Cap. LVII

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Il Ministero non era mai stato cosi deserto.
Camminai velocemente verso l'entrata.

Sotto la grande statua contro i nati babbani, fatta ereggere dall'ancora in carica Ministro, c'era Draco.

Parlava animatamente con due distinti signori, in abiti eleganti evidentemente di rappresentanza.
Eppure lui, in quel contesto, stonava.
I capelli forzatamente tirati in dietro, lo sguardo serio e la mascella contratta. La mano destra chiusa a pugno contro il fianco. La bacchetta fissata con la fondina poco a sinistra della vita. 
Lui era pronto a combattere.

Mi notò quasi immediatamente, smettendo di prestare attenzione ai due signori. Sapeva bene che se mi trovavo lì qualcosa doveva essere andato storto.

"Scusatemi" disse superandoli e dirigendosi verso di me.
Mi afferrò subito per le spalle, come a volermi sorreggere dal peso di quella infinita nottata.
"Che succede?" Era ansioso.
"Lui ha fatto ritirare tutti, ha allontanato le creature! Credo che abbia capito. Cosa facciamo Draco?"
"Com'è la situazione?"
"Sono morte all'incirca 200 persone, per quanto ho potuto contare" feci una pausa carica di dolore "201.."
"L'ha ucciso? Harry è morto?"
Io annuii appena.
"Dobbiamo andare" prese a dire, eccitato dal fatto che fosse finalmente giunto il momento.
"Ascoltami. Ha detto di aver ucciso Piton, non so se sia la verità, ma ha detto che la bacchetta non lo riconosceva per causa sua"
Colsi la sofferenza nel suo sguardo, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
"È...morto" ripetè.
Sebbene fosse una persona discutibile, Piton era da sempre il punto di riferimento di Draco. Ogni problema, ogni incertezza, si rivolgeva sempre a lui. Sembrava tranquillizzarlo, lo aiutava a ragionare. Potevo capire il suo dolore, entrambi quella notte avevamo perso figure importanti.
Ci volle qualche minuto perché Draco tornasse alla realtà, forse stava ripercorrendo nella sua mente ciò che Severus era stato per lui.
"Perché sei qui?" Domandò ad un tratto, come se si fosse dimenticato di porre la domanda più importante tra tutte.
"Mi ha mandato a chiamarti, ti cerca."
"Sospetta di me?"
Io scossi la testa "non so dirlo."
Lui annuì. "Torna indietro, io non posso ancora venire con te. Digli che non mi hai trovato e che non hai idea di dove sia."
"Ma.." cominciai. Ma lui mi zittì severamente, "vai" ordinò con autorevolezza.

Mi smaterializzai nella foresta rendendomi subito conto che non c'era più nessuno. Cosi tornai al castello, la scena che mi si proiettó davanti fu raccapricciante.
Hagrid portava in braccio Harry, senza vita.
Le braccia gli cedevano a penzoloni, la testa era rovesciata all'indietro. La morte non mi aveva mai spaventata tanto quanto in quel momento.

I sopravvissuti alla battaglia erano tutti radunati davanti la porta centrale. Sui loro volti una serie di emozioni condivisibili, disperazione, orrore, paura.

Le due fazioni della guerra ora si trovavano una di fronte l'altra. Ed era evidente quale delle due avesse vinto.
Voldemort non parlò subito, guardò uno per uno i volti di quei giovani, di quei membri dell'Ordine che avevano cercato di contrastarlo con tutte le loro forze, dei professori che avevano scelto Silente. Poi il suo sguardo cadde su Hermione, su Ron e su Neville. Il suo sorriso si allargò ancora di più, sembrava sollevato che fossero sopravvissuti e non riuscivo a comprendere il perchè.
Nella mente esplosero vivide immagini di ciò che gli avrebbe fatto una volta catturati. Cercai di scacciare quei pensieri scuotendo forte la testa, la morte sarebbe stata sicuramente meglio.

La prima a parlare fu Hermione ''restituiscici Harry'' disse con la voce spezzata dal pianto.

Voldemort guardò distrattamente il corpo senza vita del ragazzo. Fece un gesto sbrigativo con la mano ad Hagrid che lo adagiò con cautela a terra come se ancora potesse percepire qualcosa. Distolsi immediatamente lo sguardo. Ma non era sufficiente, quell'immagine mi appariva senza pietà ogni volta che battevo le palpebre. Era doloroso. Cercai di tranquillizzarmi massaggiandomi le tempie con gli indici. Ero esausta, ero sconfortata e delusa, avevo fallito. Soffocai un piccolo singhiozzo e cercai di reprimere le lacrime che facevano di tutto pur di uscire dai miei occhi.
Volevo urlare. Volevo andare verso di lui, toccarlo, abbracciarlo. Ma lui non mi avrebbe più sentita.

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