Venticinquesimo capitolo.

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Benjamin's pov.
Non credo di esser mai stato così nervoso per un appuntamento. Mi continuano a sudare le mani ed ho il battito cardiaco leggermente accelerato.
Ho impiegato più tempo del solito per prepararmi ed ho continuato a ripetere nella mia mente tutte le minime cose da fare, perché ci tengo che sia tutto per perfetto.
Quando tengo realmente a qualcuno, infatti, ci tengo veramente a renderlo felice. Perché diciamocelo, cosa c'è di più bello di render felici le persone che sono nel nostro cuore? Credo non ci sia nulla di più bello.
Prima di andare da lei decido di fermarmi dal fioraio per prenderle un mazzo di rose rosse. Le rose che ho fra le mani sono del suo colore preferito e spero vivamente che le piacciano e soprattutto, che non sia allergica. In realtà non ho mai sentito parlare di qualcuno che fosse allergico alle rose, ma non si può mai sapere.
In questo momento, se non si fosse notato, sono assalito da tantissimi dubbi, tantissime insicurezze ed ho paura di sbagliare qualcosa o peggio, sbagliare tutto.
Quando arrivo fuori al suo condominio, avvisandola per messaggio del mio arrivo, l'ansia mi assale ancora di più, non posso negarlo. Ho seriamente paura che qualcosa vada storto, perché purtroppo non si sa mai, la vita è così: un attimo primo ti fa sentire invincibile e l'attimo dopo ti fa capire che non lo sei, distruggendoti. La vita è troia, molto semplicemente. Però oggi, voglio avere un minimo di fiducia in lei, voglio sperare che un po' di bene voglia pure a me.
Guardo il cielo, dove si incontrano l'arancione, il rosa ed il giallo perché il sole sta tramontando. Il sole mi ferisce leggermente gli occhi, così li socchiudo, avvicinando una mano alla fronte per farmi ombra.
Rob apre la portiera dell'auto ad un tratto e si fionda all'interno, stringendosi nel suo cappotto scuro. Non riesco a vedere cosa indossa, ma credo sia un vestito, perché al momento posso vedere solo il bordo inferiore di questo, le calze che indossa e un paio di stivaletti. Credo abbia parecchio freddo, quindi decido immediatamente di accendere l'aria calda nell'auto, per poi prenderle il viso fra le mani e baciarla piano, probabilmente sporcandomi di rossetto scuro che indossa. Le sue mani freddissime, finiscono sulle mie, facendomi sobbalzare visibilmente.
«Scusami!» esclama lei immediatamente, mentre le sue guance diventano più rosa del cielo su di noi. Devo essere sincero, quando fa così mi fa sciogliere e addolcire.
Le chiudo le labbra con un bacio, per poi sussurrarle che non c'è bisogno che si preoccupi, che non fa nulla se sono fredde le sue mani, perché mi interessa solo che lei sia con me e mi sfiori sempre con la delicatezza che lei mette nel fare praticamente ogni cosa.
Prendendo i fiori –poggiati fino ad ora sul sedile posteriore- vedo i suoi occhi sgranarsi e brillare e quindi mi sa che le sono piaciuti, cosa che mi fa sentire magicamente più leggero e tranquillo.
Porta le rose vicino al viso, annusandole e ammirandole, mentre io fisso lei.
Mentre guido, con la mia mano destra prendo le sue di tanto in tanto, cercando di scaldargliele in qualche modo e lei, puntualmente, intreccia le mie dita con le sue, dedicandomi sorrisi dolcissimi e radiosi. Dopo una buona mezz'ora di guida, poso l'auto in un parcheggio vicino al luogo –che non ho ancora rivelato alla mia ragazza- dove dobbiamo andare.
Lei mentre mi tiene la mano, mi guarda curiosa e con le sopracciglia leggermente aggrottate, mentre continua a domandarmi dove io la stia portando. Passiamo fra persone di tutte le età, che passeggiano lungo il largo marciapiede dove camminiamo anche noi.
«Fidati di me, ti piacerà» le dico con un sorriso, mentre anche le sue labbra si incurvano in un sorriso.
«O almeno, spero ti piacerà» aggiungo subito, per poi stamparle un piccolo bacio a stampo, dopo il quale le sue guance si tingono di un rosa molto intenso. Mi sa che le dimostrazioni d'affetto –specialmente in pubblico- l'imbarazzino molto.
Camminiamo lentamente, fino a ritrovarci nel posto in questione. È un palazzo bianco con alcune rifiniture scure, posto al di sopra di una lunga scalinata che porta alla grande porta centrale principale ed ad altre due porte più strette.
Rob mi guarda confusa –e probabilmente molto curiosa-, incoraggiandomi a spiegarle cosa faremo in questa struttura che io trovo molto affascinante.
«Ti sto portando ad una mostra di un fotografo emergente. Di solito vengo a questi eventi da solo, però ti ho portato qui perché volevo passare una giornata con te e perché tu ami l'arte e sai apprezzarla» le racconto, mentre iniziamo a salire la lunga scalinata bianca.
«Credo sia stata un'ottima idea. E...grazie per il complimento. Non mi ritengo proprio una critica d'arte, ma la amo ed è una mia passione» mi risponde lei con un grande sorriso.
Il suo sguardo –una volta dentro- è luminoso e passa da destra a sinistra, da una foto all'altra e non sa dove fermarsi, perché c'è tanta, tanto bellezza qui dentro. In realtà anche io mi trovo in difficoltà su dove puntare i miei occhi e quindi questi finiscono per guardare prima una foto, poi Lei e poi di nuovo una foto. Mi soffermo su di lei, sul suo viso ed il meraviglioso vestito –che ora vedo, perché ha tolto il cappotto- che indossa, che le fascia perfettamente il bacino, mente la gonna è più larga. Il vestito è blu scuro e sopra questo colore che fa da "sfondo", c'è un materiale leggermente brillantato. È stupenda.
Camminiamo ancora per la grande sala allestita, trovandoci di fronte una fotografia di New York in bianco e nera, fatta da una posizione rialzata rispetto alla strada.
«è una delle foto più belle che io abbia mai visto di New York» dice la mia ragazza, che sembra più felice di prima, dopo aver visto questa foto.
«Certo, sono di parte, perché amo quella città» mi spiega poi, gesticolando animatamente, attirando l'attenzione di un uomo di mezza età che le passa accanto. Quando si rende conto dello sguardo sconosciuto posto su di lei, arrossisce.
«Anche io amo New York. Mi attira tantissimo come città e ho promesso a me stesso che ci andrò, prima o poi» le rispondo io. Magari potrei andarci un giorno con lei. Continuiamo la nostra visita e mi rendo conto che si sta creando una gran bella complicità fra di noi, cosa che mi fa capire quanto io abbia fatto bene a portarla qui, oggi. Poggio di nuovo lo sguardo su di lei, stringendola a me, tenendola per i fianchi. Appena i nostri occhi s'incontrano, non posso evitare di tirarla ancora di più a me e baciarla, mente le mie mani salgono a stringerle dolcemente il viso.
Nel frattempo, un rumore nuovo rispetto al vocio costante raggiunge il mio udito e pochi secondi dopo, un giovane uomo si avvicina a me e alla mia ragazza che intanto ci siamo staccati.
è un ragazzo che avrà qualche anno in più a me. È vestito elegante, ha i capelli scuri tagliati molto corti, come anche la barba e con un accento che mi ricorda quello francese, ci racconta di quanto possa fargli piacere il vedere giovani coppie interessate alle sue opere. Noi, curiosi, l'osserviamo, facendogli poi i complimenti per la bellissima mostra e per le sue bellissime fotografie. Noto solo successivamente che ha una macchina fotografica fra le mani.
«Se mi darete il permesso, alla mia prossima mostra farete parte anche voi di una delle mie opere» borbotta lui, mentre io e la mia ragazza ci dedichiamo uno sguardo molto confuso. Il fotografo allora decide di mostrarci lo schermo della sua macchina fotografica, dove possiamo notare una foto scattata a noi. Si vedono le nostre sagome vicinissime in penombra, al centro della sala dove ci troviamo, mentre alle nostre spalle si vedono le fotografie esposte ed illuminare. Non posso evitare di accennare un sorriso, mentre vedo gli occhi della mia ragazza che s'illuminano. Non potremmo mai vietare il permesso a questo giovane uomo che segue la sua passione. Dopo aver ricevuto il nostro permetto, il fotografo si volatilizza, lasciando me e Rob nuovamente soli. O meglio, soli, ma accompagnati e circondati da opere d'arte.
«Abbiamo visto tutto, credo. Ce ne andiamo?» domando alla mia mora che annuisce. Così mano nella mano, usciamo dalla grande struttura dove abbiamo passato un'oretta più o meno.
«Piccola, ti piace il sushi?» le domando, speranzoso che la risposta sia positiva.
Mi risponde di no.
Ma pochi attimi dopo, probabilmente a causa della mia espressione preoccupata, mi dice che scherzava e che in realtà le piace. Mi rilasso nuovamente ed inizio a canticchiare, mentre torniamo al parcheggio dove ho lasciato l'auto. Fra un po' si mangia!

Roberta's pov.
Ho passato un pomeriggio meraviglioso insieme a Ben. Mi ha fatto sentire speciale ed importante. Non mi ha tolto gli occhi di dosso neanche un momento, nonostante fossimo circondati da fotografie bellissime che meritavano di essere osservate molto di più di me. In più, ha capito a pieno il mio amore e la mia passione per l'arte, cosa che nessuno aveva ancora fatto così bene.
Ora il mio pensiero fisso è la fotografia che il fotografo della mostra ci ha scattato lì. Voglio vederla assolutamente al più presto.
Persa in questo pensiero con un sorriso stampato in volto –che cerco di coprire come sempre con una mano, visto che lo odio- non mi accorgo del fatto che il mio ragazzo abbia fermato la sua auto e mi stia fissando.
Prende lentamente la mano che ho davanti alle labbra e la sposta con delicatezza.
«Non ti coprire, sei così bella» mi incita, stampandomi un leggero bacio, per poi informarmi che siamo arrivati nuovamente alla meta desiderata. Poi scende dall'auto ed io faccio lo stesso, mettendomi accanto a lui, avvicinandoci poi assieme ad un ristorante dall'insegna nera e rossa. Anche all'interno sono questi i colori che prevalgono e rendono l'atmosfera molto calda ed accogliente.
Ci sediamo ad un tavolo apparecchiato per due, mettendoci uno di fronte all'altro.
Lascio ordinare a Ben sia per me che per lui, perché in realtà ho mangiato sushi soltanto una volta e non so esattamente cosa ordinare. Prima che l'ordine arrivi ci vuole un bel po', quindi io e Ben nel frattempo parliamo delle foto viste, delle ultime novità lavorative e non. Iniziamo a guardarci attorno, osservando gli altri clienti del locale ed iniziando ad immaginare cosa possano fare nella vita.
Lo facevo sempre da piccola per perdere tempo ed adesso lo rifaccio insieme al mio ragazzo, con cui inizio a sparare le idee più strambe, ma che ci permettono di divertirci e ridere. Io mi sento molto spensierata, in questo momento.
Dopo un'attesa più o meno lunga, il nostro tavolo viene inondato di cibo ed io mi rendo conto che usare le bacchette per mangiare non sarà per nulla semplice. Le prendo fra le mani e con difficoltà cerco di prendere il primo rotolino di cibo, fallendo miseramente. Lo stesso avviene per le due mie prove successive, poi mi faccio prendere completamente dallo sconforto, mentre Ben mi guarda e ridacchia, facendomi innervosire ancora di più, tanto da ricevere una grande occhiataccia da parte mia.
«Ti aiuto io» si offre gentilmente. Così io gli offro le mie bacchette che lui si sistema fra le dita. Con queste prende un pezzetto di cibo e lo avvicina al mio viso, ricevendo un'occhiata abbastanza confusa da parte mia.
«Non mangi?» mi domanda divertito, aspettando fermo immobile la mia risposta, o una mia azione.
«Sai, credevo di essere abbastanza grande da poter mangiare autonomamente» gli rispondo io convinta, arricciando le labbra.
«Ti ho visto molto in difficoltà, quindi oggi ti aiuto io» mi risponde lui, deciso. Ed effettivamente non mi lascia mangiare da sola fino a quando non è rimasto l'ultimo pezzetto di sushi nel mio piatto. Credo di avere il viso completamente in fiamme e sono molto in imbarazzo, mente lui sembra essere molto rilassato e contento.
«Questo pezzo qui invece lo mangi da sola» annuncia per poi ridacchiare, mentre prende la mia mano destra con le sue e mi sistema le bacchette fra le dita. Mi mostra poi come fare ed io lo imito, anche se in tutta sincerità mi sono persa leggermente a studiare ogni lineamento del suo viso. Osservo attentamente chi mi sta di fronte e mi rendo conto che mi piace sempre di più.
Appena torno alla realtà, riesco a mangiare senza fare pasticci e ricevo un applauso dal mio ragazzo, che ci mette decisamente troppo entusiasmo e fa girare due coppie sedute al tavolo accanto, che sembravano molto prese dalle loro conversazioni.
«Imbarazzante, davvero» borbotto per poi ridere e lui fa lo stesso, per poi avvisarmi che andrà a pagare il conto, così potrà portarmi all'ultima tappa di questo nostro primo appuntamento. Io intanto decido di chiudermi nel bagno del locale per risistemarmi il trucco e sentirmi un po' di più a mio agio. In realtà, più guardo il mio ragazzo e più non capisco cosa possa piacergli di me.
Uscendo dal grande bagno del ristorante, recupero il mio cappotto e la mia borsa e dopo aver indossato il primo, Benjamin si mette accanto a me e tenendomi i fianchi, mi guida fuori dal locale. Riprendiamo nuovamente l'auto e sfrecciamo in giro per la città.
«Ma tu sei instancabile?» gli domando con serietà ad un certo punto.
Stiamo andando avanti ed indietro da oggi pomeriggio e lui non sembra per nulla stanco, neanche minimamente.
«La verità è che quando faccio ciò che mi piace, o faccio qualcosa per qualcuno a cui tengo particolarmente, la stanchezza ad un certo punto non m'interessa più. Sai, quando fai qualcosa per rendere felice te stesso o le persone a cui tieni, non ti interessa proprio quanto tempo o energia impieghi, perché vuoi solo arrivare allo scopo finale» mi risponde seriamente, guardandomi solo un attimo, per poi riportare il suo sguardo sulla strada.
Mi colpisce la sua risposta, anche se pensandoci, è tutto vero. Ancora una volta, mi fa sentire speciale.
Dopo aver sorriso, gli sfioro e gli accarezzo la mano destra ferma sul cambio dell'automobile.
Più tardi, parecchio più tardi, la strada scarsamente illuminata inizia a rivelare la spiaggia ed il mare. Ma quanto tempo è passato? Quanta strada abbiamo fatto?
«Mi hai portato al mare? Ma tu sei pazzo!» gli dico, alzando un po' il tono della voce, cosa che faccio molto raramente.
«Non preferisci la montagna, vero? Dovevo chiedertelo prima...» domanda preoccupato, impegnato contemporaneamente forse a decidere dove fermare la propria auto.
«No tranquillo, amo il mare. Solo non mi sarei mai immaginata mi avresti portato al mare» rispondo semplicemente, abbassando il finestrino dell'auto e sentendo l'odore di salsedine e il rumore delle onde che si infrangono contro gli scogli.
Ben parcheggia la sua auto e mentre scende da questa, prende dai sedili posteriori dell'auto la propria chitarra, che non avevo ancora notato, forse perché oggi sono troppo emozionata.
Ci sediamo su di un muretto di un lido chiuso, osservando il mare scuro, mentre il vento ci fa rabbrividire violentemente.
Poco dopo però i miei brividi sono causati da Benjamin che inizia ad intonare le prime note della mia canzone preferita. Inizia a cantarmi "Fix You", guardandomi intensamente tutto il tempo.
Io non riesco a calmare la mia pelle d'oca, i brividi ed il mio sorriso, che 'sta volta non copro, perché sono troppo impegnata ad osservare incantata il mio ragazzo. Al ritornello, mi salgono le lacrime agli occhi e cerco di non darlo a vedere, incolpando il vento che mi finisce in faccia e mi fa lacrimare.
Dopo aver cantato anche l'ultima parola, senza darmi il tempo di dire nulla, mi chiude le labbra con un bacio. A questo ne seguono altri dieci, o forse cento, non so, ho perso il conto.
So solo che restiamo lì per parecchio a baciarci e a bisbigliare, parlando di musica.
Gli chiedo come abbia saputo chi siano i miei artisti preferiti e la mia canzone preferita in assoluto.
Mi risponde che è un ottimo indagatore, facendomi salire ancora di più molta curiosità.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora