46. Into you

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Londra era avvolta dall'oscurità. Nelle strade governava un silenzio innaturale. Le viuzze erano deserte, i vicoli silenziosi e il sol rumore che si udiva era quello della moto di Harry. La Ducati sfrecciava libera sull'asfalto, il vento percorreva i nostri corpi e lasciava che i brividi prendessero il sopravvento. La luna spendeva, ci seguiva ovunque, e le stelle sembravano tanti piccoli puntini i quali formavano una mappa. La destinazione era ignota, sconosciuta, Harry non diceva nulla. Correva solo, io ero aggrappata al suo corpo e il cuore pulsava a mille per via dell'adrenalina nelle vene. Credevo che non l'avremmo mai fatto, invece eccomi qui a correre per le strade deserte di Londra nel cuore della notte con il mio ragazzo. Non potevo chiedere di meglio.
Ci fermammo, dopo un'ora di corsa sull'autostrada principale, ad una stazione di servizio. Il posto era tranquillo, illuminato dai pali della luce e dai led a intermittenza della stazione. Il bar era aperto, notai un signore all'interno del locale, indossava un berretto rosso e un grambiule a tema. Notai anche che era intento a leggere un giornale, sorrisi al pensiero di quella scena così comune, e strana, data l'ora. Tolsi il casco e guardai Harry, ormai sceso dalla moto, intento a guardarmi con un sorriso sulle labbra. Scesi anche io, poggiai il casco sul sedile della Ducati e guardai Harry dal basso sorridendo leggermente.
<<Non abbiamo finito>> lo sussurrò, sfiorandomi le braccia con le dita. Accolsi i brividi lungo la schiena e arrossii di poco.
<<È solo l'inizio, vero?>> Mantenni il suo tono di voce, gli accarezzai le guance e spostai lo sguardo sulle sue labbra. Queste si curvarono in un sorriso, le fossette spuntarono ai lati della bocca e i nostri corpi si avvicinarono sempre di più. Fui invasa da un calore ormai familiare, da una strana scossa violenta nel corpo, da un dolore piacevole nello stomaco. Harry riusciva a farmi andare in confusione con poco, una semplice carezza o un semplice sorriso. Era da matti, ma dalla pazzia nasceva l'amore vero per una persona e, più ci penso e lo ripeto, più mi convinco che questa cosa che c'è tra noi possa continuare. Possa andare avanti. Entrambi seguiamo l'altro, lo rincorriamo, lo perdiamo e lo riprendiamo. Eravamo uno la dottrina dell'altro.
<<Dolce o salato, mia piccola diciottenne?>> chiese, distogliendomi dai pensieri e ricevendo la mia attenzione. Ci pensai su, arricciando le labbra e guardando il tappeto stellato sopra di noi.
<<Sorprendimi, il mio stomaco accetta tutto>> saremo sicuramente ripartiti dopo aver fatto il nostro spuntino notturno, ogni cosa era ben accetta.
<<Vedrò cosa fare, tu aspettami qui>> mi baciò le labbra, si staccò piano da me e si voltò per poi entrare nel bar della stazione. Io tornai sulla moto, appesi il casco al manubrio e presi il cellulare nella tasca del giaccone. La schermata era piena di notifiche e messaggi, la maggior parte era per gli auguri, il resto delle semplici email. Lasciai perdere i social e mi concentai sul panaroma che mi circondava. Tralasciando la stazione di servizio in mezzo al nulla, ero circondata dalla natura attorno alla strada principale. Non c'era nessuno, nemmeno una macchina o un camion delle consegne. L'aria era secca, di tanto in tanto si alzava una folata di vento e questo innalzava la sabbiolina circostante. Non si vedevano bene le piante -se c'è n'erano, ma ne dubito- e il resto era solo nero. Guardai in alto, la luna e le stelle erano ancora lì a illuminare quel posto oscuro e freddo. Oltre a questi dettagli, la serata aveva un non so che di romantico. Harry mi aveva rapita da casa, messa sulla sua Ducati e portata via nel nulla per avere una serata diversa. Compivo diciott'anni ed ero in mezzo all'ignoto con il mio ragazzo. Il romanticismo non era il mio forte, ma Harry ci sapeva fare con le sorprese.
Parlando di lui, eccolo che tornò con lo spuntino e...una macchia di rossetto sulla guancia? È la prima cosa che gli chiesi un po' infastidita. Lui si mise a ridere, indicò una ragazza in lontananza che ci salutò tutta elettrizzata. Con quel poco di luce, riesco a capire che si tratta di una prostituta per via dei vestiti striminziti, gli orecchini enormi a cerchio e il trucco eccentrico. Capelli ondulati, biondo platino e carnagione olivastra.
<<Parlavo con Nick, il signore dietro il bancone, e mi ritrovo Lola, la platinata che ci ha salutato>> iniziò a raccontare, passandomi il sacchetto con dentro lo spuntino. Guardai Harry, sollevai un sopracciglio -abbastanza curiosa- e gli feci un cenno con la mano. Lui continuò a parlare <<inizia a flirtare, poi le dico "sono con la mia ragazza, se ti vede che ci provi ti ammazza">> sorrisi alla sua risposta, gli feci spazio sulla moto e si spostò va cavalcioni di fronte a me. Portai le gambe sulle sue e mi avvicinai un po' continuando ad ascoltarlo. <<Allora Nick mi chiede cosa ci facevamo tutti soli a quest'ora della notte. Spiego ad entrambi che fa parte del mio regalo di compleanno, loro due sono tutti un "oh, ma che tenerone!" e Lola mi stampa un bacio>> indicò la guancia sporca di rossetto e ridacchiò.
<<Com'è finita? Hai il numero di Lola?>> Ci scherzai su, cercando di toglierli la macchia fucsia sulla pelle. Ne levai una buona parte ed Harry riprende a parlare.
<<Certo, ma per ora mi basti tu amore mio>> spostai lo sguardo su di lui, stava sorridendo e una sua mano si posò sulla mia coscia. Le dita si mossero piano, i brividi tornarono e il dolore al ventre assieme ad esso.
<<Sei un romanticone>> lo presi in giro, lui mi pizzicò la coscia e lo guardai imbronciata. Poi, fece una cosa abbastanza dolce: chinò il viso, sorrise e mi baciò il broncio facendomi arrossire. Tutto ciò in maniera naturale, senza sforzi o obblighi. Harry era fatto così: faceva le cose senza darci troppo peso. Era ciò che amavo di più di lui.
<<Ora mangia nanerottola, devo portarti da una parte>> annunciò, fiero del suo piano e prendendo il suo spuntino dal sacchetto. Lo imitai. La casa offriva hamburger ripieni di schifezze, una bibita in un bicchierone di plastica. Harry era un classicista, niente da aggiungere.

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