6. Everything is fucking great

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«Allora, uscirai con lui questa sera?» le notizie volavano in questa città. Sbuffai il fumo dalla bocca e guardai il ragazzo al mio fianco. Entrambi vestiti di nero e con una sigaretta tra le dita. Io e Louis ci somigliavamo in ogni cosa: il carattere, il modo di vestirci, come risolvevamo le cose e le scommesse. Eravamo così uguali che ce ne rendemmo conto solo il quel momento. Avevamo trascorso così tanto tempo insieme l'estate scorsa e gli anni precedenti, che trascurammo questo piccolo particolare.
«Non ti risparmia di un dettaglio il tuo amico, vero?» lo presi in giro, sollevando le gambe sul muretto per poterle incrociare e stare comoda. Lui alzò le spalle, prendendomi le caviglie costringendomi a portare le gambe sulle sue. Roteai gli occhi e dovetti rimanere ferma se non volevo cadere per terra rischiando di rompermi qualcosa. Feci un altro tiro alla sigaretta e sbuffai il fumo dalle labbra.
«La tua amica, invece, è difficile da raggiungere» sbuffò lui, portando una mano sulla gamba e iniziando a muoverla. Lo guardai, mordendo il labbro per non ridere per poi buttare via la cicca della sigaretta. Mi poggiai con le mani dietro la schiena e lo guardai divertito. Era la prima volta che una ragazza lo rifiutava.
«Louis Tomlinson non fa più effetto alle ragazzine?» lo canzonai, ricevendo un'occhiataccia da parte sua. Strinse di poco la presa sulla mia gamba e si avvicinò di più a me col viso. I suoi occhi erano di ghiaccio, trasparenti e per quanti brividi di freddo potessero provocare ad una ragazza, a me stavano solo bruciando la pelle.
«Se me lo lasciassi fare, potrei solo farti venire con un tocco» sussurrò fermo nel mio orecchio, portando verso in alto la mano e sfiorando lentamente la coscia. Strinsi le mani, cercando di rimanere impassibile al suo respiro sul collo e alle sue dita che si infilavano nell'interno coscia per stringerlo leggermente. Nessuno dei due aveva perso, lui non aveva ancora vinto e non poteva avermi. Portai una mano sul suo petto, allontanandolo leggermente per poterlo guardare in faccia. Il suo sguardo era pieno di eccitazione e la sua mano non si spostava dalle mie gambe.
«Peccato che per ora dovrai accontentarti della tua stessa mano, Tomlinson» mormorai, soffiando subito dopo sul suo viso per farlo allontanare da me, chiuse gli occhi stringendo la presa sull'interno lasciandomi sfuggire un mugolio per il fastidio. Odiavo essere toccata senza il mio consenso.
Spostai le gambe dalle sue, in modo da scendere, e presi lo zaino per metterlo su una spalla. Mi sentii afferrare per i fianchi e spostare contro voglia sul muretto sulla quale ero seduta poco fa.
«Perché rendi le cose eccitanti, noiose?» mormorò, stringendo le mani su di me avvicinandosi di più per poggiarsi col corpo sul mio. Sospirai forte, esasperata della sua continua ricerca di avermi. Lo accontentai, in modo da finirla per quell'arco di giornata. Mi guardai intorno, e vedendo il cortile deserto portai le braccia intorno al suo collo per poi guardarlo. Lui sorrise, soddisfatto di aver ottenuto qualcosa da parte mia, consapevole che non sarebbe bastato.
Sollevò la maglia lentamente, in modo da accarezzarmi la pelle sotto la stoffa. Iniziò a tracciare dei cerchi sui fianchi, costringendomi a inarcare la schiena per il tocco gelido provocato dalla sua pelle fredda. Chiusi gli occhi, rimanendo in silenzio, mentre le sue labbra si posarono sul lato del collo iniziando a baciarlo. Gli strinsi la maglia, era incredibile come fosse lieve il suo modo di fare, come fossero leggeri i suoi tocchi e come le sue labbra fossero sottili. Succhiò lento, lasciando che la lingua si sfregasse sulla macchia la quale stava lasciando tra la spalla e il collo. Portai leggermente la mia verso dietro, muovendo i fianchi contro di lui appena morse leggermente il punto tirando piano la pelle tra le labbra per staccarsi. Mi lasciai sfuggire un ansimo lieve, lo guardai e le sue iridi azzurre sembrarono sparire. Si avvicinò col viso, cercando le mie labbra, ma lo fermai portando due dita sulla sua bocca evitandolo di baciare. Lo sentii sbuffare, lasciando finalmente la presa sui miei fianchi. Sistemai la maglietta, slegando poi i capelli e portando le ciocche davanti in un piccolo chignon. Mi spostai dalla trappola di Louis e sospirai spazientita quando mi prese per il polso in modo da farmi girare verso di lui. Portò una mano sul collo, sfiorando lentamente la sua opera e socchiusi gli occhi rimanendo in silenzio. Se non mi avesse lasciato, gli avrei dato un calcio nelle palle.
«Sappi che vincerò, Kendall» mormorò, sfiorando le labbra con le sue. Rabbrividii per quel gesto e finalmente si staccò da me. Aprii di nuovo gli occhi, cercando di riprendere il controllo di me stessa e guardandolo spazientita. Portò le mani in tasca e mi passò accanto con un sorriso da perfetto bastardo sulle labbra, un brivido gelido mi percorse il corpo appena sentii di nuovo il suo respiro addosso.
«Non vedo l'ora di averti» mormorò, per poi lasciarmi senza parole vicino l'ingresso della scuola.

Appena finite le lezioni, ringraziai il cielo per aver inventato la campanella di fine giornata. Raccattai le mie cose e uscii precipitata dalla classe, sperando di non trovarmi di nuovo faccia a faccia con Louis e di non dovergli dare un calcio nelle palle per il suo dannato succhiotto. Portai le cuffie nelle orecchie e mi strinsi nella giacca di pelle dopo aver alzato il volume a mille del telefono.
Ignorai ogni singolo conoscente, ragazzo o ragazza che sia, raggiungendo in fretta l'uscita di scuola. Stavo per fare la scalinata principale, quando mi sentii afferrare per il braccio, stranamente, con gentilezza. Si fermò ogni cosa, quando incontrai quei due occhi verdi che il giorno prima si erano presentati con innocenza. La stessa innocenza era su quel viso tanto duro quanto dolce nei lineamenti, nei suoi riccioli perfetti e in quel suo profumo che stavo iniziando ad apprezzare. Ingoiai un groppo alla gola e scossi la testa, tornando alla realtà, con i piedi per terra, e tolsi una cuffia per poi guardarlo di nuovo.
«Non volevo spaventarti, ma non mi ascoltavi perciò...» alzò le spalle e tolse la mano dal braccio con lentezza, come se avesse paura di rompermi.
«Avevo le cuffie» risposi soltanto, portando le mani in tasca continuando a guardarlo. Avvicinò la mano ai miei jeans, prese il cellulare dalla tasca e schiacciò il pulsante di blocco per vedere cosa stessi ascoltando, sorrise e rimise il cellulare al suo posto per poi prendermi la cuffietta dalla mano e portarla nel suo orecchio. Non mi diede fastidio il gesto, fosse stato un altro al suo posto gli avrei suonato un pugno in faccia. Lo lasciai fare, sorpresa del fatto che anche a lui piacessero i miei gusti musicali.
«Devi prima andare a casa o passiamo al frullato direttamente?» mi domandò, portando le mani in tasca e iniziando a camminare al mio fianco. Avrei voluto lasciare lo zaino per non doverlo trasportare, ma l'idea di far aspettare Harry a casa, sapendo che mia madre aveva il giorno libero, mi affrettai a rispondere «Direttamente frullato». Sorrise, facendo spuntare una fossetta al lato delle labbra. Non l'avevo notata, nonostante il giorno prima non fece altro che sorridere o ridere. Stava per parlare, quando qualcosa lo bloccò e fece un cenno al cellulare in tasca. Capii solo dopo che la musica si fosse interrotta per via di una chiamata. Risposi sbuffando, vedendo il nome di mia madre sullo schermo.
«Dimmi» odiavo i troppi giri di parola, e lei come me. Non si sorprese più di tanto dal tono seccato, dato che il suo risultò più distaccato del mio.
«Joe e Leila, prendile tu. Mi hanno chiamato dal lavoro, tuo padre e tuo fratello non possono» sospirai, annuendo consapevole di dover fare la brava sorella e chiusi la chiamata con un misero Ok. Portai lo sguardo su Harry, rimettendo il cellulare in tasca e prendendo la cuffietta dalla sua mano per metterla insieme all'altra nella tasca interna del giubbotto.
«A meno che tu non abbia nient'altro da fare, passerai il pomeriggio con le sorelle Payne» sospirai, riprendendo a camminare con Harry al mio fianco. Sentii i suoi passi con i miei, spostò il braccio sulle mie spalle e mi strinse a lui prendendo una ciocca di capelli tra le dita iniziando a giocarci. Sorrisi leggermente a quel gesto, ricordandomi del giorno prima e di noi due sui gradoni del capanno.
«Significherà che prenderò il frullato a te e alle tue sorelle» mormorò, baciandomi la guancia mentre ci incamminavamo verso l'uscita del cortile per raggiungere la scuola delle mie sorelle.

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