Sessantasettesimo capitolo.

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Roberta's pov.
Per la prima volta nella mia vita, mi sveglio felice.
Mi sveglio felice, sentendo il buon profumo del mio ragazzo e il suo cuore che batte contro la mia tempia.
Dopo una lunga chiacchierata ieri sera, -per lo più ha parlato lui ed io incantata, l'ho ascoltato-, mi sono sistemata con la testa sul petto del mio ragazzo e mentre gli dedicavo delle leggere carezze, mi sono addormentata.
«Buongiorno amore! Visto che eri profondamente addormentata ed ho notato non avessi nessuna voglia di svegliarti, ho deciso di chiamare il servizio in camera e farci portare la colazione!» esclama Ben entusiasto, mentre io ancora non capisco niente.

Lo guardo con un sorriso, ma non parlo, ancora mezza addormentata.

Per fortuna, lui sa come vanno le cose e aspetta che io connetta, prima di ricominciare a parlare.

Nel frattempo, mi stampa un bacio sulla fronte e si sistema al centro del letto, a gambe incrociate, dopo aver recuperato un vassoio dalla scrivania della stanza.

«Speriamo non abbiano portato il cornetto a cioccolata e abbiamo portato il cornetto alla Nutella, se no mi lasci» borbotta lui, facendo finta di essere preoccupato.

«Sì, infatti» gli rispondo, stampandogli finalmente un bacio decente, per poi rubare il cornetto dal piatto.

Mi siedo di fronte a lui, mentre una grande luce mi arriva alle spalle.

Nonostante sia metà novembre, c'è un bel sole alto e luminoso.

«Non vedo l'ora di mostrarti una delle mie città preferite!» esclamo.

Ieri abbiamo soltanto passeggiato liberamente, senza un meta specifica, ma ora, ora è tutto diverso.

In una mappa mentale ho segnato tutti i posti dove dobbiamo assolutamente andare io ed il mio ragazzo.

Mi fiondo in bagno, proprio perché non vedo assolutamente l'ora che questo momento arrivi.
Manco da un paio di anni qui a Firenze, ma il desiderio di rivederla, è sempre stato ben presente dentro di me.

Allo stesso tempo, sapevo che Fran volesse vederla e mi aveva detto volesse farlo con me, proprio perché sa quanto amo questa città. Ma penso proprio che non sarà questa, la volta che la vedremo assieme, visto che dubito lei e Federico si facciano vedere per il resto della giornata.

Ma in fondo li capisco, hanno bisogno del tempo per loro.

Con questo pensiero che mi frulla nella testa, metto il mascara.
In realtà questo mi è piuttosto inutile, visto che ho delle ciglia veramente lunghe, che sono anche una delle pochissime cose che apprezzo di me. Se non l'unica. 

«Ti muovi, lentona?» sento chiedere dall'altra parte della porta.
«Ho quasi finito, rompipalle» rispondo scherzosamente.
Pochi minuti dopo, sono pronta, decisamente pronta ed esco dal bagno, dove un Benjamin annoiato, mi aspetta.

«Rompipalle» borbotta, facendomi il verso.
«Scemo!» esclamo, come se avessi fatto l'offesa del secolo.

«Scemo...» ripete lui, facendomi il verso nuovamente.

'sta volta non rispondo se non con un bel dito medio alzato.
Lui ride, abbracciandomi da dietro, per poi tirandomi per un braccio e portandomi fuori la camera.

Quando cammino per le strade di Firenze, dopo tutto questo tempo, mi sento proprio bene.
Il sole è ancora più forte di quanto non sembrasse.
E nonostante io ami la pioggia, ammetto che il sole permetta di vedere tutto al meglio, soprattutto tutta l'arte che c'è qui.
Anche se penso sempre che la migliore opera d'arte sia la persona che in questo momento mi stringe la mano. Glielo sussurro nell'orecchio, beccandomi il sorriso più bello che abbia mai visto.
Mi poggia un braccio attorno alle spalle, proprio quando siamo di fronte al Duomo.
Al momento non riesco che pensare a quanta arte e storia ci sia qui.
Al monumento che stiamo ammirando, collego tutta la storia di Firenze (che mi sono andata a studiare per passione e non per dovere), alla storia dei Medici.
«Oddio amore, posso spiegarti tutto ora!» esclamo entusiasta come non mai.
Inizio a camminare avanti e indietro, gesticolando animatamente, ma parlando comunque a bassa voce, per non farmi sentire da altre persone che camminano attorno a noi, anche se so che la metà di loro non mi capirebbe perché sono turisti stranieri.
Ben mi ascolta con un sorriso enigmatico, scattando di tanto in tanto delle fotografie, in cui già ho capito esserci pure io.
Mi mette sempre in imbarazzo sapere che mi fotografa, ma nonostante tutto, glielo lascio fare, perché sta solo facendo una cosa che gli piace.
Anche quando entriamo nel Duomo, continuo a parlare a macchinetta, come se stessi seguendo un copione di qualche film, imparato a memoria.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora