un posto che sarebbe stato bello per visite estive, ma la nonna insisteva perché a Natale fossimo lì con lei. La famiglia si radunava solo in quell'occasione, ed ogni volta quando arrivavamo ricordo come sembrava profondo il lago ghiacciato che rifletteva la città come uno specchio. Un infinito buco nero che osservava e ritraeva tutto.
All'inizio, le visite a Caliperlake mi piacevano. Si cambiava aria, si faceva qualcosa. Poi cominciai a trovarle sgradevoli. Gli invitati erano sempre i soliti. Noi tre, e il fratello di mio padre con la rispettiva famiglia. Mio zio si chiamava Zackary, sua moglie Elenor, ed avevano un figlio tredicenne, mio cugino Jonny. Non mi trovavo male con loro. Nessuno litigava mai con me, perché non dicevo assolutamente nulla, mai. Nonna Felicia pensava fossi muta. Però quel Natale, arrivata ai miei otto anni, decisi che ne avevo abbastanza di starmene buona in silenzio. In precedenza avevo potuto osservare molto i miei famigliari. Il freddo di Dicembre ci costringeva a restare tutti in casa, e li avevo potuti inquadrare accuratamente.
Mio cugino era sempre fonte di scandalo, diciamo così. I suoi lo sgridavano continuamente perché una volta faceva cadere un vaso, l'altra gli disobbediva continuando a guardare la tv, o lo beccavano a gettare via le verdure dal piatto. Ricordo, che lo rimproveravano sonoramente. Non lo picchiavano, ma non si facevano scrupoli a gridare. Ogni volta che succedeva mio padre sospirava di disappunto, e mia madre volgeva con disinteresse simulato lo sguardo altrove. Li trovavano seccanti. Li trovavano cattivi genitori privi di amor proprio. Poi quel Natale, scelsi di essere io a non mangiare le verdure. Non mi cambiava nulla farlo o meno, ma avvertivo che sarebbe stata una sfida di potere. Volevo mettere a tacere quel loro sgradevole modo di sentirsi superiori.
Restai in silenzio, senza toccare il piatto ad osservare mia madre e mio padre. Lui si rese conto di quell'anomalia quasi subito. Non mangi? Chiese. Scossi la testa.
Non mi vanno le verdure.
Per un istante la stanza gelò. Nell'arco di pochi secondi tutti i presenti si figurarono gli ipotetici e scomodi scenari che di li a poco avrebbero preso forma. Sarebbe potuto succedere di tutto, perché non avevo mai messo i miei genitori in una simile posizione, non li avevo mai contraddetti.
Io, attendevo le grida, ma non avvenne nulla. Mio padre riprese a mangiare senza il minimo interesse.
Jack, non le dici niente? Chiese nonna Felicia indignata che evitassi la sua cucina.
Che importa? Ha detto che non le vuole. Per il resto del pasto non feci altro che guardare il signore e la signora Lachance, e realizzai completamente quanto la loro indifferenza fosse ferrea e deleteria. A quei due non importava di nulla, se non forse delle apparenze. E così, scelsi in fretta e senza pensarci due volte. Non volevo avere a che fare con loro perché temevo che sarei diventata così. L'indifferenza, è l'infamia più grande per un essere umano, il fardello più pesante di questo mondo. Facile farsi attanagliare da essa, quasi impossibile liberarsene.
Mi alzai da tavola con foga, misi il cappotto, il berretto, i guanti e la sciarpa. Presi il mio zainetto viola e me ne andai. Mi videro tutti, ma solo mio cugino Jonny chiese cosa stessi facendo. Non ricevette risposta, perché nemmeno io ne avevo una.
Una bambina di otto anni è fuggita così? E nessuno l'ha fermata?
Forse non realizzarono subito appieno che me ne stessi andando per sempre. Non li biasimo, nemmeno io sapevo bene ciò che stavo facendo. Sa signor Walsch, di solito le cose spiacevoli e improvvise, come un incidente stradale che si svolge in pochi istanti, ci paralizzano. Nessuno pensa mai alle conseguenze. Si resta come bloccati in un vortice inibitorio privo di pensieri razionali. Io volevo uscirne, c'ero dentro da tutta la vita. Credo che verso sera cominciarono a cercarmi, ma nessuno mi trovò più.
STAI LEGGENDO
Il Ritrattista
Misteri / ThrillerAl Barker, carcere psichiatrico situato a Glenn Dale, il signor Owen Walsch sta per incontrare il suo nuovo cliente. Ha infatti come incarico quello di redigere la biografia del killer seriale che tutti conoscono come il Ritrattista, e di cui non si...