Visioni

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Accadde tutto molto in fretta, o almeno così credette Mick.

La Celebratrice aveva preparato il grande braciere. Se l'era fatto portare da lui, che l'aveva recuperato all'interno di quello che era una sorta di deposito per gli attrezzi. Conteneva un po' di tutto. Legna, forconi, oggetti ricoperti da vecchi teli impolverati e chissà che altro.

<<Soltanto il braciere>> aveva detto lei, e Mick aveva obbedito.

Ora, la osservava mentre con cura preparava il piano da lavoro.

Pulì la superficie con un panno malandato, poi dispose su di essa dei pezzi di legno, del carbone e un liquido contenuto in una specie di borraccia. Raccolse alcune manciate d'erba da terra e le gettò insieme al resto. Mick la osservava senza dire nulla.

Ti ricordi, eh? Ricordi di quando eri soltanto un ragazzo e tutte queste azioni non erano poi così strane da osservare? Perché ci eri cresciuto, vecchio mio. Prova a raccontarlo al tuo amico Rick Davenport. Digli che sei andato a trovare questa Celebratrice. Spiegagli quello che lei sta facendo. Un braciere, della legna, del carbone, un po' di erba e...

<<Gli orecchini di tua figlia. Mi servono.>>

Giusto, sì. Gli orecchini. Digli che ha voluto anche quelli, altrimenti la magia non avrebbe funzionato. Vai, Mick. Raccontalo a Rick. Così è la volta buona che ti fa rinchiudere per il resto del decennio. In una casa di cura.

(Ma lui non sa. Come tutti quelli che non credono in qualcosa che non sia ordinario, comune, normale. Non sa perché non ha mai avuto modo di conoscere questo potere. Al posto suo, anche tu saresti scettico)

<<Gli orecchini, Mick.>>

Glieli porse e la Celebratrice li depose con cura all'interno del braciere.

<<Adesso accendiamo il fuoco. La fiamma si allargherà. E poi verrà il fumo.>>

È così fu. La fiammo divampò per un attimo, illuminando la sera che ormai era calata su di loro, nascondendo il sole. Mick si allontanò di un passo e poi venne il fumo, accompagnato da un rumore forte, scoppiettante, fastidioso. Come quello dell'acqua versata sull'olio bollente.

Mick tossì perché la nube era corposa, densa, quasi solida. Si guardò intorno come per cercare ossigeno pulito da respirare. Sembrava che quella nube tossica avesse invaso l'aria e si fosse depositata ovunque.

E allora al "picchiatore" parve di fluttuare nello spazio, per un istante. Si sentì improvvisamente più leggero, non solo nel fisico ma anche nella mente, nell'anima.

<<Dammi la mano, Mick>> gli disse la Celebratrice. Lui, quasi automaticamente, come se fosse piombato in una sorta di trance, obbedì. Le dita fredde e sottili della donna si incrociarono con le sue e fu in quel momento che le immagini cominciarono a prendere vita.

Ma lui non avrebbe voluto guardare, no. Perché era come se un flusso remoto della sua coscienza gli stesse sussurrando di spegnere il televisore, di andare via da lì, di CORRERE; era come se una voce antica proveniente da una dimensione esterna gli sussurrasse, anzi no, gli gridasse di ANDARSENE perché la verità già la conosceva, e non avrebbe voluto vedere il modo in cui sua figlia era morta.

E invece Junet era già li, nell'immagine che si era creata all'interno dei pensieri condivisi tra Mick e la Celebratrice. Era vestita come l'ultimo giorno della sua vita, perché quello che entrambi ora stavano osservando, da spettatori, quello ERA DAVVERO L'ULTIMO GIORNO DELLA SUA VITA. Solo che non c'era luce, quindi era difficile distinguere le figure. Ma la ragazza con l'abito rosso che arrivava poco sopra il ginocchio, beh, era davvero lei, era la sua Junet.

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