Sessantunesimo capitolo.

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Roberta's pov.
Mi sono svegliata da poco e sono impegnata a sorseggiare il mio cappuccino.
Il telefono comincia a squillare ma io non subito me ne rendo conto, impegnata a fissare il vuoto, stanca e assonnata. O meglio, fisso il vuoto pensando alla serata di ieri, passata interamente con il mio ragazzo, stretti l'uno all'altro. Forse pure troppo, in alcuni momenti.
«Pronto?» dico al telefono, dopo averlo sentito e aver risposto.
Dall'altro lato, c'è un silenzio iniziale.

«Fra?» domando ancora. Il numero che mi ha chiamato è appunto quello della mia migliore amica, ma della sua voce, neanche un sussurro.
Penso di riattaccare, per riprovare a chiamare, pensando ci sia qualche problema di linea, ma la voce, strozzata dal pianto, della mia migliore amica, mi blocca.
Scatto in piedi, dicendo nuovamente il suo nome.
Non so cosa stia succedendo, ma so solo che mi sta salendo l'ansia.
Poi in qualche modo, cerca di parlare e mi chiede di andarla a prendere, anche se non riesco a capire immediatamente dove.
Alla fine, optiamo per farmi mandare la posizione dal telefono, altrimenti non ci arriverò mai.
Ho troppa paura. Non l'ho mai sentita stare così male e non so neanche cosa farò, quando la vedrò.
È sempre stato un mio problema: quando le persone che più amo stanno male, non so mai esattamente come agire ed ogni cosa che faccio, sembra sia inutile.

So che in alcune circostanze non posso fare molto, ma so anche di voler dare il mio massimo per rendere felici le persone che sono dentro al mio cuore.

Raggiungo la mia migliore amica il più presto possibile e la trovo seduta su una panchina nel parco dove mi ha portato il cellulare.
È ferma, immobile, con la testa chinata.
Senza neanche essermi avvicinata abbastanza per vederlo, so che sta piangendo e so che sta soffrendo.
Mi fiondo verso di lei, sussurrando il suo nome e stringendola a me.
Nello stesso instante, lei mi mette le braccia al collo e mi stringe più forte, singhiozzando.
Le accarezzo la schiena, mentre sento qualcosa di bagnato e caldo inumidirmi le spalle.
Poi mi siedo accanto a lei, spostandole i capelli dal viso e porgendole un fazzoletto.
«Mi puoi spiegare che cosa è successo? Ti hanno fatto del male? Perché sei qui da sola?» le domando, inondandola di domande.
Di solito parlo sempre con gran calma, facendo una domanda alla volta, ma ora come ora, la paura e la preoccupazione ha superato la razionalità e le abitudini.
«No, no, non mi hanno fatto nulla...» mi dice balbettando, parlando lentamente e sotto voce.
«E allora che è successo?» domando ancora, un minimo più tranquilla di quanto lo ero fino a 10 secondi fa.
Lei rimane in silenzio per un po', asciugandosi le lacrime e poi soffiandosi il naso.
Anche se so, che durerà così per poco, perché piangerà di nuovo.

Quando riprende a parlare, mi spiazza completamente.
«Io e Federico ci siamo lasciati» dice velocemente, come se non volesse dirlo veramente o comunque, non lo volesse sentire. Come se quelle parole, le facessero male quanto una pugnalata al cuore. Forse, è veramente così.
Ha gli occhi gonfi ed arrossati. I suoi begli occhioni blu, rovinati così.

«Ah?» reagisco stupefatta.

Era l'ultima cosa che mi sarei potuta aspettare.

«Ma come? Ieri era il vostro anniversario...» commento.
Forse le mie domande, non fanno che ferirla ancora di più, ma a questo penso solo dopo aver parlato, dopo aver già fatto il danno.
Non ci sto capendo proprio nulla.

So solo che la mia migliore amica sta soffrendo e sono sicura anche Federico, che ormai, è diventato un mio caro amico, a cui voglio bene veramente.
Ecco che, Fran, scoppia a piangere di nuovo, come avevo già ipotizzato prima.
Però almeno ora so a cosa sia dovuto tutto questo, anche se non capisco come ci siano arrivati a lasciarsi.
Ma per ora, se lei non riesce a dirlo, se dirlo le fa troppo male, non voglio neanche saperlo.
La mia curiosità viene molto dopo il suo stare bene.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora