Ventiduesimo capitolo.

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Benjamin's pov.
è sabato, fa davvero molto freddo, il tempo è molto umido ed io riesco solo a pensare a Rob. Io e lei mercoledì ci siamo baciati, poi non ci siamo sentiti più, neanche un minuto.
Ho aspettato lei, un suo messaggio, una sua chiamata, pensando veramente che mi avrebbe cercato, ma invece non è avvenuto nulla del genere, completo silenzio.
Ieri stavo per farmi scappare un messaggio -un piccolissimo "ehi"- quando ho visto che era online sui social. Stavo per scriverle perché proprio non ce la facevo più. Ho anche digitato il messaggio, ma non ho premuto invio, non ci sono proprio riuscito per paura di disturbarla, per paura che non avrebbe per niente gradito il mio messaggio. Forse sono un vero, vero codardo, chissà. Forse lo sono, ma ho davvero l'ansia, o forse è più una grande paura del rifiuto.
Probabilmente vedendomi, nessuno penserebbe che io abbia queste paura, perché sembro forte, sicuro di me, ma tutti hanno delle debolezze, si dovrebbe sapere. Io sono soltanto abbastanza bravo a nasconderle, ma questo non vuol dire che io non le abbia.
«Ben, Fran mi ha detto che Rob stasera non uscirà con noi» mi dice Federico entrando nel salone. Aggiunge che probabilmente lei ha la febbre, o comunque non si sente per niente bene.
Lo guardo con serietà e mi alzo dal divano, prendendo il giubbino.
Se lei non verrà da noi, sarò io ad andare da lei, perché non riesco più ad aspettare, non posso restare con tutti questi dubbi in testa. I dubbi fanno schifo, sono molto meglio le verità, le sicurezze, le certezze, anche se queste sono negative e quindi ti fanno soffrire. Ma almeno con queste ultime non ti senti perso, perso in te stesso, perso nella tua stessa mente.
«Io vado a prenderla. Tu muoviti a prepararti e non far aspettare troppo quella povera ragazza che sopporta te e i tuoi ritardi. Ci vediamo direttamente al biliardo» borbotto recuperando le chiavi della macchina ed uscendo di casa. Uscendo dal palazzo, una folata di vento mi scompiglia tutti i capelli e mi fa rabbrividire violentemente.
Stasera andiamo tutti in una grande sala giochi, dove c'è anche il biliardo ed il bowling. Abbiamo scelto questa meta perché così possiamo stare tutti assieme in un luogo chiuso, al riparo dal freddo. Ma quel "tutti", senza di Lei, non mi va per nulla bene, mi fa star male.
Metto in moto l'auto e sfreccio via, arrivando abbastanza velocemente a casa della mora. Resto fermo fuori il cancello, stringendomi nel giubbino, mentre la chiamo al cellulare. Lei non mi risponde, o meglio, non subito. Arrivo a 3 chiamate, prima che lei mi risponda e prima che io possa sentire la sua voce.
«Ehi» sussurro al telefono, guardando fisso davanti a me. Le chiedo come sta e se è vero che stasera non esce con noi, mentre cammino avanti e indietro per la strada completamente deserta.
«Non mi sento per niente bene, quindi resterò qua a casa a vedere un film da sola» borbotta al cellulare, cercando di essere più sintetica possibile, per poi tossire. Non sono molto convinto sia una tosse vera, in realtà.
Le chiedo se è da sola, giusto per essere sicuro prima di compiere l'idea che mi è appena saltata in mente. Lei mi dice di sì ed io mi faccio specificare che abiti al piano terra, con un piccolo giardino alle spalle davanti al quale mi trovo. Ricevo un'altra risposta positiva, ma la ragazza pare essersi stufata di parlare con me e con un "ciao", riattacca.
Io inizio a camminare là attorno e visualizzo un cancelletto alle spalle del condominio. Mi avvicino e sbircio all'interno, riuscendo a vedere da pochi spazi liberi il giardino della casa di Rob. Il muretto che c'è tutto attorno non è molto alto ed io potrei scavalcare...se avessi qualche centimetro in più d'altezza.
Dopo aver cercato in giro qualcosa che possa darmi un po' di slancio, provo a scavalcare. Nel momento in cui riesco nell'impresa, mi sento un agilissimo ninja e mi faccio i complimenti da solo.
Cammino lentamente, cercando di non far rumore e sbircio nelle finestre che danno sul giardino e fra le tanto, trovo la sua.
Lei è a poco da me, solo il vetro e qualche metro ci divide. È seduta con le gambe strette al petto, mentre è alla scrivania. Ha i capelli tenuti legati in su con una matita, ma qualche ricciolo le è sfuggito e le ricade sul viso, sfiorandolo. È completamente assorta e concentrata a disegnare, mentre ogni tanto si guarda i polpastrelli che sono quasi completamente grigi.
Non posso pensare a quanto sia bella e tenera. Mi lascia completamente incantato davanti alla finestra, mentre sento avvenire qualche cosa di strano e inspiegabile all'altezza del cuore. Dopo essermi ripreso un po' dalla bella visione, mi allontano, richiamandola al cellulare.
«Che c'è?» mi domanda sottovoce appena ha risposto.
«Affacciati alla finestra, per favore» le risposto senza fare giri di parole, poi subito attacco al cellulare. Non so esattamente se mi ascolterà o meno.
Pochi secondi dopo la finestra viene spalancata ed il suo bel viso fa capolino da dentro. Il suo sguardo si poggia subito su di me. È stupita, ma sono certo di aver visto un mezzo accenno di sorriso.
«Tu sei completamente impazzito» mi dice in tono parecchio pacato, per poi rientrare e chiudere la finestra. Resto lì fermo come un deficiente, mentre la porta di casa viene aperta e lei mi fa entrare senza dire neanche una parola.
Mi chino verso di lei per baciarle la guancia, ma lei si scansa e devo ammetterlo, ci resto abbastanza male e sono anche parecchio confuso. Il suo sguardo è rivolto verso il basso e le labbra sono serrate.
«Mi odi? Non mi vuoi neanche più salutare?» le chiedo schiettamente, mentre lentamente le alzo il viso, facendo incontrare i nostri sguardi. Non voglio girare attorno alla situazione, voglio andare diretto al punto, perché sono preoccupato, ho paura.
«Non potrei mai odiarti, Ben» mi dice, avvicinandosi al mio viso e facendo scontrare le nostre guance per salutarmi. Poi si allontana bruscamente, iniziando a girare per la casa ed io la seguo, finendo nella sua stanza. Inizia a prendere tutti i suoi disegni, sistemandoli uno sopra l'altro e raggruppando tutte le matite che le sono servite. Da quel poco che riesco a vedere, direi che ha proprio molto talento.
«Perché mi stai evitando? Perché non vuoi uscire con noi ragazzi, stasera?» le domando mordendomi il labbro inferiore e guardandomi attorno. La scrivania è posizionata sulla destra e sopra di essa ci sono mensole e scaffali ripieni di libri, foto e ricordi di una vita. Sempre sulla destra c'è anche il letto, mentre di fronte c'è la televisione e l'armadio. Sulla parete lilla di fronte alla porta e di fronte a dove mi trovo io, si apre la finestra da cui si è affacciata lei.
«Io non ti sto evitando. O almeno, non sono l'unica che lo sta facendo. E comunque non mi sento bene, perciò non esco. Preferisco rimanere a casa al caldo» mi risponde imbronciata, guardandosi attorno.
Forse ha ragione, anche io in fondo non ho agito, non ho fatto nulla per stare in contatto con lei.
«Allora resto con te qui, non voglio che tu stia da sola» le dico ancora, ma lei non sembra molto entusiasta della mia proposta.
«Non fa niente, posso stare tranquillamente da sola. Guarderò un film» mi risponde come se non volesse che ribattessi ulteriormente, ma stasera io mi sento più determinato del solito.
«Per me fa, quindi o esci con noi, oppure restiamo io e te a vedere questo film» dico a mia volta con sicurezza. 'sta volta sono io a non volere che ribatta. Voglio stare con lei.
La ragazza mi dedica un'occhiataccia capace di bruciare un'intera foresta, ma io le dedico un sorrisino idiota. Probabilmente ora mi tirerà un ceffone.
«Resta qui, non ti muovere. Mi vado a preparare, così usciamo con gli altri» finisce per dirmi, sconfitta. Io in realtà sono parecchio soddisfatto e le dedico un grande sorriso.
Dopo che lei mi lascia da solo nella sua stanza, inizio a guardarmi attorno, guardando per lo più tutte le foto sparte. Ce ne sono alcune di quando era piccina, con i genitori o con i cugini, che sono tutte posizione sulle mensole, mentre sulla parete c'è un collage con varie foto con Fran. Poi noto vari pupazzi, fra cui quello di un cane gigante posizionati su una mensola posta in alto. Infine mi avvicino alla scrivania, dove lei ha poggiato i suoi disegni. Qui trovo anche qualcosa che mi appartiene: la mia sciarpa. Abbozzo un sorriso e sono contento che sia qui, perché credevo seriamente di averla persa, dopo averla cercata per un bel po'. Spero resti per tanto tempo con lei, così Rob si ricorderà di me.
Mi siedo sulla sedia davanti alla scrivania, guardando i disegni uno ad uno, maneggiandoli con cura per non rovinarli e resto parecchio colpito, perché è veramente brava. Mentre sono impegnato ad osservare un ritratto fatto dalla ragazza, sento un colpo di tosse e mi alzo di scatto, girandomi.
Lei è ferma davanti a me, vestita in modo molto semplice con un trucco leggero e i capelli legati in una treccia morbida che mi viene una gran voglia di slegarle per giocare con i suoi bei ricci.
«Andiamo?» le domando, senza spostare neanche un attimo lo sguardo dal suo viso. Lei annuisce e recupera la borsa dopo averla riempita di cose che sono sicuro siano per lo più molto inutili, poi dopo aver chiuso tutte le finestre, usciamo da casa sua.
Il viaggio in auto è compiuto in completo silenzio, con solo la musica della radio a farci da sottofondo. Io continuo a picchiettare le dita sul volante senza smettere, lei fissa fuori dal finestrino impassibile.
Vorrei parlarle, vorrei dirle tutto quello che provo per lei, ma ancora una volta resto in completo silenzio, senza sapere da dove iniziare. Non sono bravo con i sentimenti e non sono bravo ad esprimermi, se non attraverso le mie canzoni.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora