51. I kissed a girl

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Infilai la giacca di pelle e scesi le scale. Luke mi aveva mandato un messaggio dicendomi di uscire. Chiusa la porta di casa, mi ritrovai il biondo sulla sua moto, impegnato al cellulare, e con ancora il casco in testa. Pensavo che fosse venuto con la macchina, non con la moto. Presi un grosso respiro e ripeto a me stessa che non era la prima volta che salivo sulla moto di Luke.
<<Hemmings>> lo richiamai, ricevendo la sua attenzione. Infilò il cellulare nella tasca del suo giaccone e mi porse il casco accennando un gesto con la mano. Da quando si era fidanzato con Allyson, il nostro rapporto si era infreddolito. La calotta polare artica non era niente in confronto alla nostra amicizia, se c'era ancora dell'amicizia tra di noi.
Rimase in silenzio, presi posto dietro di lui e convinsi me stessa a non mettergli le braccia attorno per non cadere dalla moto. Portai le mani dietro la schiena, mi tenni al sedile e formulai le miglior domande da porgli una volta arrivati in centrale. Luke fece partire la moto, il rombo risuonò per tutto il viale, uscì dal vialetto di casa mia e, quando scese dal marciapiede a tutta velocità per imboccare la strada, persi l'equilibrio e d'istinto mi aggrappai al suo corpo con le braccia.
<<Scusami>> dissi, pensando che il gesto improvviso gli avesse dato fastidio.
<<Nulla di importante>> rispose, e il silenzio calò su di noi.


Una volta in centrale, io e il biondo taciturno aspettammo James in una delle sale interrogatori. Camminando avanti e indietro, cercai di capire che cosa volesse dirci il detective. Che avesse scoperto qualcosa sul conto di Williams e Sullivan? Che fossero usciti dei collegamenti con gli omicidi di Jones e Jackson, oltre alla causa della morte? Mille domande vagarono per la mia mente, ma quello che non mi capacitavo a comprendere, quello il quale non mi faceva dormire, era il fatto che due persone erano morte per qualcosa di ignoto. Perché ucciderle? Perché non minacciarle soltanto?
<<Puoi sederti? Mi stai innervosendo>> Luke cancellò i miei pensieri, sobbalzai di poco sentendo la sua voce. Per tutto questo tempo non aveva aperto bocca, aveva cucito le labbra e si era calato nel gioco del silenzio. Gioco che valeva solo per me, perché era da ormai mezz'ora al cellulare a scrivere e ascoltare audio della sua nuova ragazza. Nemmeno quando io e lui stavamo assieme mi dava tutte quelle attenzioni.
<<Scusa, sto cercando di ricostruire i fatti>> presi posto accanto a lui, spostò di poco la sedia e portò la schiena verso dietro mettendosi comodo. Sollevò una gamba, poggiò il piede sul ginocchio e riprese il suo cellulare. Okay, ora la sua stronzaggine mi stava letteralmente stancando. Cos'era, una specie di vendetta perché non gli ho dato abbastanza attenzioni? Si stava vendicando perché lo avevo respinto? Perché ho scelto Harry e non lui?
<<Luke, perché c'è l'hai con me?>> gli domandai, non sopportando la sua indifferenza verso i miei confronti.
<<Niente di importante>> mi rispose nello stesso tono di prima. Stavo per urlargli contro, ma la porta della sala ebbe la mia attenzione. Grazie James per aver interrotto un possibile omicidio.
<<Scusate il ritardo, questo caso mi sta facendo impazzire>> il detective prese posto di fronte a noi, poggiò dei fascicoli sul tavolo e ci guardò. Luke lasciò il cellulare, si drizzò con la schiena e spostò i capelli dalla fronte guardando James.
<<Luke Hemmings, piacere di conoscerla>>
<<James Carter, grazie di essere venuto>> si strinsero la mano e sorrisero cordialmente l'un l'altro. Scherzava? Era da mezz'ora che cercavo di farlo sorridere o avere un contatto con lui, e ora fa il carino con James? I maschi non li capirò mai.
<<Allora, James, cosa doveva chiederci?>> il detective mi passò un fascicolo, lo aprii e all'interno di esso c'erano alcune foto. Raffiguravano il Davidson, ai vecchi tempi, quando Jackson era ancora vivo. Ora che me ne rendo conto, non avevamo fatto nulla per lui dopo il funerale. Funerale straziante per noi del clan, credo che mi rimarrà impresso nella testa per sempre, assieme a quello di Jones.
<<Dovremo fare un sopralluogo nel vostro capannone, forse c'è sfuggito qualco->>
<<James, non è più il Davidson di una volta. È cambiato, da cima a fondo>> lo interruppi prima che potesse aggiungere altro. Il detective ci guarda per un attimo, sorpreso dalla mia uscita. Prese un grosso respiro e picchiettò le dita sul tavolo.
<<Siamo venuti a sapere di un possibile accordo, andato male, tra Jackson e i due ex capi clan, Williams e Sullivan>> James guardò prima me e poi Luke, lui sembrava così sereno, tranquillo. <<Supponiamo che Jackson doveva dei soldi a Williams e Sullivan, nessuno sa il perché, le prove sono insufficienti, perciò la mia domanda è>> continuò a guardare Luke, sicuro di quello che stava per dirgli <<tuo zio, potrebbe averti detto qualcosa che potrà aiutarci a collegare i due casi di omicidio con quello di Kendall?>> se avessimo scoperto il perché Jackson doveva dei soldi ai due, avremmo avuto una pista sulla quale indagare. Guardai Luke, speranzosa che potesse esserci d'aiuto. Quando suo zio era vivo, gli raccontava ogni cosa, anche quando era in difficoltà o nei guai. Luke esitò, fissava a lungo la stanza, James, me per ultima. Lo supplicai con gli occhi, sapevo che sapeva, non poteva tirarsi indietro. Non ora. Conosceva il dopo, sarei stata dagli Snakes, con Niall. Mi sarei infilata negli affari di un clan pericoloso, poteva esserci persino la droga di mezzo. Traffico illegale di stupefacenti, gli Snakes avevano la fedina penale che strabordava. Dopo pochi minuti di silenzio, Luke cantò come un uccellino. Finalmente, avevamo un pista.


Tornata a casa, mi misi all'opera. Per tutto il tragitto di ritorno Luke rimase in silenzio, la cosa non mi sorprese più di tanto. Dopo la sua confessione, James divenne una furia nel lavoro. Quando uscimmo dalla sala interrogatori, lui si precipitò alla sua amata lavagna e si mise a studiare il caso a fondo. Notai quanta passione e impegno metteva per il suo lavoro, ammetto che quello del detective era un mestiere pericoloso e divertente allo stesso tempo. Ci stavo pensando da tempo, forse era quello il mio destino.
Mentre preparavo da mangiare per il pigiama party di questa sera, la porta di casa si aprì rivelando le figure di mio padre e mio fratello. Abbassai la musica, Lana del Rey stava accompagnando le mie doti da chef.
<<Dico solo, che di James c'è né uno in questa famiglia>> questo era mio padre. Fece capolino nella cucina, buttò il giaccone su uno sgabello e aprì il frigo prendendo una birra. Il solito architetto anglo-italiano.
<<Perché non usarlo come secondo nome? Io sono Liam James Payne, ricordi?>> prese anche lui una birra dal frigo e guardò mio padre, pensieroso sull'argomento. Capii di cosa stessero parlando, mia madre era un continuo lamento su questo. Come chiamare il quinto Payne? Io avevo messo giù una lista, la quale venne bocciata perché a mia madre non piaceva nessuno dei dieci nomi che le proposi. Perciò, da brava figlia menefreghista, mi tirai indietro. Joe e Leila lottavano senza sosta, mio padre aveva gli incubi di notte e Liam...beh, Liam era Liam e cercava di accontentare mia madre. Il figliol prodigo.
<<Kendall, tu che ne pensi?>> guardai mio padre e sollevai le spalle. Era suo figlio, non il mio.
<<Si poteva evitare tutto questo mistero con un preservativo>> immaginate Hannah Gray, Satana in persona, con un pancione grande quanto due angurie messe assieme. Le sue lamentele per la casa, per quanto fosse ingrassata, le scarpe da ginnastica al posto dei tacchi, dei semplici leggings al posto dei soliti abiti firmati, e il viso privo di trucco al posto del solito stucco che la ringiovaniva. Hannah Gray, per i primi tre mesi di gravidanza rimase un figurino, una modella di Victoria's Secret e la donna sulla copertina di Vanity Fair. Ora, era a fine quarto mese, stava per entrare nel quinto, e sembrava una di quelle camioniste obese senza lavoro, senza marito, senza famiglia, la quale viveva in una fattoria piena di maiali. E queste, erano le sue testuali parole.
<<Inizio a pensarlo anche i- aspetta un attimo, e tu che ne sai di queste cose?>> A casa con i Payne, ogni giorno su Real Time. James Payne credeva ancora che la sua seconda genita fosse rimasta ai tempi in cui giocava con le barbie. Mai avute, a dire il vero.
<<Papà, ho diciott'anni>> per lui ne avevo otto senza l'uno accanto. Lui mi guardò per un secondo, sembrò che dovesse svenire da un momento all'altro. Liam stava assistendo alla scena con ironia, tanto da mangiarsi i miei popcorn.
<<Aspetta, vuoi dire che tu ed Harry...?>> annuii e trattenni una risata. Forse eravamo silenziosi io e il riccio, ma non credo che lo eravamo così tanto da non far sospettare mio padre. Insomma, persino i genitori di Harry sapevano che noi due facevamo sesso.
<<Benvenuto nel ventunesimo secolo, Mr Payne>> lo prese in giro Liam, dandogli una pacca sulla schiena e continuando a mangiarsi i miei popcorn. Maledetto pozzo senza fondo.
<<Ma io credevo...almeno usate le precauzioni?>> domandò mio padre, guardandomi tra lo speranzoso e lo sconvolto. Presi i vassoi con l'aperitivo e mi avviai verso la porta della tavernetta. Mi voltai prima di sparire nel corridoio e guardai mio padre, rivolgendoli un sorriso innocente.
<<Harry dice preservativo, Kendall dice pillola>>.

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