15-Carinerie

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Stiracchio le braccia, contorcendomi sulla comoda poltrona la quale ospita il mio corpo da ben due giorni. Ho letto quattro libri stupendi e che mi hanno affascinato tantissimo, la biblioteca dei Jeon si prospera come qualcosa di meraviglioso.

Mi alzo, sospirando. Jeongguk è passato solo per darmi del cibo — di ottima qualità, dovrei aggiungere — e guardare ciò che facevo. Non gli ho mai detto qualcosa, a parte un "buongiorno" o "a dopo", né lui ha mai provato ad iniziare una qualche conversazione con me.

Stranamente, questo mi ha messo una lieve tristezza: non aveva detto che mi avrebbe conquistato?  È il pensiero che mi attanaglia da qualche tempo e non so nemmeno il perché, in tutta sincerità.

Scrollo le spalle, uscendo fuori da questa bellissima stanza per dirigermi nella sala da pranzo, occupata già dai sovrani.

Mi inchino a questi ultimi, accennando ad un sorriso. Non hanno mai detto nulla contro di me, quando — quelle poche volte — sono sceso qui per cenare o pranzare insieme a loro, anzi, sembravano propensi a fare discussione anche se non gli ho mai detto di passare le mie ore rinchiuso dentro la privatissima biblioteca del castello, credo proprio che reagirebbero male.

«Buonasera, signori Jeon.» saluto, abbassando la testa e andandomi a sedere due posti più lontani alla regina, lei mi sta più simpatica del re.

«Ciao, Taehyung.» ricambia la donna, sorridendo ampiamente. L'uomo alza solo la testa a mo' di saluto.

«Oggi abbiamo pollo, ti piace?» chiede sempre lei, portandosi una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio. Scuri proprio come il figlio...

«Certo, regina. — annuisco poi stringo il tessuto della casacca, non riuscendo a trattenermi — Jeongguk non pranza con noi?» le altre volte non era presente, eppure, qualcosa, mi fa chiedere sempre di lui.

«Dovrebbe scendere a momenti.» mi risponde il Capo Jeon e sussulto, deglutendo.

«Grazie mille per la risposta.» mormoro giocherellando con le dita.

Quasi come si sentisse chiamato, Jeongguk fa il suo ingresso nella sala, sorridendo leggermente ai suoi genitori, spostando poi gli occhi su di me, inarcando un sopracciglio, sorpreso.

Muovo di poco le dita, come giustificazione e saluto. Scuotendo la testa, prende posto nella sedia affianco alla mia, sedendosi composto.

Passano altri minuti di intero silenzio, mentre aspettiamo il nostro pranzo. Sposto gli occhi ovunque, torturando la mia povera casacca.

«Allora, ragazzi... — inizia la signora Jeon — ...Come vanno le cose?»

«Come, scusi?» aggrotto la fronte.

I'm not just a stupid Omega  |KookTae|Where stories live. Discover now