Trentanovesimo capitolo.

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Francesca's pov.
Per quanto non voglia pensarci, nella mia mente ormai c'è solo una parola: MATURITÀ.

A volte le parole diventano addirittura tre però: ESAME DI MATURITÀ.
Forse dovrei smetterla e calmarmi, ma riesco solo a pensare al fatto che il mese di maggio è volato via troppo velocemente ed ora è passato anche l'ultimo giorno di scuola, prima della mia fine. La fine di un percorso durato ben 5 anni.
È stato difficile questo ultimo giorno, perché la mia emozione era alle stelle.
Alla fine però, ci siamo sentiti tutti più o meno strani, più o meno turbolenti, più o meno malinconici, perché ci siamo resi conto che dopo oggi, cambia tutto.
Abbiamo portato qualcosa di buono da mangiare in classe e abbiamo "festeggiato", cantando tante canzoni, fra cui una, che era di obbligo, ovvero "notte prima degli esami" di Venditti.
Canzone che sto sentendo ormai quasi tutti i giorni. La metà delle visualizzazioni alla canzone, saranno sicuramente le mie.
Al suono della campanella, l'ultima campanella, io sono scoppiata a piangere e tutti ci siamo guardati in faccia, straniti.
L'ultima campanella di scuola che sentiremo, è difficile da accettare.
Io continuo a pensare al primo giorno di superiori, che passai interamente da sola al primo banco, perché gli altri avevano trovato tutti un compagno mentre io no.
Ho pensato che non potesse andare peggio, ho pensato che non avrei mai fatto amicizia ed ho pensato che sarei rimasta sola per sempre. Non potevo sbagliarmi di più.
Certo, i primi anni sono stati difficili, perché non ero la persona più socievole o amata della classe ed ero ancora troppo ingenua per capire quali fossero le vere amicizie e quelle false, ma poi è andata bene, benissimo direi ed ora non potrei desiderare di meglio.
Se poi vogliamo considerare anche il lato amoroso, ho sempre pensato che nessuno mi avrebbe mai amato o considerato ed ora invece ho il miglior ragazzo del mondo.
Ma in fondo che ne potevo sapere, erano paure giuste, erano paure di una piccola ragazzina di quattordici anni che inizia una nuova avventura.
Ora l'avventura sta finendo ed io ho paura di nuovo, anche perché i cambiamenti non mi piacciono per nulla. Sono fastidiosi. Certo, diventano poi routine, però all'inizio sono difficili da gestire.
Fisso il libro di italiano aperto davanti a me. In realtà lo sto fissando da circa quaranta minuti, ma ho finito per pensare a tutto tranne che a studiare.
È finita oggi la scuola ed io già studio per l'esame.

In realtà lo sto facendo già da un po', perché ci tengo ad andare bene, anche se il voto con cui uscirò, non dirà probabilmente nulla di me.
Ora giuro che mi impegno a studiare.
In realtà vorrei scrivere, scrivere i miei pensieri sul mio fedelissimo quaderno dalla copertina blu. Vorrei scrivere lì come ora mi sento e sfogarmi, perché in questo momento, sento tanta emozione accumulata dentro.
Eppure, dovrò scrivere ben altro, tipo un riassunto del capitolo di italiano, sì.

Cercando di mantenere una soglia di attenzione almeno minima, inizio a scrivere sul foglio accanto a me, mentre ripeto ad alta voce le cose importanti da memorizzare.
Dopo aver scritto l'ennesima informazione più o meno importante, sento suonare il citofono. Sono leggermente confusa perché non aspettavo nessuno. Chiedo "chi è?" e dall'altra parte sento la voce del mio ragazzo che mi ha fatto una sorpresa.

Appena mi vede, mi dedica un sorrisone assurdo e per quanto vorrei dirgli che sapeva dovessi passare il pomeriggio a studiare, proprio non ce la faccio. Entra in casa e subito si stende sul mio letto, ormai conoscendolo abbastanza bene, mentre io mi siedo alla scrivania.
«Non ti stendi con me?» mi chiede, mentre io sono impegnata a leggere il primo rigo della nuova pagina aperta.
Probabilmente si aspettava un'accoglienza diversa ed io vorrei tanto accontentarlo. Ma come faccio?

«Amore, devo studiare...te l'avevo messaggio» borbotto dispiaciuta.
Credo ci sia rimasto male, a giudicare dall'espressione che prende il suo volto, ma io proprio non so come gestire la cosa.
«Fai come vuoi, allora» mugugna a sua volta, mettendosi le cuffie nelle orecchie.
Chiude gli occhi mentre è poggiato al mio cuscino che già so, prenderà il suo odore. Lo stesso odore che riuscirò a sentire tutta la notte, immaginando lui con me più che mai.
Non credo di averglielo mai detto che ogni sera passata da sola, senza di lui, lo immagino accanto a me che mi stringe, mi bacia e mi sfiora, mentre ripenso più che mai alla serata di San Valentino, a cui ne sono seguite altre più o meno simili.
Non credo di averglielo mai detto e forse non glielo dirò mai, perché alcune cose è meglio tenerle nascoste.
Mi giro verso il mio brutto libro che ho sempre odiato e che odio ancora di più in questo preciso istante.
Cerco veramente di studiare, ma non posso non pensare al mio ragazzo solo ed abbandonato alle mie spalle.
Diventa ancora più difficile concentrarmi quando lui inizia a canticchiare qualche canzone, lasciandomi incantata e con i brividi. È così bravo.
Mi giro, guardandolo nuovamente.
È ancora steso ad occhi chiusi.
Chiudo il libro, perché proprio non resisto e mi alzo dalla sedia, stendendomi accanto a lui.
«Non dovevi studiare?» mi dice in un tono fra il divertito e l'infastidito.
O forse lo interpreto io male, perché dopo mi dedica un sorrisetto soddisfatto.
Poggia un braccio sul mio fianco che mi scopre alzando leggermente la maglia bianca, grande e cosa più importante, sua, che indosso.
Gli dedico un'occhiataccia, ma quando lui ridacchia, non posso far a meno di rilassarmi a mia volta.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora