Cinquantatreesimo capitolo.

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Francesca's pov.
Sono sveglia da circa dieci minuti ed ho capito che questa sarà una di quelle giornate in cui l'unica cosa che ho voglia di fare è...niente.
Sono da sola a casa, perché Fe' mi ha detto di dover passare la mattinata in studio di registrazione per sistemare alcune cose del primo disco suo e di Ben che uscirà fra pochissimo. Dopo avermelo annunciato mentre ero mezza addormentata, mi ha stampato un bacio sulla fronte ed è uscito. Io ovviamente sono caduta di nuovo fra le braccia di Morfeo.
Adesso so solo che l'ultima cosa che voglio fare è alzarmi da questo meraviglioso letto che ha il profumo del mio ragazzo. Fosse per me, me ne starei qui, mezza nuda, per il resto della giornata, ma purtroppo, non credo di potere.

Resto a letto per un tempo indefinito, passato a mandare messaggi al mio ragazzo con scritto che mi manca. Di solito non mando questo tipo di messaggini. La metà delle cose che gli scrivo, contengono un "sei brutto" o cose molto simili.
Preferisco scrivergli cose dolci, solo raramente e quando mi viene spontaneo, perché credo sia più bello e sincerò così.
Solitamente le cose belle e significative gliele dico di sera, quando siamo stesi vicinissimi, con tutto buio attorno. Mi risulta anche più facile.
Sono una persona tanto estroversa e se una persona a pelle mi è simpatica, gli posso raccontare metà della mia vita in qualche minuto, però, quando si tratta di dire cose profonde e sincere, proprio mi blocco. Sono sempre in difficoltà in queste circostanze, ed è per questo, che parlo dei miei sentimenti e di ciò che provo, raramente e soprattutto, scrivendo.
Devo dire grazie alla scrittura, se ogni tanto, parlo di ciò che provo realmente. Senza di lei, non credo sarei in grado di farlo quasi mai, o comunque se pure ci riuscissi, ne uscirebbero frasi sconnesse, senza senso, che verrebbero fraintese e interpretate male.

Dopo essermi persa fra i miei mille pensieri, decido finalmente di alzarmi dal letto.
Lo ammetto, mi fa veramente strano svegliarmi in una casa non mia. Però è una stranezza positiva. Non so esattamente come questa cosa sia possibile, ma lo è.
La prima cosa che decido di fare è recuperare i vestiti che sono sparsi fra il pavimento e i bordi del letto. Poi decido di sistemare quest'ultimo e in generale il resto della stanza. Poi mi concedo una bella doccia calda.
Ho altri quindici giorni prima di scoprire il mio destino universitario e l'unica cosa che voglio fare ora è rilassarmi, dopo questo ulteriore stress avuto.
Non mi era passato neanche lo stress per la maturità, che è iniziato quello per il test d'ingresso all'università. Ritengo che tutto ciò sia veramente ma veramente ingiusto.
Ma ora non ci voglio minimamente pensare.

Mi metto comoda sul divano di casa Mascolo-Rossi e cerco qualcosa da vedere, mentre aspetto che il mio ragazzo torni.
Fra poco, inizierò anche a preparare il pranzo, anche se piuttosto che farlo, vorrei piangere. Sono completamente negata in cucina e non vorrei avvelenare me e Federico.
Per fortuna, qualche giorno fa mi sono fatta spiegare da mia madre come preparare qualcosa di semplice e veloce in cucina. Come sarà la resa? Boh, non credo di volerlo scoprire.
Federico mi manda un messaggino quando è uscito dallo studio di registrazione ed io in quell'esatto istante, mi alzo dal divano e mi dirigo verso la cucina.
Qualcuno preghi per me e per l'intera casa, sperando che non vada a fuoco tutto.

Nell'esatto momento in cui sto calando la pasta dalla pentola allo scolapasta, suona il citofono. Sobbalzo e la fortuna vuole che parte dell'acqua bollente che sta uscendo dalla pentola, finisca sulla mia mano.
Sono in procinto di imprecare e non so con quale forza non lo faccio.
Stringendo il labbro inferiore fra i denti, apro il portone del palazzo e successivamente anche quello di casa.
Credo di avere una faccia piuttosto devastata quando faccio quest'ultima cosa, perché Federico appena mi vede, mi dedica un'occhiata preoccupata, chiedendomi immediatamente cosa io abbia combinato.
«Senti, se ci sposeremo, cucinerai tu, io non sono capace. Ci ho provato, giuro» dico, senza neanche salutarlo e dirigendomi nuovamente in cucina, per mettere la mano sotto l'acqua gelata.
Da dove mi è uscita questa cosa? Con quale coraggio l'ho detto?
Secondo me, il dolore mi ha dato alla testa.
Dopo qualche secondo di silenzio assoluto, lui ridacchia, stampandomi un bacio sulla fronte.
«Buongiorno anche a te, amore» dice, per poi prendermi lentamente la mano dolorante.
Insiste per fasciarmela, nonostante la pasta sia ormai pronta e in fase di raffreddamento.
«Già farà schifo, meglio mangiarla ora, piuttosto che farla diventare anche fredda» borbotto io, con ancora le lacrime agli occhi per il dolore.
Ma lui non mi ascolta minimamente e mi trascina in bagno, prendo circa quindici creme e 28 metri di garza per fasciarmi la mano. Non vorrei dirlo, ma in versione dottore è piuttosto attraente.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora