Capitolo 3

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"Confondiamo spesso l'essere asociale con l'essere una persona che ha imparato nella vita a scegliere bene chi avere intorno a sè"
K.Reeves

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Sono a mala pena le sei in punto.
Le sei in punto di mattina.
E sento un forte bussare alla mia porta.

-Signorinaaa!!!-
Sento una voce acuta, forte e irritante.
Mi rigiro nel letto.
-Si svegli!-

Fisso il soffitto sperando che quella persona a me sconosciuta se ne vada.
Esiste una cosa chiamata sonno.
Io adesso ho sonno e voglio continuare a dormire.

Colpi.
Altri colpi.

Chiudo gli occhi.
Fa che se ne vada...

Colpo.
Colpo.
Colpo.

Mi alzo sbuffando, senza badare minimamente al mio aspetto e con poca delicatezza, apro la porta.

Mi ritrovo di fronte un ragazzo;
Ma non come i soliti fustacchioni che ci sono qua in giro.

Un ragazzo di corporatura minuta, parecchio magrolino e alto più o meno come me.
È magro e slanciato ma non ha molti muscoli.
Guardo il suo viso pallido, pieno di lentiggini chiare e due occhi castani molto grandi, che gli danno un'aria da cerbiatto.
Ciuffi di capelli neri cadono in modo disordinato sul suo viso magro ed espressivo.

Ma mi basta vedere il modo in cui è vestito per capire che...
-Noi siamo colleghi...- mi porge la mano.
-È un piacere sono Kevin e tu devi essere Natalie...- guarda i miei capelli, quasi schifato.
Probabilmente non ho un bell'aspetto...ma alle sei di mattina nessuno in teoria è bello e affascinante.

Gli stringo la mano, guardandolo negli occhi.
-Di solito alle sei di mattina sono ancora nel mondo dei sogni, potevi aspettare le 8- dico appoggiandomi alla porta e incrociando le braccia.
Lui le spalle.
-Non scelgo io gli orari- si giustifica con un tono di voce più basso.

Alzo gli occhi al cielo e lo osservo meglio, con più attenzione...
la tuta da meccanico blu gli sta parecchio larga, sul busto c'è molto spazio e le maniche superano di gran lunga la lunghezza delle sue braccia.
Un po' come a me.

-Dovresti vestirti...- Kevin arriccia il naso continuando ad analizzarmi.
Non so bene cosa stia passando per la sua testa, ma il suo modo di guardarmi è parecchio inquietante, mi sento un po' a disagio...

Così per la milionesima volta, cerco di non urlare contro a nessuno e rispetto le regole.

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-...Non è male- dice con un sorrisetto fissandomi.
-Sembro un mirtillo- rispondo io guardandolo con sufficienza, dovrebbe essere sincero...
-Un pochino- ammette e sicuramente non mi fa sentire meglio.
-Dovrei farla stringere tutta- dico scuotendo un po' le gambe e le braccia, notando che la divisa ha praticamente uno spessore il triplo più grande.
-Già dovresti- dice Kevin, dandomi ragione.

Cammino svogliata in corridoio con lui al mio fianco, ci stiamo dirigendo in officina.
Per entrambi è il primo giorno di lavoro, io sono in ansia e, guardando lui, scommetto che non è da meno.

Riguardo per l'ottantesima volta la mia tuta.
È orrenda, non mi dà per niente un'aria professionale, sembro impacciata...
-È terribile, lo avevo detto di avere i fianchi e la vita stretti ma qua ormai so di parlare solo con il muro...- sbuffo appoggiando le mani intorno al corpo, quasi per dare una forma.

-A chi lo dici...- mi mostra una manica che ha dovuto piegare probabilmente 20 volte e sorrido, rassicurandomi all'idea di non essere la sola, come minimo, a sembrare un pagliaccio.

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