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Gina non tormentò Owen per tutta la settimana, e lui non sapeva perché evitasse di infliggere umiliazioni che la divertivano, ma ne era sollevato. Sospettava che la ragione fosse solo una: era soddisfatta del lavoro che stava svolgendo. Durante i sette giorni di pace improvvisa non fece altro che stilare elegantemente le parole di Jane e quella sua vita fuori dal normale. E in ogni istante non cessava di chiedersi come mai fosse diventata quel tipo di persona... quella che uccide. Quando era stata la prima volta in cui aveva riflettuto davvero sul porre fine all'esistenza di qualcuno? Chiunque pensa almeno per un momento nella vita fra sé e sé: quello lo ucciderei. Però da qui a progettare un omicidio, con tutti i rischi e le variabili... cosa aveva fatto scattare un simile meccanismo in Jane?

Lo stesso pomeriggio lo domandò a Bersinger facendosi ricevere nel suo ufficio prima di incontrare il Ritrattista. Erano infondo ad uno dei labirintici corridoi del Barker, e la stanza dimostrava la stessa freddezza di tutto in quell'edificio, ma le cose del dottore le rendevano un contrasto quasi più inquietante. I sigari nel cofanetto antico nella scrivania di vetro, la poltrona barocca di velluto su un parquet chiaro da appartamento moderno. Le pareti bianche classiche con gli attestati incorniciati e sul soffitto un lampadario d'acciaio dal disegno serpeggiante. Dopo la domanda il dottore parve riflettere. Non era come Jane, che aveva la risposta ad ogni questione le si ponesse.

Lei vuole sapere perché Jane ha cominciato a uccidere, se ho capito bene.

Esatto.

Vorrebbe che le dicessi cosa è scattato nella sua testa per indurla a commettere i crimini di cui è accusata. Il dottore sorrise, nei suoi occhi c'era una luce particolare. Ogni individuo che si dimostra in grado di togliere la vita ad un suo simile è mosso da ragioni soggettive. Non ci sono solo i sociopatici come Jane, ma anche i sicari che lo fanno per denaro, i soldati che lo fanno per la patria e per creare un senso di protezione.

Sì certo, ma restiamo nell'ambito dei sociopatici. Il dottore giunse le mani riflessivo.

Sa perché si chiamano sociopatici? Perché non riescono a fidarsi di nessuno. Hanno una visione contorta della realtà. Il caso di Jane è molto particolare però, perché la sua visione della realtà non è poi così assurda. 

Lei la approva?

Non approvo ciò che ha fatto, ma comprendo molto più i suoi valori di quelli di altri pazienti nella sua stessa situazione. Alcuni uccidono sostenendo che Dio ha detto loro di farlo, altri invece perché le vittime non avevano fatto altro che avere i capelli rossi, o caratteristiche somatiche o comportamentali del tutto banali. Omicidi sensati per loro, ma privi di logica. Jane la sua logica invece potrebbe venderla a chiunque. Non si giustifica, eppure lo fa sempre. Ma non è ciò che volete sentire, signor Walsch. Volete sapere come mai ha fatto ciò che ha fatto, e come questa sua logica di valori mentali abbia preso forma tanto brutalmente. Ebbene, è mio parere professionale che il Ritrattista sia nato dopo un trauma. Un trauma prolungato nel tempo e di cui non mi ha mai parlato. Non ho prove in merito, ma dopo anni ad osservarla ritengo sia così.

Che tipo di trauma?

Questo forse lo scoprirete solo voi. Ma di certo sarà qualcosa di orribile, perché Jane anche oggi, dopo tutto ciò che ha commesso, non è una sociopatica.

Che intendete dire?

Un sociopatico ha sì il suo modo di vedere le cose, ma dopo tutto chi non ce l'ha? E Jane vede le cose da un punto di vista che potrebbe essere ampiamente condiviso, non come qualcuno che sostiene che un windigo l'abbia guidato sulla via del cannibalismo. Jane ha una mente sana che cerca di convivere con ciò che ha commesso. Lei stessa, la criminale pericolosa, altro non è che il frutto di un qualche sopruso. Ha avuto la forza per non diventare pazza, ma solo inqualificabile. Jane si fida degli altri, ma solo fino al punto in cui può prevedere le loro azioni. Non è molto scientifico... ma se dovessi definirla come soggetto direi che è sociopatica solo ogni tanto, quando il dolore inciso in lei si fa troppo forte. Secondo voi perché si è fatta prendere dalle autorità? Stavolta fu Owen ad esitare.

Voleva stabilità. Disse infine.

Sì, rivoleva un po' di sicurezza. Sentiva che il suo duplice e precario equilibrio fra raziocinio e una crudeltà gratuita imposta per liberarsi del dolore era in procinto di crollare. Jane è Jane. Razionale e fin troppo riflessiva. Vaglia ogni ipotesi o motivazione, ed è la persona più intuitiva che conosca. Ma quando uccide non pensa alle ipotesi. Non pensa a nulla. Nel suo caso non si uccide con la testa, ma con un cuore sanguinante e deluso. È come se le morti che infligge siano in realtà le sue stesse lacrime fonte di sfogo dalla sofferenza che cova, una cura, un lenitivo. Un insegnamento, o avvertimento, per tutti coloro che la fanno soffrire nella sua sensibilità sopra la media. Non c'è violenza in un'ultima puntura come metodo per eliminare qualcuno, ma glielo si legge negli occhi se la si guarda bene: quella delusione per il mondo, che diviene insostenibile dolore e come rabbia furiosa si incide sulla pelle morta come nello stesso cuore vivo del Ritrattista che la lavora. Jane non è pazza, Jane è solo stanca di soffrire da sola senza riuscire a liberarsi.

La voce del dottore era comprensiva, e nel silenzio Owen pensò a quella donna a volte fredda e paurosa, a volte timorosa di ricordare.

È una creatura pura che la vita ha contaminato con il seme dell'odio. Borbottò il dottore.

E chi soffrirà insieme a lei la prossima volta? Il signor Walsch non era preoccupato, solo curioso.

Forse qualcuno che può consolarla c'è. Ipotizzò il dottore.

E chi?

Beh, so di non essere io. Non lo siete neanche voi nonostante il vostro singolare rapporto con lei. Però, magari questo emulatore... forse può comprenderla in modi che noi gente comune non possiamo immaginare.

E perché mai!? È solo un folle!

Questo non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che è un assassino che la ammira per qualche ragione. L'emulatore, diversamente da noi due, sa cosa significhi togliere la vita a qualcuno. Le somiglia più di quanto scegliamo di ricordare. 

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