Decimo Capitolo.

64 10 0
                                    

Benjamin's pov.
Ho proposto a Roberta di venire in moto con me, così posso accompagnarla a casa, ma lei non sembra proprio particolarmente convinta, si osserva i piedi, stringendosi il corpo e rabbrividendo. Io non voglio darle fretta, ma in tutta sincerità sarebbe il caso di andarcene.
«Devo proprio venire con te?» mi domanda ad un tratto la ragazza, alzando il viso e guardando verso l'alto, guardando il cielo, che stasera è particolarmente sereno e pieno di stelle.
«Hai altre alternative?» domando io in tono neutro, guardando i nostri migliori amici che si allontanano da noi assieme, vicini. Federico ha programmato il tutto per accompagnare la biondina a casa, ma non avevamo previsto che il simpatico fidanzato della riccia se ne sarebbe andato, lasciandola sola e triste. 
Lei ora tornerebbe a casa con chiunque meno che con me, però per far contenta la sua amica, ha fatto finta di accettare con piacere la mia proposta.
La ragazza abbassa lo sguardo, scuotendo la testa, facendo "no". Le prendo un polso delicatamente e la guido fino alla mia moto, passandole il casco. Lei resta in completo silenzio, evitando anche semplicemente il mio sguardo.
«Tutto bene con il tuo ragazzo? Perché s'è andato?» le domando io curioso, nonostante forse non sia proprio la scelta migliore da fare. Non voglio di certo deprimerla, ma con quel tipo accanto non sembra proprio serena e lui è seriamente inopportuno. Mentre la stringeva e baciava davanti a tutti, mi sono sentito in imbarazzo pure io da spettatore esterno. Era fin troppo appiccicoso e si è spinto fin troppo oltre, perchè certe cose è meglio farle quando si è soli, a casa propria.
«Non mi va di parlarne» risponde lei, per poi tornare ad essere silenziosa, mentre indossa il casco. Le guardo il corpo e noto che indossa soltanto una camicetta e una giacca, ed entrambe non sembrano essere particolarmente pesanti. Perché le ragazze non mettono vestiti che possono riscaldarle in giusto modo?
Mi tolgo la giacca di pelle che ho indosso e gliela porgo. Lei mi guarda perplessa, mentre io l'aiuto ad indossarla e le chiudo lentamente la cerniera fino al collo. La sua mano finisce sulla mia e lei mi guarda, aggrottando la fronte e le sopracciglia.
«Sai vero che sono capace di indossare i vestiti?» mi domanda.
«Comunque non sentirai freddo, tu?» aggiunge subito dopo con un tono di voce basso. La mia giacca le sta decisamente grande e sembra una bambina, cosa che mi fa intenerire non poco. Al momento è proprio una bambina leggermente imbronciata.
«Si, ne sono consapevole. E comunque non fa niente, non ti preoccupare per me che starò benissimo» mormoro, salendo a cavallo della mia moto. Non gliel'ho detto, ma l'unica cosa che al momento mi interessa è che lei stia al caldo.
«Una macchina, no?» mi domanda ancora la ragazza, salendo lentamente alle spalle, cercando di sfiorarmi il meno possibile, anche se non ci riesce. Mi poggia una mano sulla spalla destra per salire e mi stupisco di quanta delicatezza ci metta in ogni singolo gesto o movimento che faccia.
«No, stasera non mi andava. Sarei finito in mezzo al traffico e non mi piace» dico, ridendo forse con un tono di voce troppo alto. Dallo specchietto della moto vedo la ragazza leggermente in imbarazzo, ma che tuttavia ha abbozzato un sorriso, mentre si stringe il labbro inferiore fra i denti. Mi fermo qualche attimo a fissarle le labbra, poi ricordo in quali circostanze ci troviamo, ricordo che lei probabilmente mi odia e ritorno alla realtà.
«Comunque ti convienemantenerti a me, perché corro abbastanza veloce» le consiglio e l'avverto, mentre accendo il motore ed indosso il casco.
«No, grazie, non ci tengo minimamente» mi risponde categorica la ragazza, mostrando finta sicurezza che però viene tradita dal suo sguardo a mio parere, timoroso. Tanto già so che finirà per mantenersi stretta a me. Anche perché altrimenti volerebbe via, piccola com'è.
«Fai come vuoi» le rispondo allora a mia volta, iniziando a guidare e uscendo lentamente dal parcheggio del disco-pub.
Cinque minuti più tardi, ho le braccia della ragazza strette forte attorno al mio corpo, mentre la sua testa è schiacciata contro la mia spalla, probabilmente per ripararsi dal vento freddo che ci investe.
Io continuo ad osservarla dallo specchietto retrovisore, scorgendo i suoi occhi chiusi e la sua guancia contro la mia spalla. I suoi riccioli scuri volano nell'aria fredda di ottobre ed io mi sento di nuovo felice, dopo svariati giorni in cui il malumore ha preso il sopravvento su di me.
è strano da dire, ma con questa piccola opportunità che ho avuto con lei mi sento di nuovo positivo e pimpante, mi sento di nuovo forte e determinato, come se questa fosse l'unica cosa che aspettavo e di cui avessi bisogno. E forse alla fine è davvero così.
è strano come a volte una semplice azione da parte di un'altra persona possa modificare poi così tanto il tuo umore. Io non so esattamente cosa mi stia succedendo, ma sono sicuro di sentirmi bene e al momento per me questa è l'unica cosa che davvero conta.
Roberta mi sfiora lo stomaco con le mani, impegnata a stringersi a me e appen arrivati, poggio le mie mani sulle sue, come se questa fosse la cosa più normale da fare.
«Tu non volevi mantenerti a me, ma alla fine noto con piacere che mi hai palpato abbastanza, piccoletta!» esclamo spontaneo, scoppiando a ridere rumorosamente, probabilmente svegliando metà quartiere che ci circonda. Ora tutti gli abitanti scenderanno qui con i forconi per ammazzarmi, sicuramente, me lo sento.
La ragazza sobbalza e spalanca gli occhi, arrossendo violentemente ed io non posso fare a meno di sorridere alla scena, perché quando arrossisce è molto dolce.
Si alza, scendendo dalla moto un po' intontita, così decido di mantenerla qualche secondo per i fianchi, per evitare che cada e possa farsi male. È l'ultima cosa che vorrei.
«Benjamin! Che cosa stai facendo? E poi non è assolutamente vero che io ti abbia toccato! L'hai detto tu stesso che era meglio. Oh ma vaffanculo!» sbotta nervosa la ragazza, arrossendo ancora di più, per poi cercare di togliersi il casco. Io non posso evitare di continuare a ridacchiare, osservandola.
«E poi come mi hai chiamato, scusa?» mi domanda lei, borbottando e mettendo un broncio in volto. Non posso evitare di sorridere, dopo la domanda.
«Ti ho chiamato "piccola"» le rispondo spontaneamente, chinandomi verso di lei e mettendole una mano sotto al mento, sbottonandole il casco. Da qui riesco a vedere ancora meglio ogni suo lineamento, ogni suo minimo e piccolo particolare. Mi sorge spontaneo il chiedermi come abbia potuto lasciarla in mezzo al locale quel coglione del suo ragazzo per poi andarsene. È proprio vero che la gente spesso e volentieri non capisce il valore di ciò che ha, non capisce la fortuna che possiede.
«Io non sono piccola» risponde lei sottovoce, osservando ogni mio movimento, fissando la mia mano ferma sotto al suo mento, mentre involontariamente le sfioro il collo con le punte delle dita e lei cerca di contenere le risate. Credo proprio di averle fatto il solletico.
Sorrido spontaneamente a ciò e lei mi imita.
Poi si avvicina a me lentamente, seria. Mi stampa delicatamente un bacio sulla guancia, mentre mi sussurra all'orecchio: «Grazie. Senza di te starei ancora lì fuori a morire di freddo.»
Si sfila lentamente la mia giacca dal corpo per poi porgermela.
«Allora forse non mi odi così tanto» borbotto io divertito, prima che lei si allontani e vada via.
«Non ti ho mai odiato, Benjamin. Semplicemente sto vivendo un brutto periodo e reagisco male a qualunque cosa mi accada, reagisco male con chiunque, a volte pentendomene» mi dice calma, allontanandosi, per poi voltarsi verso il condominio dove vive.
«Sai vero che puoi contare su di me, per tutto? Magari non ti fidi, insomma come darti torto, ci conosciamo così poco. Ma io ci sono per te, se vorrai e avrai bisogno» dico ad alta voce, facendomi sentire dalla ragazza. Perché io davvero ci sarò, se lei ne avrà bisogno, se lei vorrà.
Si volta verso di me, regalandomi un sorriso che non sembra neanche falso ed è ciò che mi rende realmente felice.
«Grazie, Ben» mi dice in un soffio con dolcezza, prima di voltarsi di nuovo e allontanarsi. Entra dal cancello del suo palazzo, salutandomi con una mano.
Sorrido. Sono realmente felice.

Federico's pov
Ho accompagnato Francesca a casa e stavo per baciarla, ma provando a far ciò, l'ho fatta "scappare".
Non posso negare di esserci rimasto particolarmente male, perché pensavo di piacerle almeno un po' e mi andava seriamente di baciarla. È rimasta così vicina a me, a guardarmi con quegli occhioni grandi e azzurri che si ritrova ed io mi sono chinato verso di lei, istintivamente, senza pensarci neanche due secondi, perché mi sembrava uno spreco di tempo. Volevo semplicemente baciarla e azzerare la distanza fra me e lei. Ora non so esattamente se e quando ci riproverò, perché non mi va di ricevere un altro due di picche.
In auto siamo stati veramente bene, ci siamo rilassati a cantare e ci siamo goduti l'aria fredda che entrava finestrini. Lei si è congratulata con me per la mia voce e mi ha detto che starebbe ad ascoltarmi per ore e ciò che mi ha resto soddisfatto. Eravamo solo io e lei, ad osservarci, a scherzare, a parlare, come se il tempo fuori si fosse fermato, come se tutto potesse andare solo bene. Ma forse ora dovrei smetterla di pensarci, anche se non mi sembra così semplice la cosa, perché non ci si po' dire semplicemente "basta pensare a questo, pensa ad altro". Anzi, più vuoi distrarti, più pensi a ciò che vuoi dimenticare. E quando ciò accade, non riesco a non odiarmi.
Ora sono steso sul divano, fermo immobile con solo un pantaloncino addosso, nonostante faccia freddo per stare così, ma ho bisogno di star comodo e non ho la forza di andare a prendere qualcosa da indossare.
Ben spalanca la porta d'ingresso e mi sembra essere particolarmente felice e soddisfatto e ciò non può che rendere un po' felice anche me.
«Allora che hai combinato? Avete limonato? Vi siete messi insieme?» mi domanda lui, lasciandomi uno schiaffo leggero sulla guancia sinistra, per poi recarsi in cucina.

«Non è successo niente» borbotto, sbloccando per la centesima volta lo schermo del cellulare, restando steso a sbuffare. «Tu? Mi sembri particolarmente entusiasta» aggiungo immediatamente, per poi sbuffare nuovamente, anche molto sonoramente.
«Come niente, piccolo fiore?» mi domanda ancora, avvicinandosi con la sua bottiglia piccola d'acqua fra le mani e poggiandomela sul collo, facendomi sobbalzare. Gli dedico uno sguardo rancoroso e nervoso. «Dobbiamo fare la spesa, comunque» aggiunge ancora, sedendosi sulla poltrona alla sinistra del divano.
«Si, domandi andiamo. Comunque niente, stavo per baciarla ed è andata via. Magari non le piaccio » gli rispondo, passando da un argomento all'altro, senza smettere neanche un secondo di mordermi il labbro inferiore nervosamente.
«Oh, ma ti prego, non dire stronzate!» sbotta il mio amico, passandosi una mano fra i capelli.

«Se tu non le piaci, io sono...io sono...Maria de Filippi!»  aggiunge, mentre gli dedico uno sguardo confuso ed accigliato.
«Hai capito che intendo! Le piaci. Non hai mai fatto caso a come ti guarda? Praticamente non ti toglie gli occhi di dosso! Ed in questo momento sembriamo due dodicenni in crisi ormonale!» esclama ancora Benjamin, inizialmente con una certa serietà, per poi scoppiare a ridere sul finale. Forse ha ragione, ma non ne sono sicuro. Magari lo dice perché mi vuole bene, o magari non ha visto bene.
Diciamo che è lui quello più sicuro dei due, lo è sempre stato, o almeno ha sempre mostrato la calma e la tranquillità, in qualunque momento, anche quando magari era nel panico più totale. Prima di ogni esibizione ci diamo forza a vicenda, ma è sempre e soprattutto lui a rassicurare me. Sono sempre stato un tipo molto insicuro, che si fa prendere dall'ansia molto facilmente e ora credo di sembrare realmente un dodicenne in crisi.
Giuro che ora la smetto di preoccuparmi e provo a rilassarmi.
Mi rendo conto poi che il mio migliore amico non mi ha rispondo e non mi ha detto che gli sia successo. Ad occhi chiusi, gli domando nuovamente cosa abbia fatto, quando io me ne sono andato con Fran.
«Nulla, ho accompagnato Roberta a casa» esclama con entusiasmo. Non lo vedo, ma sono sicuro che stia sorridendo.
«Ti piace?» gli domando ancora con molta spontaneità. Forse non sono l'unico ragazzino con gli ormoni a palla.
«Ma che impertinente che sei! Fatti gli affari tuoi e pensa alla tua biondina. Buonanotte, Federico» mi risponde Ben, fingendosi incazzato, chiundendosi in camera sua e lasciandomi solo nel salone di casa, con gli occhi chiusi e il cellulare poggiato sullo stomaco. Fra veglia e sonno, mentre sto per addormentarmi, sento il cellulare vibrare sulla mia pancia. Apro gli occhi lentamente, sbloccandolo. Un nuovo messaggio da parte di Fran, che mi dice semplicemente "buonanotte", con un bel cuoricino blu accanto. Le auguro anche io la buonanotte e mi addormento lì, sul divano, con un sorriso sulle labbra e una grande confusione in testa.  

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora