Ventunesimo capitolo.

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Francesca's pov.
Sono appena tornata dalla lezione di scuola guida e l'unica cosa che vorrei veramente fare è dormire, ma purtroppo devo studiare per la scuola. Anche se forse un po' di pausa ci può stare, tanto ho anticipato qualche cosa, più o meno. Forse più meno.
Mi poggio sul mio amatissimo letto, ma quando sono sul punto di addormentarmi, il campanello suona ed il cane incomincia ad abbaiare a pieni polmoni con tanto, tantissimo entusiasmo.
Apro la porta senza neanche guardare dallo spioncino e mi ritrovo la mia migliore amica in preda al panico. Più confusa che mai, la faccio entrare in casa e sistemandomi i capelli con le mani, le chiedo che cosa sia successo, anche se al momento non capisco molto di cosa sta capitando attorno a me perché sono troppo intontita. Prendo la mia vestaglia dal bagno, perché sto morendo di freddo e mi siedo sul letto, facendomi imitare da Rob, che però si rialza immediatamente.
«Stavi dormendo? Ti ho svegliato? Oddio mi dispiace tanto tanto, sono un disastro completo, ma non puoi capire che cosa è successo» mi dice muovendosi avanti e indietro completamente in panico. Dicendole di calmarsi –senza alcun successo d'ascolto- le prendo le spalle e la fermo, facendola poi sedere nuovamente sul mio letto.
«Prendi un attimo fiato e poi mi racconti. Vuoi un po' d'acqua?» le chiedo sedendomi al suo fianco e poggiando le mie gambe sulle sue, ricevendo un'occhiataccia e un "no, grazie" da parte della mia migliore amica.
Noto una nuova sciarpa al suo collo ed inizio ad arrotolare la parte finale di questa attorno al mio dito indice.
«è nuova?» le chiedo curiosa, ricevendo uno sguardo parecchio enigmatico dalla mora.
«è di Ben...pensava avessi freddo...ce avevo le mani gelate...» mi racconta balbettando. Io penso a quanto sia stato carino il ragazzo.
«Ci siamo baciati» mi dice poi lei ad un tratto. Caccio un urlo esagerato, poi mi fermo di colpo, vedendola in difficoltà. Lei cerca di tranquillizzarsi in qualche modo e poi mi racconta tutto nei minimi particolari, aggiungendo anche che la sciarpa del chitarrista –e quindi anche quest'ultimo-, abbia proprio un buon odore.
«Adesso anche tu annusi la gente?! Credevo di essere sola» le domando cercando di sdrammatizzare, senza riuscirci molto bene, poiché la mora accanto a me continua a tamburellare con il piede destro sul pavimento della mia camera, mentre guarda il vuoto sopra noi. In realtà non è proprio vuoto, visto che c'è l'ossigeno.
«Comunque secondo il mio modesto parere, tu e Ben dovete mettervi insieme, subito, immediatamente, siete bellissimi!» l'avverto, iniziando ad esaltarmi pensando alla nuova coppia che si sta per creare. Già li vedo fidanzati, mano nella mano, a scambiarsi effusioni.
«No, assolutamente no, che cosa assolutamente imbarazzante, io non voglio vederlo più» borbotta lei, ricevendo una grandissima occhiataccia da parte mia. Le rido in faccia spontaneamente, aggiungendo un "hai detto una stronzata, tu vuoi rivederlo ed anche tanto".
«Aspetterò che mi cerchi lui» annuncia la mora e sembra proprio non abbia intenzione di cambiare per nulla idea, quindi io annuisco e le offro qualcosa da mangiare, anche se alla fine lei rifiuta ed io sono costretta a rimpinzarmi di cibo da sola. È così buono il cibo.
Mentre io e Rob siamo impegnate a fingere di studiare, mi arriva un messaggio da parte di Federico che mi dice semplicemente "non prendere impegni per venerdì sera, sarai mia".
Ed io così faccio, il venerdì mi tengo completamente libera e il giorno arriva subito, immediatamente ed io non sto più nella pelle, nonostante non abbia la ben che minima idea di ciò che ha intenzione di fare il mio meraviglioso ragazzo.
Prima di prepararmi, decido di chiamarlo e chiederglielo.
«Usciamo solo io e te. Non abbiamo ancora avuto il nostro primo appuntamento ufficiale, credo sia arrivato il momento giusto» mi dice velocemente al telefono, attaccando velocemente, senza darmi la minima possibilità di chiedere altro.
Quel deficiente non mi ha neanche detto come mi devo vestire e quindi sono nel panico più totale. Devo vestirmi molto elegante? O devo vestirmi in modo casual? Dove andremo? Sono confusa, non so che cosa devo fare.
Chiamo Rob per cercare un po' di consigli e lei mi dice di indossare un vestito. Dopo tanti tentennamenti da parte mia, lo faccio. Indosso un vestito scuro, semplice e degli stivaletti dal tacco non troppo alto.
Io e lui non siamo mai usciti da soli e questa cosa mi agita non poco. Infatti nonostante il freddo continuo a sudare, mentre sistemo il trucco e i capelli ogni due secondi circa.
Se Federico non arriva subito, mi verrà una bella crisi di nervi, ma a quanto pare ho già ben capito che il mio ragazzo non è proprio un tipo puntuale, quindi mi tocca soffrire in silenzio e camminare per casa, mentre i miei genitori continuano a guardarmi curiosi, nonostante io abbia detto loro con chi uscirò.
Il telefono squilla nel momento in cui sistemo il rossetto per la centesima volta. Indosso il giubbino velocemente, prendo la borsa e mi precipito fuori la porta, catapultandomi giù dalle scale correndo e rischiando di cadere almeno un paio di volte.
Entrata in auto di Fede, mi tranquillizzo o almeno cerco di non mostrarmi troppo agitata, anche se è una cosa pressoché impossibile. Lo osservo, noto i suoi capelli sistemati come al solito nel suo grande ciuffo. Ha indossato una camicia bianca e dei jeans e riesco a pensare soltanto che sia bellissimo. Gli stampo un leggero bacio sulle labbra calde.
«Scusa, ho fatto tardi...di nuovo...ma ne vale la pena...spero» balbetta lui in difficoltà e forse in imbarazzo, prendendo la mia mano sinistra e intrecciando le sue dita con le mie, mentre inizia a guidare.
Non ho per nulla idea di dove stiamo andando e non ho il coraggio di chiederglielo, così continuo a guardare fuori dal finestrino, fissando la strada ed il cielo stellato, mentre sento il cuore battere forte, più forte del normale e continuo a deglutire. Sono agitata, non riesco a nasconderlo né a me né a lui, che di tanto in tanto mi lancia delle occhiate probabilmente preoccupate. Cerco di rassicurarlo con un sorriso, per poi poggiargli la testa sulla spalla, cercando in qualche modo di rilassarmi, senza però riuscirci.
Non riconosco le strade e quindi mi guardo attorno con parecchia curiosità.
Poco più tardi arriviamo davanti all'osservatorio della nostra città, che sapevo si trovasse in periferia. Ha guidato così tanto? Ho perso la cognizione del tempo, lo ammetto.
Scendiamo dall'auto, mentre mi stringo nella giacca e noto che le uniche luci accese sono quelle dei lampioni per strada. Sono un po' perplessa. Mi avvicino al mio ragazzo mentre aggrotto le sopracciglia.
«Fe', ma non è chiuso l'osservatorio?» gli domando stringendogli una mano e indicando la struttura con un dito.
«Tranquilla, non preoccuparti» mi risponde semplicemente stampandomi un bacio sulla fronte –che mi trasmette una sicurezza assurda- e tirandomi dietro di sé, mentre spinge la porta di vetro principale dell'osservatorio. La maggior parte delle luci dell'androne sono spente, ma c'è un guardiano seduto ad una poltrona dietro una grande scrivania di legno. L'uomo credo sia abbastanza alto, massiccio ed ha i capelli scuri. Quest'ultimo vedendoci, sorride a Federico, facendogli un "okay" con il dito, senza dirci nient'altro.
«Lo conosci?» chiedo incuriosita al mio ragazzo sussurrando, mentre lui mi guida lungo un largo corridoio scarsamente illuminato dal pavimento scuro e le pareti completamente bianche e spoglie da arredi. Conoscendomi, potrei inciampare da un momento all'altro.
«Mmh, direi di sì, più o meno» risponde misterioso, stampandomi un piccolo bacio sul naso che io arriccio. Mi mette le braccia attorno al corpo e sorride a pochi millimetri dalle mie labbra. Io non posso far a meno di imitarlo.
Mi guida verso delle scale, parecchie scale che almeno non sono troppo alte.
Le saliamo una ad una, o meglio, lui lo fa, perché io sono abituata a fare due scalini alla volta.
«Perché?» domanda lui aggrottando la fronte e fissandomi le gambe con confusione.
«Arrivo prima! Ed io non sono una persona a cui piace aspettare, quindi salgo le scale due a due, così arrivo più velocemente ed aspetto di meno» racconto come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre muovo energeticamente le braccia. Lui probabilmente più confuso di prima, mi guarda curioso e ride. Credo stia pensando che ha una ragazza tutta scema ed io non posso dargli torto alla fine, anche se spero con tutto il cuore che si abitui a ciò. Spero che si abitui perché vorrà dire che siamo rimasti insieme, che siamo stati insieme per tanto tempo.
Mentre penso a ciò, mi accorgo che le scale sono finite e ci troviamo su un piccolo pianerottolo, davanti ad una porta scura che è chiusa. Lui spinge quest'ultima ed entriamo, ritrovandoci in una stanza circolare, con ai lati librerie e scrivanie stracolme di fogli e libri ed al centro un grande telescopio, che illuminato dai raggi lunari, sembra luccicare. Faccio vari passi avanti con la bocca leggermente aperta, guardandomi attorno senza parole.
«Guarda in su» mi consiglia sussurrando Federico dopo avermi raggiunto ed abbracciato da dietro.
Siamo sotto il cielo stellato, solo io e lui.
Per svariate sere precedenti a questa, le stelle in cielo non si sono viste per niente, coperte da tante nuvole, spesso cariche di pioggia. Eppure stasera sembrano essersi mostrate, rivelate, tutte solo per noi. Mi giro di scatto tutto ad un tratto, ritrovando il viso del mio ragazzo praticamente quasi incollato al mio. Guardo ogni centimetro del suo volto e nel farlo, mi rendo conto che i suoi bellissimi occhi stasera sono le stelle più luminose.
Mi rendo completamente consapevole che abbiamo fatto la cosa giusta ad iniziare tutto ciò, ad iniziare la nostra relazione. Lo sento nel profondo del mio cuore, che in questo momento batte all'impazzata, come se volesse uscire fuori dal petto e magari andare a fare una passeggiata.
Stringo Fe' in un abbraccio, mentre lui mi prende i fianchi con forza, baciandomi poi lentamente. Mi sento felice come non mai e sorrido spontaneamente senza smettere neanche un secondo, mentre mi stringo a lui. Dopo un tempo indecifrabile, ci stacchiamo e decidiamo di metterci più comodi, posando le giacche su una delle varie sedie sparse in giro.
Dopo che il mio stomaco brontola e il suo rumore rimbomba nella stanza, il mio ragazzo ride e mi rivela di aver portato anche del cibo. Quest'ultimo vien mangiato da entrambi in pochissimo tempo.
Io ed il moro non smettiamo neanche un secondo di guardarci, se non per guardare qualche secondo verso il cielo. Ci ritroviamo dopo poco di nuovo al centro della stanza. Poggio la testa sulla spalla di lui, mentre continuo a guardare verso l'alto, incantata. Quasi quasi mi sembra di toccare il cielo con un dito.
«Ti piace Ed Sheeran?» mi domanda Federico ad un tratto, mentre mi accarezza il viso e mi osserva con attenzione.
«Se mi piace? Io lo amo!» esclamo entusiasta, battendo le mani, per poi cercare di tranquillizzarmi nuovamente, stampando un piccolo bacio sulle labbra del ragazzo di fronte a me.
«Baciami sotto la luce di migliaia di stelle...» mi sussurra all'orecchio, prendendomi poi il viso fra le mani e baciandomi piano. Ha citato una frase di "Thinking out loud", appunto una canzone di Ed.
Si stacca da me con delicatezza, armeggia con il suo cellulare andando avanti e indietro per la stanza circolare e poco dopo, le note di quella splendida canzone citata, risuonano attorno a noi.
Lui mi canta all'orecchio tutta la canzone, mentre iniziamo una specie di ballo, uno di quelli lenti e siamo stretti l'uno all'altro, illuminati soltanto dalla luce delle stelle e della luna. Potrei restare così per sempre, per sempre fra le sue braccia che mi tengono i fianchi, mentre le sue mani mi accarezzano la schiena lentamente.

Federico's pov.
Stringo Fran fra le mie braccia con dolcezza. Il suo sguardo felice si poggia prima su di me, poi sul cielo e nuovamente sul mio viso.
«Se qualcuno mi avesse detto un mesetto fa che cosa sarebbe successo, non ci avrei creduto per niente e gli avrei riso in faccia» mi dice sussurrando e stringendomi la mano sinistra.
Le dico di aspettare un secondo, mi allontano da lei e prendo un telo che avevo preparato e portato qui in precedenza, stendendolo sul pavimento, così potremo guardare il cielo evitando che ci venga il torcicollo.
Per me vale la stessa identica cosa: non c'avrei creduto, anche perché una ragazza non la stavo neanche cercando.
«Dicono che le cose migliori capitino quando meno te l'aspetti, in questo caso è stato così» le rispondo, mentre ci stendiamo e le metto un braccio attorno al bacino, guardandola.
Ci tengo davvero a lei ed è qualcosa nato così spontaneamente che forse fino ad ora non me ne sono neanche reso conto, ma ora lo sto facendo.
«Guarda che belle queste stelle» esclama con gli occhi luminosi come non mai.
Sono certamente uno spettacolo queste stelle ed il loro luccichio su quella tela blu notte, ma io al momento non sto guardando ciò, bensì sto guardando lei che ad un tratto ricambia il mio sguardo. Mi osserva con confusione. Mi domanda teneramente cosa io stia pensando e se vada tutto bene, mentre mi prende una mano ed intreccia le nostre dita.
«Va tutto benissimo, stavo solo pensando che sì, quelle stelle sono meravigliose, ma tu sei più bella» rispondo sinceramente, prendendole il viso fra le mani ed accarezzandole le guance. Può sembrare una delle solite frasette da film, ma lo penso realmente e mi sento totalmente preso da lei che non riesco a pensare ad altro.
Mi sorride e posso giurare di aver visto una luce diversa nei suoi occhi per qualche istante. Ci baciamo piano, sorridendo al contatto. Poi si poggia con la testa sul mio petto, stringendosi a me e sembrando più piccola di quanto sia in realtà.
Restiamo per un tempo indecifrabile uno accoccolato all'altro. In fondo quando si sta bene ci si dimentica totalmente di orari e quant'altro.
Vorrei restare così per parecchio, impegnato a regalare attimi di pace e tranquillità a me e alla ragazza fra le mie braccia, mentre la testa vaga fra le nuove, o meglio, fra le stelle.
Anche se poi riesco a constatare che se non mi alzo, finirò per addormentarmi e non sono facile da risvegliare, perché ho il sonno veramente pesante. Quindi chiedo alla mia ragazza se le va di andare via e lei annuisce con un sorriso.
Raccogliamo tutte le nostre cose e usciamo dalla stanza, rifacendo tutte le scale fatte in precedenza.
«Mi piace questo posto» borbotta lei arricciando il naso, mentre scende l'ultimo scalino.
«Ti ci porterò spesso, allora» le dico, facendo sì che lei mi dedichi uno sguardo pieno di dolcezza, senza però dire nient'altro e credo vada bene così, perché spesso gli sguardi sono più utili e ti dicono più cose delle parole stesse.
«Come lo conosci il guardiano?» mi domanda curiosa, mettendosi le mani nelle tasche del cappotto scuro che indossa. In questo momento si sente una certa umidità che prima non c'era.
«è un amico di famiglia» le rispondo.
Passiamo nuovamente davanti all'androne del posto e saluto il guardiano mio amico, Pietro, ringraziandolo calorosamente per avermi fatto questo grande favore. Lui soddisfatto dice che non c'è stato nessun problema. Io e la mia ragazza andiamo via.
Dopo aver preso nuovamente posto nella mia auto, sfrecciamo per le strade di una tangenziale per niente trafficata, stringendoci le mani e guardandoci ogni tanto pieni di sentimenti.
Non ce lo siamo detti a parole, ma io sono consapevole che da stasera qualcosa è cambiato, sono consapevole che il nostro rapporto è diventato più serio, più profondo. Da questo momento non si torna più indietro e alla fine va benissimo così, non mi dispiace per niente.
Non so come finirà e cosa diventeremo o non diventeremo, ma so che nel bene o nel male, quello che stiamo creando, ne varrà la pena.
«Sai Fe', non vedo l'ora di sentire le canzoni tue e di Ben alla radio» dice ad un tratto entusiasta, cambiando stazione radio, probabilmente perché la canzone che si sentiva non le piaceva.
Questo suo pensiero mi rincuora e mi fa sentire veramente apprezzato. Spero che un giorno potrò darle questa soddisfazione, anche perché vorrà dire che uno dei miei sogni si sarà avverato.
Quando siamo vicino casa sua, non voglio lasciare andare, vorrei restare un altro po' a parlare o a guardarci. Lo facciamo per un po', poi lei mi dice che sia ora di andare.
«Mi avvisi quando arrivi a casa?» mi domanda, poggiando una mano sul mio viso e guardandomi con i suoi grandi e curiosi occhi azzurri.
Me lo domanda sempre e ormai, puntualmente io lo faccio, perché ho capito che in caso contrario finirebbe per preoccuparsi e non voglio di certo che accada ciò. Quindi annuisco semplicemente alla sua domanda, mentre lei mi lascia un tenero bacio.
Esce dall'auto e scappa via vicino al portone del suo condomino, sparendone all'interno come suo solito.


Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora