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-Guarda te cosa mi tocca fare- esclamai indignata mentre gattonavo per il corridoio buio e stretto.
Dopo essere entrata avevo sentito delle voci, quasi dei sussurri, per non rischiare mi ero catapultata dietro la prima porta e ora mi ritrovavo in quella situazione, un lungo corridoio buio come un pozzo, che si spingeva sempre più nella profondità del castello.
Avevo ormai abbandonato l'idea di tornare indietro visto che ormai ero li e se, come nei film, le profondità nascondevano sempre delle segrete, i miei amici potevano già esserci finti dentro per quanto se sapevo.
Le orecchie sempre all'erta, un fioca luce viaggiava poco distante da me, illuminando quel poco che bastava per vedere dove stessi mettendo palmi e ginocchia.
Ad un certo punto il corridoio si allargò, mi fermai qualche secondo controllando se potessi alzarmi o meno e constatai che la mia altezza me lo permetteva.
Bassezza più che altezza.
-Perché si può anche dire bassezza giusto? -
Ovvio.
Lasciai perdere e continuai la mia esplorazione.
- No, ma davvero? Siamo seri? - frustrata toccai la parete davanti a me, lanciai esasperata un gridolino girando la testa verso dove ero venuta. La più totale oscurità.
Guardai la piccola macchia bianca vicino a me scodinzolare.
- Deve per forza portare da qualche parte. Non può esserci un tunnel a caso senza via d'uscita! - dissi tirando un pugno al muro.
Una leggera scarica di dolore si riversò nel braccio.
- Tutto tuo - dissi al demone.
- Perché lasci sempre a me il lavoro sporco? - mi chiese sbuffando.
- Perché ti piace? - domandai retorica.
- Odio darti ragione - disse prima di scagliarsi come un'ombra addosso alla parete. Il problema che con lei, mi mossi anche io, per ovvi motivi, sentii la solita energia scorrere attraverso le vene e diventare incandescente.
-Se ha funzionato una volta, funziona anche la seconda. - disse poi soddisfatta del risultato.
- Anche io odio darti ragione, non preoccuparti- mi massaggiai la spalla dolorante mentre scavalcavo con attenzione i resti del muro; mi guardai attorno, usufruendo della luce che imperlava le scaglie ancora bollenti dell'apertura dietro di me.
Era una stanza piuttosti vuota, immersa nel buio e con soltanto due brandine ai lati, qualche secchio riverso a terra e un tavolo al centro di tutto. Varie catene ciondolavano dalle pareti scure.
- Bingo - sussurrai impercettibilmente camminando verso un portone di legno massiccio intarsiato di ferro o chissà quale altro materiale.
Non feci in tempo a fare due passi che venni afferrata con decisione al polso, cercai di divincolarmi mentre la stretta diventava sempre più soffocante, feci diventare bollente la superficie della mia pelle senza ottenere risultati.
Mi bloccai.
Immobilizzata da ciò che il mio naso aveva appena fiutato.
Inspirai un'altra zaffata di quell'odore tanto celato dalla puzza di chiuso e marcio della stanza. Smisi di divincolarmi.
Non può essere lui.
- Chi sei? - mi chiese la voce alle mie spalle con tanta rabbia da bruciarmi i timpani.
Le ginocchia iniziarono a cedermi.
Non può essere lui.
- Non starò a ripeterlo un'altra volta! Dimmi chi sei o giuro che rimpiangerai di essere entrato in questa stanza! - avvicinò il suo viso ai miei capelli.
Lo sentii irrigidirsi.
Passarono secondi, forse minuti, in cui il silenzio ci circondò grave.

La presa sui miei polsi si sciolse leggermente, senza però lasciarmi andare.
- Non è possibile - sentenziò. - Sophia? - chiese con voce rotta.
Mi girai, guardando il suo volto illuminato solo per metà, gli zigomi alti incorniciati da una folta barba mentre due pozzi neri mi scrutavano lucidi mentre qualche ricciolo castano brizzolato gli scendeva davanti sugli occhi.
- Papà - dissi fiondandomi tra le sue braccia. Mi strinse forte al petto come se avesse paura di perdermi, paura che fosse solo un sogno.
Sentii una lacrima bagnarmi il viso, alzai gli occhi e notai l'uomo cercare di fermare le altre che stavano per scendere.
- Otto anni...otto lunghi anni in cui ho sperato ardentemente di poterti rivedere... Certo avrei preferito in un altro luogo e in un'altra situazione ma... caspita bambina mia, quanto sei cresciuta - disse con voce rotta e il sorriso più vero che io avessi mai visto.
Ricambiai con altrettanta foga mentre non riuscii a trattenermi. Iniziai a singhiozzare mentre mi strinsi più a lui senza riuscire a rispondergli.
Avevo dieci anni l'ultima volta che lo avevo visto e a parte le rughe e le profonde occhiaie che solcavano il viso, rimaneva sempre il padre che durante l'infanzia mi portava al parco giochi comprando le caramelle senza che mamma lo sapesso, lo stesso sorriso cristallino e i folti capelli ricci in cui tanto mi piaceva affondare le mani.
- Non sai quanto mi sei mancato pa' - dissi asciugandomi le lacrime con il dorso della mano.  - Quanto mi siete mancati! - aggiunsi senza riflettere.
Vidi il suo sguardo farsi cupo, il sorriso spegnersi e diventare una smorfia.
Si trascinò vicino al tavolo al centro della stanza e ci si appoggiò con fare trasandato, colpito dall'improvvisa stanchezza che rendeva le sue spalle, una volta forti e alte, magre e curve.
Intuii di aver toccato il tasto dolente.
- Dov'è la mamma? - gli chiesi in un sussurro.
Lui abbassò lo sguardo.
- Non ce l'ha fatta. Era una creatura della luce... stare nell'oscurità per tutto questo tempo l'ha indebolita troppo. Ha cercato fino all'ultimo una soluzione per scappare da qui, eravamo anche riusciti ad uscire e vivere per un periodo al cospetto...del Re. - si fermò come se stesse rivivendo i ricordi.
- Uno sbaglio. Un piccolo ed insulso errore gli è costato la vita - rabbia, una rabbia cieca lo faceva risplendere di un'aurea rossa come il sangue...la stessa che possedevo io.
Caddi sulle ginocchia, pervasa da un'infinita tristezza. Se solo mi fossi mossa prima la mamma poteva ancora essere viva...se avessi saputo di ciò che ero...di ciò che potevo fare, li avrei potuti salvare...entrambi.
Mi sentivo in colpa, stupida e arrabbiata con me stessa. Per tutto quel tempo, prima dell'arrivo di Sebastian la mia esistenza era basata sull'insulsa vita di un normale umano, quando invece io ero l'unione di ciò che poteva definirsi il bene ed il male.
Luce ed ombra.
Sentii il fuoco ardere dentro di me, accumularsi ad una velocità sovrumana e scorrere senza niente che potesse fermarlo.

Poi tutto si spense, o perlomeno, tutto rimase lì dov'era ma riuscivo a controllarlo.
Mio padre mi stava abbracciando, sentivo i suoi gemiti di dolore mentre cercava di farmi tornare in me.
Mi abbandonai totalmente a lui, mi lasciai cullare, travolta dalle scoperte degli ultimi cinque minuti.
Passò un po' di tempo in cui le sue grandi mani mi accarezzarono la testa con una dolcezza immane, mentre sussurrava che ora però era lì, era presente e non mi dovevo più preoccupare.
Quando mi fui ripresa abbastanza da poter stare in piedi, slacciò un piccolo cordoncino che aveva legato al collo. Me lo porse chiedermelo stretto nel pugno.
- Lei volevo che lo avessi tu, ha detto che avresti saputo come usarlo. È l'oggetto a cui ha lavorato fino alla sua morte e che riporterà lui alla normalità. -
Aprii la mano.
Il ciondolo era molto semplice, una spirale di ferro scuro, sembrava quasi liquido e una pietra incastonata nel centro. Assomigliava ad uno zaffiro, ma dentro di esso si stagliavano mille sfumature diverse in base all'angolazione da cui lo guardavi.
- Lascia..- disse mentre lo riprendeva e me lo allacciava dietro al collo.
Si illuminò quando, all'altezza del cuore si appoggiò; sentivo il metallo gelido conficcarsi nella carne, feci una smorfia di dolore fino a che ritornò ad essere una "semplice" pietra.
Energia, energia pura. La sentivo accumularsi tutta in quel medaglione.
Alzai lo sguardo incrociando due occhi neri come le tenebre dell'uomo che mi aveva messa al mondo.
Mi sorrise, un sorriso triste e dolce.

Ad un tratto cacciò un urlo mentre balzava in avanti girando su se stesso.
Fu in quel momento che vidi il cucciolo di tigre con le zanne conficcate nel didietro del povero uomo.
Mi misi a ridere.
- Hey Logan, è tutto a posto. È mio padre, molla l'osso! - dissi cercando di staccarlo.
- Cosa caspita è quello scricciolo - disse massaggiandosi il gluteo dolorante quando finalmente riuscimmo a staccare l'animaletto.
- Oh, lui è Logan, l'ho trovato venendo in qua... credo sia una tigre bianca. Come me...e la mamma. - dissi guardandolo ringhiare a mio padre.
- Fai il bravo - lo ammonii mostrando le zanne.
Di rimando sbuffò lanciando un'ultima occhiata verso la sua vittima.
Quest'ultimo parve sorpreso.
- Non pensavo ce ne fossero ancora - disse avvicinandosi leggermente, per poi ritrarre la mano.
- Si bhe, neanche io. In ogni caso, dobbiamo uscire da qui. Ci sono dei miei amici he sobo intrappolati da qualche parte nel castello e devo aiutarli. - dissi tutto d'un fiato.
- Amici? Qui? - mi guardò di sottecchio. - Addirittura - disse scrollando le spalle e scrocchiandosi le dita delle mani.
- Allora dobbiamo muoverci. Il castello è protetto da una magia illusoria. Per cui i tuoi...amici...saranno dispersi un po' ovunque mentre rincorrono soltanto l'immagine di ciò che desiderano di più dal profondo del cuore. È una magia a cui è praticamente impossibile liberarsi, molte sono le anime che girano per il castello senza pace - continua a dirmi mostrandomi i polsi.
- Dovresti riuscire a romperle - dice poi senza lasciarmi parlare ed indicando delle manette che prima non avevo notato.
- Mi impediscono di usare la magia - mi spiegò interpretano la mia alzata di sopracciglio.
Annuii distratta mentre, avvicinandomi agli oggetti in questione, accumulavo una scarica di energia.
Lo guardai un attimo negli occhi prima di sferrare l'attacco.
Un tintinnio decretò il frantumarsi in mille pezzi delle manette.
- Tutto qui? - dissi aspettandomi chissà cosa.
- Sai com'è, non tutti i giorni capita di avere dei visitatori nel regno di ghiaccio - disse massaggiandosi i polsi.
Il piccolo zaffirosi illuminò leggermente per qualche secondo.
- Bene, ora possiamo andare - disse sfondando senza fatica il portone chiuso alla fine della stanza.
Rimasi un attimo interdetta.
Com'è possibile che tutto sia così semplice?
Non ci pensai troppo, varcai l'uscita seguita a ruota da Logan mentre mio padre sembrava rinvigorito e soddisfatto di sé stesso.
Avidentemente il rumore aveva attirato l'attenzione, dovemmo aspettare poco tempo prima che delle ombre sbucassero fameliche da dietro un corridoio buio.
- È arrivato il momento di divertirsi. Tu fai quelle a sinistra - mi disse prima senza lasciarmi altra scelta che coprirgli il culo sul lato che mi aveva appena affidato.
- È così che mi ringrazi per averti fatto uscire da quel buco? - gli dissi ad alta voce per farmi sentire, iniziando a sferrare colpi luminosi verso le creature oscure.
Sbucavano dal nulla come niente fosse, una dopo l'altra.
- Li vuoi salvare si o no i tuoi amici? - mi chiese ridendo mentre avanzava senza difficoltà.
Mi immaginai il branco disperso per il castello, come proiettili vaganti; sferrai una sfera di energia più luminosa delle altre creando una perfetta strage.
Che benessere.
- Ora riconosco mia figlia! - disse mollandomi una pacca sulla spalla, orgoglioso.
Gli sorrisi, iniziando a capire cosa volesse dire essere un demone...









Che ne dite? Un'idea dell'ultimo secondo venuta fuori dal nulla.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero, come al solito, di non aver fatto troppi errori😂.
@_ph.acido_ su instagram > se vi interessa sapere un po' chi sono.
Un bacio da Acida😋

•°Ice Eyes°•  [INCOMPLETA] :(Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora