Sai che cosa succederà, adesso?

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La mattina successiva al ritrovamento del corpo martoriato di Sue Greyson, Mick "il picchiatore" Freeman e sua moglie Tea Lazare sedevano di fronte al televisore nel piccolo salotto silenzioso della loro altrettanto piccola villa nella zona più periferica di Dark River; per quanto in una cittadina di settemila anime potesse esistere anche un'area "più periferica".

Il notiziario del mattino dipingeva le immagini che riguardavano l'omicidio di Sue, la migliore amica della loro figlia adottiva Junet Sandman.
Mick era impassibile. Indossava una salopette azzurra, sporca di grasso per il lavoro che aveva svolto fino al giorno in cui era stato rinvenuto il cadavere di Junet. Era operaio in una fabbrica di Saint Marie, una cittadina che distava circa dieci miglia da Dark River e che contava qualche abitante in più. Mick prendeva l'autobus tutte le mattine alle cinque e rincasava alle ventidue. Era riuscito a non lavorare più la notte, e quello era stato un grande passo avanti, per lui e per la famiglia. Si era reso conto che il tempo aveva iniziato a correre più velocemente, o almeno così gli era sembrato durante l'ultimo periodo. Da quando Junet aveva incominciato a crescere davvero.

Adesso Mick osservava le immagini trasmesse dal notiziario. Un telo verde copriva il corpo di Sue Greyson. Ripensò a tutte le serate trascorse in quella casa insieme a Junet e alle sue due migliori amiche: Sue ed Eleonore. Aveva gli occhi lucidi; teneva stretta la mano fredda della moglie seduta accanto a lui. Nessuno di loro era riuscito a mangiar durante le ultime ore. Junet se n'era andata e Mick aveva capito, nell'attimo stesso in cui aveva preso coscienza di quella verità, che la sua vita aveva appena svoltato in una direzione priva di sbocchi e dalla quale tornare indietro sarebbe stato impossible.

Osservare le immagini che raccontavano dell'omicidio di Sue Greyson, però, fece scattare in lui qualcos'altro. Era una sensazione difficile da definire. Era come se si fosse appena reso conto che l'incubo nel quale lui e sua moglie erano precipitati non fosse terminato, anzi. Il momento che stavano condividendo, immobili e silenziosi di fronte a quelle scene cariche di morte, non corrispondeva al risveglio dal sogno; non si trattava della parte in cui sarebbe stato necessario accettare e metabolizzare la realtà, no. Perché Mick aveva già capito che la morte di Sue, uccisa poco tempo dopo Junet, era o avrebbe dovuto essere un segnale.

<<Le piste sulle quali sta indagando la polizia di Dark River conducono indubbiamente a una scia di sangue le cui radici sembrano far parte della triste tradizione collegata ai rituali di satanismo o magia nera che purtroppo tutti noi...>>
Il giornalista che stava conducendo il servizio si interruppe perché Rick Davenport gli era appena passato accanto. La diretta si svolgeva fuori dal dipartimento di polizia di Dark River.

<<Un momento>> riprese, e puntò il microfono in direzione di Rick <<Rick Davenport! Lei è il detective che sta lavorando al caso, non è così?>>

La domanda scatenò la curiosità di tutti gli altri giornalisti presenti, che accerchiarono Rick. Aveva l'aria stanca e due profonde occhiaie. La barba era incolta. I suoi occhi verdi, però, erano limpidi.

<<Non ho dichiarazioni da rilasciare, se non che sì - sono io ad occuparmi del caso. Faremo il possibile per consegnare alla giustizia il colpevole o i colpevoli di queste atrocità.>>

Mick il picchiatore guardò Rick attraverso il piccolo schermo del vecchio televisore.

<<Rick>> sussurrò, debolmente. Sua moglie scoppiò a piangere.

Perché con tutta probabilità anche lei, come il marito, aveva appena ripensato alle sere d'estate dell'anno precedente, e di quello prima ancora. Quando la loro Junet aveva invitato Eleonore a cena a casa loro, e quante cene si erano susseguite da allora! E quante volte era stato presente anche lo stesso Rick!
Tea Lazare doveva essere tornata indietro nel tempo, attraverso gli occhi verdi di Rick Davenport che la fissavano oltre lo schermo. Era in un limbo felice adesso, forse. Non in quel salotto avvolto da una semioscurità in cui gli unici suoni presenti erano i suoi singhiozzi e le parole lontane di quel giornalista. Tea era ancora insieme a Junet, e non credeva che sarebbe mai stata capace di accettare quanto era accaduto. Come avrebbe potuto, d'altronde? Ci sarebbe stata un'autopsia. Il solo pensiero le aveva provocato un tale malessere interiore che l'unica soluzione che aveva trovato era stata quella di cenare con alcuni sonniferi, durante la serata precedente.

Mick le passò un braccio intorno al collo per sentirla più vicina, e ci fu un momento in cui non fu sicuro di essere lui a consolare lei oppure di aver compiuto quel gesto per cercare in un disperato silenzio un po' di calore, un po' di conforto.

La morte di Sue Greyson, Mick, è un campanellino d'allarme, capisci? Ecco che che cosa gli sussurrava una parte del proprio cervello. Quelle poche, povere e terribili parole.

La morte di Sue Greyson, a così poca distanza da quella di Junet, è un maledetto campanello d'allarme. La pista dove conduce, Mick? Dove condurrà? Te lo sei mai chiesto? Eh? Che cosa pensi che succederà, adesso? Ne hai una vaga idea?

Certo che aveva una vaga idea di ciò che sarebbe potuto accadere da quel momento in poi. Dark River era una piccola cittadina, e in fondo tutti sapevano (quasi) tutto di... tutti. O meglio, chi voleva vedere, era in grado di farlo, impegnandosi a fondo.

Dove conduce la pista, Mick?

Sette sataniche. Demoniache. Riti voodoo. E... allora?

<<Mick, hai sentito che cosa ti ho detto?>>

La voce di sua moglie Tea risuonò improvvisa nelle sue orecchie, riportandolo alla realtà.
<<No, tesoro. Ero... ero... stavo pensando a Junet.>>

La moglie lo abbracciò, e per un breve istante ebbe la sensazione di essere quasi in un posto sicuro, tra le sue braccia. Pensava anche che non appena si fosse staccata da lui, però, il mondo sarebbe tornato ad inseguirla con il suo peso; e fu abbastanza certa di una cosa: da quel momento in avanti, la sua vita sarebbe stata tutta così. Una corsa folle per raggiungere un posto qualunque, lontano da tutto il mondo, mentre il mondo stesso rotolava a una velocità incredibile con il solo intento di schiacciarla.

<<Chi può essere stato, Mick? Chi può essere arrivato a tanto? Junet. Sue. Loro... non avrebbero mai fatto del male a nessuno. Erano due ragazzine. Erano...>>

La voce le si spezzò in gola e il marito la strinse più forte. Pensò per un attimo al suo amico Rick Davenport e a sua figlia Eleonore.

Decapitata.
Decapitata.
Decapitata.

Le ultime parole del giornalista lo riportarono ai dettagli sulla morte di Sue, e provò una fitta forte dentro di sé.

Sai che cosa succederà adesso, Mick?

Decapitata
Voodoo
Sette sataniche decapitata decapitata voodoo

Sai che cosa succederà, o no?

Il telefono squillò, facendolo sobbalzare.

Un uomo grande e grosso come te che si spaventa per il suono di un fortino telefono. È la giostra sulla quale sei salito che si è messa in moto, forse. Orami non puoi più evitare di perdere perché comunque si metteranno le cose, lei non tornerà, Mick. Lei non tornerà. Ma tua moglie... potrebbe stare peggio di così. Molto peggio.

Uno squillo ancora, poi un altro.

Mick si alzò dal divano e si trascinò al telefono. Rispose.

<<Pronto>> disse.
<<Ehi, Mick.>>

Si aspettava di ricevere quella chiamata, presto o tardi, dopo ciò che era successo. Chiuse gli occhi, sospirò profondamente.

<<Sei tu>> disse, senza emozioni nella voce. Lanciò un'occhiata verso Tea. Era ancora immobile di fronte alle immagini del notiziario.

<<Sì, sono io. Sai che cosa succederà, adesso, Mick?>>

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