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Passò così un anno, poi due, ma il tempo era ormai immobile. Jane parlava, e anche ad Owen pareva tutto immobile.

In città capitava incrociassi lo sguardo di Bid, sempre accerchiato dagli altri, sempre con una bella ragazza ma capace di far sparire chiunque se i nostri occhi si incrociavano. E poi tornavamo alle nostre vite in un soffio, anche se in quelle occhiate c'era tutto un altro mondo. Tutta un'altra esistenza.

Carson si chiedeva sempre più rabbiosamente perché non fossi ancora rimasta incinta, e cominciava a temere fossi sterile. La realtà era che non avevo alcun tipo di rapporto con Hunter. Non che lui non volesse.

Ricordo di una sera in cui stavamo l'uno stretto all'altra nella nuova casa, o per meglio dire nella baracca. Il freddo a dir poco inaccettabile, ed il nostro rapporto saldo perché eravamo gli unici a capire come potesse essere frustrante subire il volere di un altro fino a quel punto. Ammetto, che allora Hunter era per me come una sorta di specchio in cui guardarmi senza vedermi mai davvero. Avevamo un legame forte, perché era l'unico che possedessimo. Di solito dormivamo insieme senza più problemi. Mi stringeva, e sentivo il suo petto sotto le braccia, il mento che mi premeva sulla nuca. Era piacevole come un esiguo ritorno al grembo materno, perché sapevo che lui mai mi avrebbe fatto del male. Sentivo che sarebbe morto per me.

E quella notte fuori pioveva, quando lui sollevò il mio viso e posò le labbra sulle mie. Un bacio umido, tremante ed incerto. Un bacio che mi sorprese nello scoprire quanto lo stessi aspettando. Ricambiai, lo ammetto, e per alcuni istanti le regole del gioco parvero sparire. Le sue mani scivolavano incerte sul mio corpo, ed io lo strinsi a me. Sentivo il suo rassicurante peso addosso, il suo respiro sulla giugulare, e poi lo spinsi via.

Fermati. Non obbedì subito. Fermati. Hunter tornò a guardarmi. Se pur differente, era la stessa espressione di Bid la notte al lago, e mi fece male.

Ho fatto qualcosa di sbagliato?

Non voglio che Carson vinca ancora su di me. Questo è ciò che vuole lui, e non lo farò mai. Per un istante Hunter restò immobile in silenzio, poi si distese dalla sua parte.

E tu cosa vuoi, Gracie?

Voglio fargli più male possibile.

Ucciderlo? Chiese.

No, voglio che sia così infelice al punto da desiderare la morte, e che mi implori di infliggergliela. Voglio che veda che razza di microbo infido è, e che si odi, che sogni solo di scomparire dopo aver finalmente guardato coi miei occhi almeno per una volta.

Come? Mi volsi verso di lui.

Come, lo so io. Quello che devi sapere tu è che fra noi non potrà mai succedere nulla, chiaro?

Mi hai salvato la vita, farò ciò che vuoi perché sono in debito con te.

E di cosa? Questa non è vita... Ancora un momento di silenzio, spalla a spalla ed occhi sul soffitto.

Con te lo è diventata. Era il suo modo per dire che mi amava, senza neanche sapere l'amore cosa fosse.

Passarono i giorni, le settimane. Sapevo che Hunter faticava a restarmi così vicino senza sfiorarmi, non come lui avrebbe voluto. Capitava sempre più spesso che avesse erezioni e che trovassi la sua biancheria logora prima del tempo. Inoltre Carson ci stava col fiato sul collo per avere il nipote che tanto attendeva. Una notte, mentre ero stretta a lui avvertii per l'ennesima volta il suo sesso indurirsi.

Scusa. Borbottò, parola già sentita in circostanze identiche e fin troppo numerose ormai. Mi girai guardandolo bene mentre lui invece evitava il mio sguardo cercando di calmarsi ed allontanandosi appena.

Il RitrattistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora