Il suo nome era Bidziil, ma tutti lo chiamavano Bid. Aveva quasi un anno in meno di me e sembrava una bambina vista la fragilità dei suoi lineamenti. Scoprii che lui e la sua numerosa famiglia vivevano nella riserva, e che i loro terreni si estendevano proprio ai margini con quelli dei Campbell. I ragazzi Ojibway non sapevano con certezza cosa venisse nascosto nelle terre di confine, sapevano solo che appartenevano a Carson Campbell, e questo bastava a tenerli fuori, per quanto li affascinasse anche di più. Così Bid quel giorno mi raccontò perché fosse lì. I più grandi lo avevano costretto ad inoltrarsi nei boschi come prova di coraggio. Per loro era uno scherzo ma lui era terrorizzato, anche se cercava di non ammetterlo in alcun modo. Standocene lì, sotto quell'ombrello, mi chiese chi fossi.
Per la prima volta realizzai che non lo sapevo con certezza, perché dentro mi distruggevano e mi ricreavo così tanto spesso... come una fenice. La risposta giusta che trovai fu solo Grace, la figlia di Carson. Alla fine dei conti questo ero. Ne restò piacevolmente sorpreso, dicendo che alla riserva avrebbe incuriosito tutti con quella notizia, poi si fece tardi e la pioggia cessò.
Gli dissi che se fosse tornato e mio padre o i miei fratelli lo avessero visto, di sicuro gli avrebbero sparato. Lui invece mi disse che strada seguire per arrivare alla casa della sua famiglia, e che sua madre cucinava un ottimo arrosto se mai avessi voluto fermarmi a cena.
Quella sera prima di addormentarmi, non pensai di fare del male a nessuno. Pensai al bambino indiano, e dal suo letto Sebastian mi guardava accennando un sorriso in quella oscurità, comprendendo forse quanta speranza stessi riversando nell'incontro di quel giorno.
Da lì a breve, Bid ed io divenimmo grandi amici. In un primo periodo lui era il mio segreto più caro, la mia evasione da quel posto senza andarmene del tutto. Appena mi era possibile sgattaiolavo via fino alla riserva. I Campbell pensavano che passassi quelle ore nei boschi, e invece ero ospite a casa dei Portnov, la famiglia di Bid. Non volevo nemmeno pensare a cosa sarebbe capitato se mi avessero scoperta. E così evadevo e non pensavo assolutamente a nulla, diventavo un'altra cercando di liberarmi e capire chi ero davvero. Non dovrebbe essere ciò che fanno tutti i bambini, dopo tutto?
Bid aveva un fratello più piccolo e due sorelle grandi che non gli somigliavano per nulla. La madre, Violet, era una donna dalla tipica bellezza indiana. Faceva la maestra nella scuola della riserva, e sapeva lavorare la pelle e ricavare di tutto. Insegnava alle figlie la tradizione e spesso mi unii a loro per armeggiare con le perline o creare acchiappasogni, o magari per cucinare tutte insieme fra ragazze. Erano estremamente ospitali con me, forse gli era bastato vedere i miei vestiti logori e la pelle sporca per capire che dovevano aiutarmi come potevano. Ero come un cucciolo che Bid aveva portato a casa, cosa che faceva fin da piccolo da quello che scoprii ascoltando i racconti delle sue due sorelle, Nina e Maya. Erano ragazze simpatiche, e mi coinvolgevano spesso nei loro esperimenti estetici o culinari.
Il padre di Bid invece, era un uomo di dieci anni più anziano di Violet, dai lineamenti duri e le mani sempre screpolate e ruvide. Lavorava i terreni di famiglia e si occupava di veterinaria. Curava tutte le bestie della riserva, ed anche gli animali domestici. Bid diceva sempre che voleva diventare proprio come suo padre e continuare a mandare avanti lo studio.
La loro casa era piccola, ma molto accogliente e senza neppure uno spiffero. Nei mesi invernali, quando la neve fitta ricopriva ogni anfratto della foresta che pareva non finire mai, da loro vi era sempre il fuoco scoppiettante nel camino. Non era lo stesso fuoco della baracca di noi Campbell. Violet sedeva sulla sua poltrona a leggere un romanzo mentre di fronte il marito sfogliava un quotidiano. Somigliavano, sotto un certo aspetto, ai Lachance. La stessa intelligenza e vitalità mentale, intellettuale e creativa, eppure avevano anche qualcosa in più. John Lachance chirurgo e Rob Portnov veterinario. Eve Lachance brillante e con una propria impresa artigianale e Violet maestra ed abile nel realizzare manufatti della tradizione Ojibwe.
Ma questi ultimi avevano qualcosa in più, era simile a ciò che avevano i Campbell se gli si fosse tolto l'orrore. Erano numerosi ed uniti. Uniti dall'affetto e dal rispetto reciproco però, non della paura. Erano la famiglia perfetta.
Quando in quelle sere loro due leggevano, Nina e Maya cucinavano, Bid ed io disegnavamo e il piccolo Gad gattonava fra i propri giocattoli. Non importava che Carson mi sgridasse per i miei ritardi, stare lì era come affacciarsi al paradiso. I ragazzi a casa cominciarono a chiedersi dove andassi, e la curiosità superficiale per ciò che facevo prese a divenire sempre più presente, assillante forse. Un giorno Sebastian me lo chiese in privato, ma non volli dirlo nemmeno a lui. Quella gente era il mio segreto. Credo che il negargli la nostra confidenzialità e il pretendere del tempo solo per me lasciandolo solo più spesso, lo spinse ad incuriosirsi più di tutti gli altri. Dopo alcuni mesi, nel periodo a ridosso del Natale, Sebastian provò a seguirmi fra i boschi. Me ne resi conto e lo seminai senza problemi, era il bambino più fragile che conoscessi e non si dimostrò difficoltoso evitare i suoi tentativi di agguati. La famiglia di Bid era molto incuriosita da me, lo era tutta la comunità della riserva. Mi avevano introdotta alla loro routine. Capitava che aiutassi Bid ed i suoi amici a preparare la capanna sudatoria per gli anziani. Ascoltavo le loro storie, e li guardavo agghindarsi per i grandi eventi. Mi sentivo una di loro, quello era il mio posto nel mondo, a due passi dalla tenebra.
Violet, un giorno mi fermò prima che li salutassi. Lo ricorderò per sempre, eravamo sotto il modesto porticato della loro casa e stavo correndo via quando lei mi cinse il braccio di fretta, sorridente.
Grace, aspetta! Non vuoi portare ai tuoi genitori i disegni che hai fatto? Continui a lasciarli da noi, non che mi diano fastidio ma-
Ai miei genitori non interessano certe cose, te li regalo Violet.
Beh, sono lusingata. Sospirava con i fogli fra le mani, buttando l'occhio su essi. Vidi la sua espressione mutare mentre li guardava, non li aveva mai davvero avuti sotto gli occhi. Lasciò il mio braccio con aria sognante, la bocca aperta mentre li sfogliava. Siamo noi. Borbottò, e me li mostrò affermando ciò che ben sapevo, mentre con occhi infantili la guardavo inespressiva.
Lo so, risposi, e lei si sentì stupida.
No, voglio dire che sembrano proprio fotografie Grace! Hai un dono! Devi continuare a disegnare ed i tuoi genitori dovrebbero sostenerti.
Io non devo fare proprio nulla. Continuai senza espressione. Non volevo essere maleducata, era il solo modo in cui sapevo esprimermi, con schiettezza.
Certo, lo so, ma sarebbe bello se approfondissi la materia. Magari potrei fare qualcosa per aiutarti, se ti va. Era un tentativo per tendermi una mano. La studiai per un po', perché non ero abituata a quei comportamenti, poi annuii e quando lei sorrise corsi via certa di non averla contrariata.
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Il Ritrattista
Mystery / ThrillerAl Barker, carcere psichiatrico situato a Glenn Dale, il signor Owen Walsch sta per incontrare il suo nuovo cliente. Ha infatti come incarico quello di redigere la biografia del killer seriale che tutti conoscono come il Ritrattista, e di cui non si...