Cap. XLVII

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Harry mi prese la mano e con tutta la gentilezza di cui era capace mi riportò in infermeria. Vedeva la mia sofferenza e ne teneva conto. Tutto nella sua postura esprimeva preoccupazione. Mentre camminavamo mi gettava qualche occhiata preoccupata, riuscivo a sentirlo.
Proprio davanti la porta ebbi un momento di paura e i miei piedi decisero di non volersi muovere oltre. Lui non fece nulla, si voltò e mi guardò in silenzio. Io sospirai piano.
"Quando sei pronta." Disse semplicemente.
Io annuii.
Non ero affatto pronta. Mi sentii fragile come se fossi stata di cristallo sottilissimo.
Il gesto di Draco era stato cosi doloroso e disperato.
Lo conoscevo davvero come credevo?

Harry lasciò la mia mano mentre varcavamo la soglia dell'infermeria. Non capii immediatamente perché avesse deciso di togliermi quel conforto. Ma poi guardando il viso di Ginny, rosso quanto i suoi capelli, compresi. C'era, o doveva esserci stato, qualcosa tra loro e non voleva turbarla più di quanto avesse già fatto uscendo da lì con me poco prima.
Harry continuò a tenermi d'occhio e mi fece segno di sedermi su una sedia poco lontano dal letto di Ron. Lui restò in piedi alla mia destra.
Continuai a guardarlo.
La sua presenza mi rassicurava.
Lui era l'unico ad aver parlato con Draco quella sera.
Volevo sapere, ogni cellula del mio corpo ambiva la verità.
Harry afferrò lo schienale della mia sedia. Era ovvio fosse un gesto di vicinanza nei miei confronti, non poteva toccarmi ma voleva sapessi che era proprio lì accanto a me.
"Stanno arrivando." Disse Ginny, non riuscendo del tutto a smorzare la rabbia nella sua voce.
"Ci parlerò." Rispose Harry, in tono secco.
"Sarà una lunga litigata, sei sicuro?" Chiese Ron, un po' preoccupato.
"Sai che non ho altra scelta, capiranno." Concluse Harry. Dal suo tono era evidente che volesse terminare lì la conversazione.
Restammo tutti in attesa di chissà chi. Dopo una decina di minuti i signori Weasley si catapultarono letteralmente su Ron. Molly sembrava impazzita, invece il Signor Weasley era più tranquillo.
Lanció uno sguardo interrogativo ad Harry, che scosse la testa. Il dolore per la perdita di Silente fu subito evidente sul volto del padre di Ron.
Molly era talmente occupata con il figlio che non si preoccupò di chiedere chi altro fosse stato ferito, o peggio, ucciso.
"Devo chiedervi una cosa" disse Harry.
Il padre di Ron staccò quasi con la forza Molly dal letto del figlio ed insieme uscirono dall'infermeria.
Appena Harry uscì una fitta d'ansia mi colse. Ero da sola. E non sarebbe stato niente di cosi terribile in altre circostanze , ero abituata. Ma in quel momento ne soffrii quasi fisicamente. Tutta la mia forza, la mia grinta ed il mio carattere erano semplicemente scomparsi. Era come se fossi diventata un piccolo animale indifeso in una stanza colma di lupi. Mi guardai intorno con agitazione.
Gli altri cominciarono a chiacchierare tra loro, e per quanto cercassero di smorzare la tensione nell'aria e parlare normalmente, l'atmosfera non accennò a migliorare.
Mi concentrai su Hermione, Ginny e Ron.
"Non ci posso nemmeno pensare..." disse Hermione sconvolta.
Ginny fissò me. "Gliel'avrà chiesto Silente ne sono certa"
Ron scosse la testa, sicuro. "Se fosse cosi l'avrebbe semplicemente detto."
"Pensi sia una sua idea?" Continuò Hermione. Stavano parlando di Harry.
"Credo di si, vorrà proteggerla." Disse quasi con un brivido Ron.
"Noi dovremmo essere protetti da lei." Proseguì Hermione con aria tetra.
Era ovvio stessero parlando di me e del fatto che sarei andata a stare per un periodo con lui, e con lui equivaleva a dire dai Weasley. Ovviamente la mia presenza doveva essere tutt'altro che gradita. Ma volevano bene ad Harry e si fidavano di lui, avrebbero accettato qualsiasi cosa lui decidesse.
Non si preoccuparono che io potessi sentire, era ovvio che quasi lo facessero appositamente, per farmi capire che ogni loro sforzo era solo per Harry, non perché volessero aiutare me.
Tornò dopo quella che mi sembrò un'eternità. Era tutto rosso in viso, una vena sul collo gli pulsava pericolosamente. Era decisamente alterato. I signori Weasley non rientrarono, forse se ne erano andati.
Lui non disse una parola, avanzò fino a dove ero rimasta diligentemente seduta.
"Vai a prendere le tue cose." Mi ordinò. Generalmente quel tono mi avrebbe fatto uscire di testa, ma non riuscivo nemmeno a trovare la forza di arrabbiarmi od offendermi. Annuii e mi alzai.
Ci misi veramente poco a prendere il baule. L'assenza della mia gatta mi pesò un po', ma cercai di non farvi troppo caso. Scesi di nuovo e trovai nel corridoio tutti tranne Ron, ancora in infermeria .
"Preso tutto?" Mi domandò Harry, osservando il mio unico baule.
"Si" risposi con un sussurro. Lui annuì ed incantó il baule in modo che ci seguisse autonomamente.
"Non cambieranno idea, Harry." Le parole di Hermione suonarono quasi come una supplica, pregava che non la cambiassero .
Voleva che lui rinunciasse nel suo intento. Evidentemente i genitori di Ron avevano deciso di non ospitarmi in casa loro, e a ben vedere.
"Farò diversamente." Rispose Harry in tono molto tetro ma allo stesso tempo di una determinazione sconcertante.
Ginny lo guardava con tutto il disprezzo possibile. Harry se ne accorse ma non vacillò, sul suo viso non c'era altro che ostinatezza.
"Andiamo" mi disse. Salutò gli altri con più freddezza del dovuto.
Camminammo in silenzio fino ai confini della scuola. Da li Harry mi prese per mano e ci smaterializzammo.
Poco dopo eravamo in una stradina piena di case perfettamente uguali, con prati curati e macchine parcheggiate nel vialetto, identiche anche quelle.
Era tutto cosi standard e curato. Eravamo nel mondo babbano.
Ci fermammo al numero 4.
"Dove siamo?" Gli domandai.
"A casa dei miei zii. Qui è dove ho passato la mia infanzia." C'era tristezza nella sua voce.
"Sono..?"
"Babbani." Rispose subito. "Spero che per te non sia un problema." Il suo tono mi offese leggermente, ma non risposi.
"Aspetta qui, devo parargli prima." E detto ciò entrò in casa.
Sentii qualche urlo provenire dall'interno. Poi silenzio.
Harry aprì la porta e mi fece segno di entrare.
Notai subito l'arredamento di quella casa, era cosi monotono, quasi come tutto il resto del quartiere. Notai anche l'eccessiva pulizia, persino l'aria aveva un qualcosa di diverso.
Andammo in soggiorno ed Harry si sedette accanto a me sul divano. Al piano di sopra sentii passi pesanti fare avanti e indietro. Dopo qualche minuto venimmo raggiunti da tre figure. Una signora alta e snella, suo marito tutto l'opposto, con grandi baffi, ed un ragazzo che avrà avuto la nostra età.
"Zii, lei è Sersi." Harry si sforzò di essere educato.
Loro mi guardarono appena. Io feci solo un cenno con la testa.
Era evidente avessero qualcosa da dire ad Harry, ma non l'avrebbero fatto in mia presenza. Anche lui lo intuì e si alzò. Parlarono fuori. Dopo una decina di minuti rientrò e chiuse a più mandate la porta, tanto per essere sicuro. Come se una porta avesse potuto fermare un qualsiasi mago.
"Se ne sono andati?" Gli chiesi con cautela.
Lui si sedette di nuovo accanto a me sul divano.
"Si. Sanno che è un gran rischio per loro rimanere qui. Al mio compleanno, la protezione di cui godo finché rimango in questa casa, cesserà." Spiegò.
"Come faremo quindi?"
"Andremo altrove, non devi preoccuparti."
"Immagino che i Weasley.." cominciai ma lui mi fermò subito.
"Non voglio parlarne."
"Mi dispiace.." fu l'unica cosa che riuscii a dire. Lui mi guardò accigliato,  come se non capisse il perché stessi chiedendo scusa.
"Se non fosse per me staresti da loro adesso, alla tana, come la chiami tu. Da come ne parli è un posto felice per te. Scommetto che ti manca."
Lui non rispose subito. Ci pensò su un attimo.
"Non importa adesso. L'unica cosa che conta è che siamo al sicuro. Non è il dove la cosa fondamentale, Sersi." Ovviamente era la risposta che mi aspettavo. Mi nascondeva cosi tanto.
"Lo so che ti comporti cosi per farmi sentire al sicuro. Stai cercando di tenere duro, ma ti conosco un minimo, Harry." Appena finii la frase lui si fece scuro in viso. Avevo sbagliato a dire qualcosa?
"Ti ho detto che non voglio parlarne." Disse sbrigativo. Poi spazientito si alzò e andò al piano di sopra.
Io mi sdraiai sul divano e chiusi gli occhi. Non riuscivo a togliermi di dosso quel senso di vuoto e inadeguatezza. Non capivo a pieno le mie emozioni, dentro di me le cose accadevano e basta.

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