La zona nera

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<<Prima la rana. Poi il coniglio. Poi nulla per qualche ora, credo.>>
<<La rana? Il coniglio?>> Rick la guardò sgranando gli occhi. LaMarca fece lo stesso.
<<Erano nudi, completamente. Indossavano delle grosse maschere. Una raffigurava la testa di una rana, l'altra quella di un coniglio.>>

Rick ripensò alla maschera da cerbiatto trovata nell'armadio di Sue Greyson. LaMarca, che era stato informato su tutto, gli rivolse un rapido sguardo e lui annuì in segno d'intesa.

<<Com'erano? Riesci a ricordare qualcosa?>>

Rowena scosse debolmente la testa.

<<Uno di loro... il coniglio... non era giovane. Era un uomo bianco. Era grasso, credo. Flaccido. Faceva fatica. Aveva il fiato corto. Non...>>

Si fermò, chiuse gli occhi. Rimase in silenzio per qualche istante.

<<È venuto più volte da me, durante il tempo che sono rimasta lì. Più volte. Mattina, forse sera. Così per due giorni, credo. Le ore... sembrava di vivere sempre lo stesso momento, in continuazione. Il coniglio sudava moltissimo. Ricordo l'odore, quell'odore nauseante e terribile. Il suo corpo molle e caldo schiacciato contro il mio e...>>

Si fermò ancora. Scosse la testa, incapace di terminare la frase.

<<La rana venne da me due o tre volte. Era più giovane, di sicuro. Era di colore. Sapeva di alcool e di fumo. Ma il fisico non era flaccido come quello del coniglio. Era più curato, credo. Era muscoloso.>>
<<Quanti anni potrebbe avere?>> domandò Rick.
<<Quaranta, quarantacinque, direi. Ma non posso esserne certa. Non ero mai completamente in me. Non...>>

Tossì, appoggiò la testa contro il cuscino e chiuse gli occhi.

<<Ci fu qualcun altro?>>

<<Ce ne furono...>> tossì ancora, bevette un altro sorso d'acqua e si sollevò sui gomiti.

<<Ce ne furono diversi, non ricordo con precisione. Non soltanto loro. Ci fu... oh, sono davvero confusa. Ce ne furono altri, ma indossavano solo un passamontagna, credo. Un cappuccio. Non ricordo... non ricordo molto. Però ricordo quello che venne più spesso da me.>>
<<Chi?>> domandò LaMarca.
<<Il leone>> rispose Rowena in un filo di voce, quasi come se pronunciare il suo nome fosse pericoloso, per lei.
<<Il leone?>>

Annuì debolmente con il capo.

<<Fu l'ultimo a venire da me prima che mi addormentassi, la prima notte.>>
<<Com'era?>> la incalzò Rick.
<<Bianco. Fisico nella norma, credo. La maschera... era grossa. Come quelle del carnevale. Aveva qualcosa di davvero spaventoso, questo lo ricordo bene. È venuto la prima notte da me, ed è stato atroce. È stato violento. Mi ha forzata a fare qualsiasi cosa. Lui...>>

Si fermò, chiuse gli occhi ancora una volta e scoppiò a piangere. Rick le strinse la mano e LaMarca le accarezzò la fronte.

La porta della stanza si aprì e un'infermiera bionda sui trent'anni si affacciò all'interno.

<<Deve riposare. Credo che per oggi sia...>>
<<Sì, abbiamo finito>> rispose Rick.

Ma Rowena alzò una mano, facendo cenno alla ragazza che andava tutto bene.

<<Mi ha costretta a fare tutto ciò che voleva lui. Tutto. E l'ha fatto con una violenza che non avevo mai provato prima. Non avevo mai neanche immaginato che un uomo potesse arrivare a tanto. Aveva una valigetta. All'interno c'erano coltelli, rasoi, lame. Alcune erano sporche di sangue.>>

Ora ti volterai e farai ciò che chiedo, Rowena. Che bel nome.
Ro-We-Na.
Rowena Rowena Rowena.
Sarà bello. Ti farò male, sai? Ma non hai molta scelta, dopotutto. Vedi quelle lame? Alcune ragazze non hanno proprio voluto saperne di obbedire. E questo non va bene. Le mie richieste devono essere soddisfatte perché IO devo essere SODDISFATTO. Lo capisci? Così ho dovuto infilare il coltello nella loro gola. E poi ho trovato te. Sei speciale, tu?

Il Leone aveva parlato così, ma Rowena non poteva ricordarlo, naturalmente. Ricordava certi particolari, nulla di più. Se avesse potuto riascoltare tutto ciò che lui le aveva detto durante quei due giorni, mentalmente non sarebbe stata in grado di resistere.

<<Mi ha minacciata. Mi ha fatto vedere i coltelli, i rasoi, il sangue. E sapevo che ciò che diceva era vero o doveva esserlo, perché di tanto in tanto sentivo altre ragazze gridare da qualche parte all'interno dell'edifico in cui mi trovavo. Non ero la sola ad essere lì.>>

Rick annuì. LaMarca si voltò per un attimo verso la finestra aperta affacciata su Dark River.

È la fuori, pensò. Il male di cui parla Rowena. È come il diavolo.

<<Così gli ho obbedito. Non ho opposto resistenza. Ero debole e drogata e spaventata. Ha fatto tutto ciò che ha voluto. L'ha fatto più volte. È stato bestiale e brutale. Mi ha fatto male.>> Fece una pausa, guardò per un istante la notte oltre la finestra. <<Credo che mi abbia uccisa, in realtà.>>

Calò il silenzio. Rick sentì un'onda di rabbia estrema crescere dentro di sé, da qualche parte. Fu in quel momento che pensò alla zona nera. Era sempre stato convinto che in ognuno di noi vi fossero una zona bianca e una zona nera. In quella bianca regnavano le emozioni positive, quelle da vivere alla luce del sole. Come spingere un figlio su un'altalena, sorridendo a una madre, una moglie. Come riposare in un campo di margherite durante un pomeriggio di primavera, con la partita di baseball da guardare la sera bevendo birra ghiacciata e mangiando pizza, magari. Già, vita normale. Vita semplice. Vita da zona bianca.

E poi c'era la zona nera. Era un luogo privo di luce, torvo, senza speranza. Esisteva nello stesso corpo che ospitava la zona bianca. Ma la zona nera viveva in disparte, non aveva bisogno di spazio nè tantomeno sarebbe stata accettata agli occhi del mondo. Sì, perché la zona nera non conosceva giurisdizione. Poteva esplodere in seguito a un trauma atroce, come Rick era certo fosse accaduto al suo vecchio amico Mick "il picchiatore". Oh, sì, conoscendolo, Mick stava nuotando nella propria zona nera. Ma la zona nera era molto di più. Toglieva di mezzo ciò che era accolto e riconosciuto come regolare, come giusto. Sia dall'opinione pubblica che dalla legge. Ignorava ogni tipo di confine o barriera. Ora, Eleonore era finita per qualche ragione a un passo dalle bestie di cui Rowena aveva parlato. Aveva rischiato la vita a causa loro. La zona nera andava oltre i limiti. Non prevedeva controllo: Rick lo sapeva. Non cercava di fare giustizia, la zona nera. Cercava soltanto di porre fine al male, e vendicare le anime perdute. Con la morte. Era la linea che non andava superata; la svolta oltre la quale tornare indietro sarebbe stato impossibile. Ma non aveva importanza, ormai. Rick sentiva che il buio che aveva tenuto a bada durante tutti quegli anni ora aveva preso il sopravvento. Quella sensazione lo spaventava e lo faceva sentire forte al tempo stesso. Poteva stringere tra le proprie mani una certezza assurda, nuova. La legge, la legalità, la giustizia... erano soltanto più parole. Nulla di tutto ciò aveva più importanza, d'un tratto. Sentiva che un animale feroce aveva dormito in lui, per tutto quel tempo. Lo conosceva, aveva avuto modo di incontrarlo in passato. Poi era svanito, sepolto dalla quotidianità, dalle norme da rispettare, dalle pratiche da vagliare, dai compiti da eseguire. Ma ora le parole di Rowena... il suo volto... la sua espressione di tristezza, di rassegnazione, di... sconfitta. Rowena aveva riacceso l'interruttore. E l'interruttore, paradossalmente, aveva dato vita al buio. La linea di demarcazione non esisteva più.
Era già oltre, lui. E non avrebbe opposto resistenza. Aveva soltanto più un obiettivo, adesso.

"Credo che mi abbia uccisa, in realtà."

Sì, aveva soltanto più un obiettivo, e lo sentiva pulsare e fremere dentro di sé con una forza e una violenza inarrestabili.

Uno solo. (Credo che mi abbia uccisa, in realtà)

Trovare le bestie e ucciderle tutte.

Una dopo l'altra.

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