Il ritorno inaspettato.

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Neanche cinque minuti dopo arrivo alla Starbucks, parcheggio nello spiazzo di fronte e, dopo aver preso un bel respiro, apro la portiera della mia auto e mi dirigo dentro.

Amo questo luogo, è incredibilmente accogliente e, ogni volta che vengo a farci colazione con Oliv, incontro sempre la mia adorata cassiera Serena, che di tanto in tanto mi offre del caffè gratis. I divanetti color pastello mi sono sempre piaciuti molto ed inoltre i piccoli tavolini da tè sono comodi e colorati.

Mi siedo su uno degli sgabelli, posti davanti al bancone principale, e attendo con ansia.

Sinceramente non so se verrà Jamie. Non ha risposto al mio messaggio e sembra non aver afferrato molto bene il concetto di ''niente ritardi''. Ma cosa posso aspettarmi? L'ho trattato malissimo e me ne pento, eccome se me ne pento. Ricordo i suoi occhi vuoti e spenti all'ospedale, la paura che lo attanagliava e i ricordi tristi che riaffioravano nella sua mente. 

Sono stata proprio una sciocca...

Devo riprendermi. Io mi sono comportata così per diversi motivi validi. Jamie non può sempre trattarmi come se fossi uno zerbino su cui pulirsi le scarpe, deve parlare con me, deve esprimere i suoi sentimenti, le sue sensazioni con me. Cavolo, sennò cosa siamo fidanzati a che fare?

Oh. Un piccolo particolare...Noi ancora non abbiamo definito il nostro rapporto, perchè è tutto un tira e molla. Lo potrei definire un ''Ci baciamo e poi litighiamo''.

Oramai sono già quindici minuti che aspetto e tutte le mie speranze sono affondate in un pozzo profondo. Non verrà. Mi odia. 

-Ti porto qualcosa?.- 

Vengo risvegliata dai miei pensieri dalla giovane cameriera, che lavora qua solo da qualche giorno.

-Uh? Oh... un caffè freddo.-  Freddo come il mio cuore e i miei sentimenti.

La cameriera si appunta la mia ordinazione e corre dietro il bancone.

Nel frattempo tiro fuori dalla mia piccola borsa il mio Iphone e compongo il numero di Jamie.

Resto a fissare la combinazione numerica per un bel po'. Non so se chiamarlo, forse passerei da disperata oppure da cretina. 

Al diavolo, se vuole fare pace con me quanto lo voglio io deve essere lui a chiamare o messaggiare. Lui è l'uomo. Giusto?

-Ecco a te, il tuo caffè freddo.- 

La ragazza mi porge il bicchere trasparente, contenente il liquido nero.

-Grazie, come ti chiami?.- Decido di iniziare a fare un po' di conversazione, così da dimenticarmi per un po' Jamie.

-Emmaline, tu?.- Mi chiede, mentre passa uno strofinaccio sul ripiano del bar.

-Ginevra,  ma tutti mi chiamano Gin.- Rispondo, girando insistentemente il cucchiaino nel caffè.

-Triste?.- Mi domanda, improvvisamente.

Annuisco.

-Ragazzi o scuola?.-

-Ragazzi, dannatissimi ragazzi, o meglio, dannatissimo ragazzo.- Sospiro.

-Ti capisco, ti va di raccontare?.-

-Troppo complicato, troppo confusionale, troppo doloroso.- Ribatto, con amarezza.

-Dai...non fare così il mondo è pieno di bei fustacchioni!.- Mi dice Emmaline, sorridendomi.

Sorrido a mia volta, pensando ''Sì, ma nessuno è come Jamie''.

Pago il mio caffè, nonostante Emmaline abbia continuato a dirmi che me lo avrebbe offerto lei, e mi dirigo in auto.

Percorro tutta la strada, che porta a casa di Oliv, e parcheggio di fronte a casa sua.

Odiarsi per poi amarsi || Jamie Campbell BowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora