34. Davidson

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Aprii gli occhi, ritrovandomi in una camera non mia. Ricordai che ero da Harry, che quello accanto che mi abbracciava era lui e che indossavo la sua felpa. Mi girai piano sul fianco, guardando il ragazzo dormire ancora beato. Gli spostai i capelli dalla fronte, accarezzandogli il viso con le nocche e baciandogli piano le labbra. Avevamo passato il resto della giornata assieme, litigando ancora per quella questione e alla fine cedetti: anche io, gli dissi. E ci mettemmo a letto, a parlare di sentimenti, progetti e quant'altro. Era quello che ci voleva, che dovevamo fare dall'inizio. Trovammo la pace, forse, non lo so. Ma tra le sue braccia mi sentii al sicuro, amata per davvero.
<<Che ore sono?>> sussurrò, rimanendo con gli occhi chiusi e stringendomi a lui tra le braccia. Mi accoccolai al suo petto, baciandoglielo sulla parte scoperta e portando una mano sulla sua schiena. Gli accarezzai la zona centrale, sentendolo fare le fusa e mi afferrò dai fianchi portandomi sotto di lui, lo faceva impazzire. Ridacchiai e continuai a muovere le unghie guardando l'orologio accanto alla porta.
<<Sette e mezza del mattino, prestino mh?>> gli domandai, infilando le mani dentro la sua maglietta e sfiorandogli le fossette sul fondo della schiena. Mugolò, infilandosi tra le mie gambe e baciandomi la mascella mentre si teneva sui gomiti. Evitai di dirgli che cosa fosse successo con Chanel e Luke il giorno prima, non volevo litigare o discutere. Volevo godermi quei momenti con lui finché non uscivamo di casa per raggiungere il capannone.
<<Siamo andati a dormire alle dieci, mi sembra normale in settimana>> sussurrò, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e giocando subito dopo con le punte. Non faceva altro che guardarmeli, toccarmeli, e affondare col naso in essi. Si era fissato, come io con i suoi bellissimi ricci. Erano cresciuti un po', prima delle spalle e ricadevano morbidi sul suo viso. Sembrava un principe, con quel ciuffetto che gli ricadeva sugli occhi il quale cercava di rimettere a posto soffiandoci su. Come ora, fallendo miseramente. Ridacchiai, spostandoglieli dalla fronte e alzò gli occhi al cielo. Amavo i suoi capelli.
<<Li devo tagli->>
<<Permettiti e ti lascio. Lo faccio, sappilo>> si mise a cavalcioni su di me e alzò le mani in cielo come per difendersi.
<<Almeno, concedimi questo>> mi prese la mano, tolse l'elastico dal polso e si legò i capelli in una piccola crocchia. Mi sollevai sui gomiti e lo guardai, mordendo il labbro. Il suo viso era libero, la mascella marcata e gli zigomi leggermente alti. Le labbra rosee, gli occhi che brillavano e i ricci bloccati verso dietro. Ma...era reale questo ragazzo?
<<Io...>> non ebbi nemmeno la forza di dire una cosa sensata che gli presi il viso tra le mani e lo baciai piano, scendendo con le mani sul suo collo. Si abbassò, facendomi stendere sotto di lui e appiccicandosi al mio corpo muovendosi contro di me, tra le mie gambe, mentre le sue mani si infilavano nella felpa.
<<Ti è passato?>> sussurrò, togliendomi la felpa e baciandomi il petto nudo. Scossi la testa, slegandogli i capelli e affondando le mani nei suoi ricci sentendo la sua bocca succhiarmi i capezzoli. Mugolai, sollevando il corpo verso le sue dita le quali scivolarono sui miei fianchi.
<<Quarto giorno>> mormorai, presa dagli ormoni e dalle sue dita che mi accarezzavano da sopra gli slip. Benedetti tappi interni. Guardai Harry, si tolse la maglietta e scalciò via i boxer rimettendosi tra le mie gambe una volta che mi sfilò gli slip. Mi accarezzò le cosce, i suoi occhi mi fissavano il corpo come se fossi chissà cosa, mi spogliarono ancora di più e la sua mano salì sulla mia coscia accarezzando piano l'interno.
<<Doccia insieme>> sussurrò, afferrandomi dai fianchi e prendendomi in braccio. Mi aggrappai a lui, scuotendo la testa sorridendo, e gli baciai il collo girando le dita tra i suoi ricci. Entrò in bagno, chiudendo la porta dietro le sue spalle e mi baciò la spalla per poi mettermi sul mobile del lavandino. Mi scostò i capelli, lasciando che le sue labbra mi baciassero la pelle del collo, che le sue mani si fermassero sui fianchi e che il mio corpo si inarcasse per colpa dei brividi, dell'eccitazione.
<<Haz...prepara l'acqua>> sussurrai, e lui annuì mordendomi la zona nel nervo e staccandosi piano da me. Entrò nel box, aprì l'acqua e si mise sotto il getto aspettandomi. Presi un grosso respiro, scendendo dal mobiletto e presi due pezzi di carta igienica, sfilai il tappo con riluttanza e lo avvolsi nella carta, la quale buttai nel cestino vicino alla toilette. Mi infilai nella box, chiudendo la sportella, e mi sentii afferrare dai fianchi, tirare con dolcezza sotto il getto dell'acqua calda e mugolai sottovoce per il contatto. Mi poggiai con la schiena sul petto di Harry, lasciando che le sue mani massaggiassero i punti più deboli: la pancia, le braccia, i fianchi, le cosce e i seni. La doccia con lui era sempre stato un momento di relax, intimità, sensualità, non solo sesso. Mi coccolava con il suo bagnoschiuma, facendo aderire il profumo della vaniglia sulla mia pelle. Mi massaggiava i capelli con il suo shampoo, in modo che le mandorle mi coccolassero la cute, assieme all'Argan del balsamo. Mi ero sempre chiesta perché avesse capelli così morbidi, profumati e lucidi. Erano più sani di quelli di mia madre.
Toccò a me viziarlo, perciò mi girai sorridendogli dal basso e allungando il braccio per prendere il mio di bagnoschiuma. Entrambi avevamo invaso gli spazi dell'altro: un'anta dei nostri armadi custodivano alcuni vestiti dell'altro, nei nostri bagni c'erano i prodotti dell'altra e su uno scaffale delle nostre librerie, popolavano alcuni dei nostri oggetti in modo che nessuno dei due dimenticasse qualcosa. Nel cassetto del mio comodino c'era persino un cambio per la notte per quando lui rimaneva a dormire da me, nel suo una delle sue felpe per quando io dormivo da lui. Ci eravamo organizzati, sotto mia richiesta.
<<Sei bellissima>> sussurrò, prendendomi dalle gambe e poggiandomi con la schiena sulle piastrelle fredde della doccia. Mugolai sottovoce per via del contatto e gli scostai di nuovo i ricci dalla fronte, sorridendo. Gli massaggiai piano il petto, e si fece più vicino, sempre di più, entrando con lentezza dentro di me, facendomi sua e amandomi.

Quando ci asciugammo, feci in tempo a vestirmi e mettere il tappo. Fanculo a internet che diceva che dopo un orgasmo Fausto faceva le valige. Un corno, era sempre lì a torturarmi. Sbuffai, infilando i jeans neri con dei leggeri strappi e cercando un maglione da mettermi.
<<Ti serve qualcosa?>> mi chiese, vedendomi disorientata nella mia stessa zona armadio.
<<Non trovo il maglioncino nero, quello corto>> sbuffai, portando le mani lungo i fianchi e arrendendomi. Harry mi venne incontro, mi spostai e dopo poco mi passò il maglione il quale era sullo scaffale in alto.
<<Nana>> scosse la testa divertito e mi diede una pacca sul sedere per poi allontanarsi e prendere dei vestiti puliti. Non ero nana, ma diversamente alta. Infilai il maglioncino e mi guardai allo specchio appeso sull'anta. Avevo messo anche quello per comodità, sapevo quanto Harry fosse narcisista verso i suoi confronti. Impeccabile come sempre, si infilò in degli skinny neri, la cinta attorno, e un maglione nero che gli fasciava perfettamente le braccia e le spalle. Si chinò, mettendosi gli anfibi ai piedi. Poi fece una cosa che non aveva mai fatto: i risvolti un centimetro prima degli stivali. Si sollevò da terra, sistemò i vestiti e si piazzò di fronte allo specchio accanto al letto per darsi una sistemata ai capelli. Narcisista e vanitoso.
Infilai gli anfibi in silenzio, e mi truccai pescando il beauty case dall'armadio. Anche quell non mancava nella sua camera, contando anche la piastra vecchia e i prodotti per la pelle nel cassetto del suo bagno. Avevo invaso il suo territorio, ma vi assicuro che il mobiletto del mio bagno era strapieno per prodotti maschili solo per lui. Ci teneva a se stesso e alla sua persona.
<<Fa abbastanza freddo fuori, sarà meglio uscire con la macchina>> mi informò, guardandomi mentre metteva il giaccone di jeans nel contempo che infilavo le braccia nel mio. Ci fissammo, rimanemmo in silenzio e scoppiammo a ridere per la situazione. Eravamo vestiti uguali e ce ne rendemmo conto solo in quel momento. Scossi la testa, tirando fuori i capelli dalla giacca e sistemando il colletto di essa.
<<Stai benissimo, e mi sorprendi con i risvolti>> indicai la poca pelle scoperta dei suoi polpacci e ridacchiai, chiudendo l'anta dell'armadio. Giocai con l'anello al pollice e lo guardai, arricciando il muso mentre scuoteva la testa e i ricci gli cadevano sul viso, ancora una volta.
<<Se li taglio mi lasci>> si lamentò lui, passandosi le mani per togliersi i ricci dalla faccia. Annuii divertita e gli presi le mani, per poi baciargli la guancia sorridendo.
<<Si chiama essere bravi fidanzati>> lo canzonai, uscendo con lui dalla camera una volta preso la borsa e il cellulare.
<<Sei una tortura, non una brava fidanzata>> mi prese in giro lui, dandomi uno schiaffo sul culo e scendendo rapidamente le scale, con scarso risultato: feci un salto, e gli finii aggrappata alla schiena stile koala.
<<Per l'appunto>> disse lui, tenendomi dalle gambe e scuotendo la testa esasperato. Gli baciai la guancia ridacchiando, accogliendo il getto d'aria fresca sulla faccia una volta che uscimmo da casa sua per fare il giro, in modo da raggiungere il retro. Scesi dal mio albero vivente, sistemai i vestiti e aspettai che la porta del suo garage si aprisse. Non capii perché non usammo l'entrata che portava direttamente in cucina. Scrollai le spalle e guardai Harry togliere un lenzuolo da...porca puttana, cazzo.
<<Oh mio Dio...è tua?>> quasi non urlai, vedendo quel gioiellino d'epoca urlare sono davvero io. Vidi Harry annuire, mentre sollevava il tettuccio della macchina fino al parabrezza. Senza parole, nel guardare questa bellissima Mercedes-Benz 280 sl del sessantasei. Bianca, lucente, sembrava esser appena uscita da una mostra di macchine d'epoca.
<<Certo, entra dai>> non mi accorsi nemmeno che lui era alla guida, che aveva già messo la cintura e sistemato gli specchietti. Rimpiangevo la Ducati? No, questo era un pezzo di storia. Entrai, venendo accolta da un buonissimo profumo di menta fresca. Notai l'ordine e la pulizia nella macchina, i sedili comodi e in pelle, i vetri perfettamente puliti. La teneva come un gioiellino, tanto che avevo paura di toccare qualcosa. Misi la cintura e sorrisi come una bambina nel giorno di Pasqua.
<<Sapevo che avessi un buon gusto in fatto di motori...ma questo, va oltre la mia immaginazione>> in realtà pensavo che avesse una bestia di macchina che si prendeva almeno quattro posti come la Jeep di Zayn, l'Audi di Liam o, che ne so, persino la Maserati Ghibli di Louis. Questa, la sua auto, me la sognavo.
<<Diciamo grazie al nonno>> alzò le spalle e accese il motore. Un orgasmo, ecco cos'era quel suono così dolce.
<<Grazie non- ehi! Ma questo è Alex!>>.


Una volta al capannone, Harry fermò la macchina nel nuovo parcheggio. Inutile dire che i ragazzi si stavano dando da fare nel rendere più abitabile il vecchio e triste Davidson. Uscii dalla Mercedes e mi guardai attorno, la neve era ancora presente nei dintorni e credetti che dipingere l'esterno del capannone sarebbe stata un'impresa. Ci toccava aspettare, nessun problema.
<<Sta venendo bene>> ammisi, guardando Harry fare il giro della macchina e venirmi incontro. Annuì solo, guardando come stava prendendo forma la nostra nuova casa. Lo striscione della partenza, della pista per le gare, era stato cambiato assieme ai pali ai quali era legato. Quello precedente era diventato giallo, era strappato, e il sostegno si era arrugginito. Mio padre ci aveva consigliato di mettere dei sostegni in legno, più robusti e carini da vedere. Non aveva torto.
Accanto al capannone, la nuova officina da finire. Eravamo soliti sistemare o modificare le moto all'interno del capanno, ma a quanto pare i ragazzi volevano due spazi differenti. Come darli torto, ogni giorno era una tragedia togliere il grasso e l'olio per motori dal pavimento in marmo bianco.
<<Calum mi ha detto che avevano finito l'interno>> mi strinsi al suo braccio sulle mie spalle. I lavori più difficili furono il nuovo bagno per noi ragazze, abbattere un muro nel capanno e la nuova officina ancora in produzione. Per il mobilio abbiamo sollevato le maniche e frugato nelle nostre soffitte. Sperai in un buon risultato. I Jones erano pignoli, ma il vero giudice era mio padre. Sarebbe passato per vedere la fine del suo progetto, una volta finiti i lavori.
<<Capo! Che gioia vederti!>> Harry fu interrotto proprio dal diretto interessato. Ridacchiai, sentendolo sbuffare e guardai Calum, in nero come sempre. Aveva qualcosa di dive- aveva tinto un ciuffo di capelli di biondo. Mi ricordò Zayn, la prima volta che ci siamo conosciuti. Scossi la testa e feci un cenno della mano al ragazzo.
<<Cal, puoi chiamarmi Kendall con tranquillità>> gli risposi e lui alzò le spalle, avvicinandosi di più a noi.
<<L'abitudine. Harry, bella macchina. Però, credo che le manchi qualcosa>> ed ecco che iniziò la terza guerra mondiale. Se conoscevo Harry e i suoi mezzi di trasporto, conoscevo anche la sua gelosia verso i loro confronti: non permetteva a nessuno di toccarle, di sporcarle, di metterci le mani addosso o di mangiare all'interno della sua adorata macchina. Durante il viaggio non mi fece nemmeno mangiare una caramella: <<Poi la carta dove la metti? Non nella mia macchina, e non mettere i piedi sul sedile!>> era isterico, peggio di mia madre nella sua nuova Bugatti Chiron nera. Amava le auto sportive, quelle che costavano un botto. Ammetto che aveva gusto.
<<Non pensarci troppo, Hood, la mia Mercedes non si tocca>> rispose lui, guardandolo con sufficiente serietà. Te la vedi tu con lui, mio caro Calpal.
<<Andiamo, una bella targhetta con il tuo nome! Come quella sull'Harley di Kendall, argentata e con una scrittura elegante>> Calum aveva fatto un bel lavoro sulla mia bambina, l'argento brillava sulla vernice nera come se fosse una stella. Ma, come ben sapevo, ad Harry non piaceva rovinare l'estetica di determinati oggetti, infatti, come bocciò la mia moto, bocciò anche l'idea di Calum con un no pieno. Mi dispiaceva per lui, ci metteva l'anima per queste cose.
<<Cal, ho avuto un'idea per la tua officina>> spostai il discorso su qualcos'altro, in modo da non assistere ad uno spargimento di sangue. Sua, esatto. Era un asso nell'aggiustare, smontare, e riparare le cose. Lui sorrise, venendomi accanto e allargando le orecchie.
<<Io vado da Louis, lo vedo in difficoltà con quel taglia erba>> Harry mi stampò un bacio sulla guancia e andò da Louis il quale, in effetti, stava urlando -pregando- a quel povero taglia erba di funzionare. Dimenticavo, stavamo anche falciando una parte del prato dell'anfiteatro romano, in modo da ricavarne un campo da calcio per i ragazzi. Più per Louis, che per i ragazzi.
<<La mia officina, mh?>> Calum mi punzecchiò con il dito sul fianco, ridacchiai e gli feci cenno di sì con la testa. Batté le mani, le sfregò, e poi mi mise un braccio intorno alle spalle costringendomi a camminare con lui.
<<Vorrei prima vedere l'interno del Davidson>> lo guardai dal basso e annuì, portandomi di fretta al capannone e aprendo la porta in legno di ciliegio. Avevano anche cambiato quella, geni.
Appena entrati all'interno, sembrava di esser tornati indietro nel tempo e negli anni della disco, con divanetti in pelle rossa, mobili in legno scuro, e i flipper con i punteggi più alti sullo schermo. Un profumino di pasticceria mi invase il setto nasale e, con mia sorpresa, mi ritrovai Claire -una di noi Jackson- dietro il nuovo bancone bar del Davidson. Nella piccola vetrina abbondavano cornetti, sfoglie ripiene, e altri dolci che avrei di sicuro provato ogni pomeriggio speso qui. Dietro essa, una vasta parete attrezzata con tutto l'occorrente bar, dai bicchieri alle tazzine per caffè, dai tovaglioli alle bottiglie di alcol per i cocktail. Faceva sul serio, la nostra Claire.
Accanto alla zona ristoro, popolava una piccola sala giochi: il vecchio tavolo da pingpong, i flipper di cui parlavo prima, e un tavolo da biliardo. Notai anche un bersaglio con delle freccette appese al suo fianco, e una lavagnetta con dei gessetti. Infondo alla sala, i bagni: per quanto i ragazzi fossero creativi, al posto degli omini neri avevano fatto dei graffiti con le scritte Men e Women in modo da distinguere i bagni. Scossi la testa divertita e continuai a guardare il resto, tutto nei minimi dettagli.
<<Ti piace? Tuo padre ha pensato che avere un unico spazio, con diverse sale unite, sarebe stata la miglior scelta>> mi informò il mio amico, indicando i sovra palchi con dei divanetti in pelle, delle poltrone, e dei tavolini al centro sulla parte sinistra della sala. Notai anche un muretto, che divideva la zona relax-riunioni dal resto. Scossi la testa, concentrandomi sul jukebox anni '90, un giradischi moderno sulla piccola libreria piena di vinili e sui diversi quadri appesi alla parete. Era tutto perfetto, abbinato, e i colori si combinavano bene con i mobili e le decorazioni. Con mia sorpresa mi ritrovai anche una serie di illuminazioni a forma di lampadine che pendevano dal soffitto da dei fili rossi in movimento. Tutto perfetto, anche le mensole di qua e di là con libri, fumetti, e modellini di moto.
<<Avete fatto un bel lavoro, Cal...ma di là cosa c'è?>> chiesi, indicando la zona dietro il muretto. Mi sorrise, prendendomi per mano e trascinandomi nell'area tanto sospetta. Un sovra palco, con sopra il divanetto in pelle e le poltrone del vecchio Davidson, quelle dove io e i ragazzi passavamo il tempo dopo le lezioni o nel weekend. Sulla parete dietro il salottino c'erano appese alcune fotografie mie e dei ragazzi, il baule dietro al divano era insostituibile con uno nuovo, e notai anche il tavolino di legno con il porta cenere in vetro. Sorrisi alla vista dei cuscini scomodi sul salottino, e mi girai verso Calum per abbracciarlo. Ridacchiò, ricambiando il gesto e mi accarezzò la schiena con affetto.
<<Stupendo, davvero. Grazie per non aver tolto lo spazio, davvero non...grazie>> sapevo quanto ci tenessero i ragazzi al nostro spazio, e ringraziai ancora Calum per averlo tenuto e non averlo buttato nel dimenticatoio.
<<Luke, devi ringraziare lui>> mi rispose, poggiando le mani sulle mie braccia e guardandomi con i suoi occhi neri. Luke? Ma credevo che...dovevo andare da lui, parlargli e ringraziarlo di persona.
<<Dov'è?>> domandai al mio amico, seguendolo, mentre usciva dal capanno per raggiungere l'officina in costruzione. Era un'area abbastanza grande, come una normale officina rispettabile e le uniche cose che mancavano erano un'insegna col nome, l'attrezzatura all'interno dello spazio e le fastidiose macchie d'olio di motore sul pavimento. C'era anche un bagno di servizio, Calum aveva fatto check-point.
<<Turno al Martin>> rispose alla mia precedente domanda, guardandosi intorno tutto sorridente. Era in paradiso, sapevo che si stesse sentendo così. I suoi occhi brillavano, fissando gli scaffali vuoti e il pavimento cementato il quale non aspettava altro che essere sporcato di grasso. Vidi solo ora, con mia sorpresa, i vari scatoloni che contenevano altri pezzi dell'officina e i vari attrezzi. Notai anche la moto di Calum parcheggiata all'interno, una bellissima Kawasaki Ninja 650. La vernice nera metallica, brillava sotto le luci a led dell'officina, sentivo il rombo del motore invadermi le orecchie, il corpo tremarmi e raggiungere l'apice del piacere al sol pensiero di salire su quella bellezza orientale. Ma, se la ma memoria non mi ingannava, Calum possedeva una stupenda Honda Varadero grigia del duemila sette, perciò quello era un nuovo acquisto? Ottima scelta, Calum.
<<Bella la Kawasaki>> la indicai, facendogli spostare lo sguardo da me alla moto. Lui sorrise, annuendo con lentezza e avvicinandosi alla Ninja, recuperando le chiavi per poi lanciarmele. Le presi al volo e morsi il labbro quando mi passò un casco nero col una targhetta argentata sul lato di esso, come quella sulla mia Harley...no, cazzo.
<<Prezzo stupefacente, un'occasione per l'ultimo modello. Gli ho confidato che ti piaceva e, ora che sei tu il capo...beh, è tutta tua. Ci sono le ruote per la neve, ho fatto un giro per controllare il motore ed è una bomba. Serbatoio pieno, bilanciamento spettacolare e quando fai le curve...meglio del sesso con Harry, nel tuo caso>> mi rispose con nonchalance, indicando il gioiellino con un sorriso stampato in faccia. Io ero rimasta alla parola prezzo, e niente di più. Harry mi aveva regalato una moto? Una fottutissima Kawasaki Ninja, l'ultimo modello che costa un'occhio della testa!? Non posso sopportarlo, cioè era troppo...ma porca troia, era da gennaio che la volevo e ora...cazzo, porca puttana.
<<Come...cazzo, è mia? Sei serio Cal?>> non avevo ancora realizzato, era impossibile.
<<Certo che è tua! Se non la vuoi ti regalo un rene per averla, ma non credo che il riccio ne sarebbe felice>> ridacchiò lui, mentre mi mettevo a cavalcioni sul sedile in pelle sentendo i brividi invadermi il corpo. Una carezza, come due dita che sfioravano la mia parte più sensibile assieme alla lingua. Un dolce preliminare, prima del vero orgasmo. Voglio sentirle fare le fusa mentre il motore si scaldava.
<<Dopo la tua offerta di modificargli la targhetta della macchina, dubito che Harry ti lasci prendere questa bellezza>> risposi, infilando la chiave nella serratura pronta a mettere il casco e iniziare a correre con la mia nuova bambina. Appena tornati a casa, avrei fatto con piacere una seconda doccia con Harry.
<<Harry? Oh, non è suo il regalo, Kenny>> mi rispose, mentre mettevo il casco pronta a partire. Aspetta, cosa? Se non lui, chi è stato il pazzo a regalarmi milioni di sterline sulle quali correre? Calum sembrò leggermi nella mente, sorrise e scosse la testa mentre si avvicinava di più alla saracinesca dell'officina, aprendola del tutto e guardandomi con un sorriso che urlava: ''vai dove devi andare, che avrai la risposta''. Allora sospirai, girai la chiave e tolsi il cavalletto facendo un cenno a Calum con la mano, per poi sfrecciare verso il Martin in modo da ringraziare un amico. Un amico pazzo che aveva speso milioni per comprarmi una nuova moto. Luke Hemmings, mentecatto che non sei altro, cos'hai in mente? 

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