59. Serpent's kiss

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Se mi avessero chiesto di scrivere un libro o una sceneggiatura horror, avrei sicuramente descritto accuratamente lo scricchiolio delle scale a chiocciola le quali stavo scendendo. Era così inquietante che ricordava un cigolio improvviso in una casa buia e isolata dal mondo. Ma non mi chiesero questa cortesia, perciò mi concentrai a descrivere la scena alla quale stavo partecipando per conto mio. Presi un grosso respiro e scesi l'ultimo scalino per raggiungere, finalmente, la cantina.
Puntai la torcia del cellulare in diversi punti della stanza, notando l'assenza di mobili e pulizia nell'abitacolo. Con mia grande sorpresa, non mi imbattei nell'odoraccio nauseante del capannone, ma in uno che odorava di umidità, acqua piovana e polvere. Dovetti, infatti, trattenermi dallo starnutire diverse volte mentre cercavo un interruttore sulle quattro pareti. Ma, quando puntai la torcia verso il soffitto, mi ritrovai un cielo di ragnatele intrecciate tra di loro e una lampadina intrappolata in esse assieme alla catenella che l'avrebbe sicuramente accesa. Evitai di rischiare di ritrovarmi dei ragni sulla testa e mi concentrai sulla stanza. Non che ci fosse molto da vedere, se non quattro mura piene di muffa, un pavimento in legno che scricchiolava ad ogni passo, una scala a chiocciola cigolante e una por- una porta!
<<Matricola un corno, voglio il mio stipendio!>> sussurrai tra me e me, notando che non ci fosse nessun tipo di lucchetto o blocco sulla maniglia della porta, la quale aprii con lentezza sperando che non ci fosse nessuno dall'altra parte della stanza. Presi un grosso respiro e scavalcai il gradino, per poi richiudermi la porta alle spalle. Come prima, cercai un interruttore sulla parete e lo trovai, lasciando che un sospiro uscisse dalle mie labbra. Spensi la torcia del cellulare e mi guardai attorno, perdendo un battito per la sorpresa che mi ritrovai di fronte agli occhi. James, procurati un mandato di perquisizione.
Rimasi un attimo immobile, analizzando la scena in cui mi ritrovavo. Delle casse di legno erano poste sul lato destro della stanza, mentre nella parte opposta degli scaffali si allungavano su tutta la parte. Al centro, era posto un tavolo con varie cianfrusaglie, in modo che dividesse la stanza in maniera equa. In fondo alla cantina un'altra porta predominava l'ultima parete. Una porta verde, con sopra un adesivo giallo che diceva PERICOLO, ENTRARE CON LA GIUSTA ATTREZZATURA. La mia curiosità mi aveva portato nel luogo giusto. Mi affrettai a scattare qualche foto alla cantina in sé, per poi prendermi del tempo per analizzare i minimi dettagli. La prima cosa che feci, fu quella di avvicinarmi alle casse e scorrere con le dita sul legno scheggiato di esse e guardare con attenzione le etichette appiccicate.
<<Proprietà di Mark O' Sullivan e John Williams, ex capi clan degli Snakes. Il contenuto di questa cassa è estremamente FRAGILE, si prega di non aprire fino alla consegna>> scattai una foto e scossi la testa divertita da tanta teatralità. La seconda etichetta riportava un indirizzo diverso per ogni cassa, i quali non riconobbi. Sfilai lo zaino dalla spalla e pescai l'agenda dove segnavo i compiti, recuperai la matita tra le pagine e trascrissi le varie vie su una pagina vuota, così che James potesse avere dei riscontri con i destinatari. Le casse erano chiuse da un lucchetto ciascuna, perciò non misi tanto a sfilare la forcina dai capelli, inserirla nella serratura, lavorarci un paio di secondi per poter sbloccare il lucchetto e rimettere la chiave tra le ciocche della coda. Spostai il cellulare su un'atra cassa e aprirne una a caso, ritrovandomi una montagna di pacchi di farina all'interno di essa.
Da quando erano diventati degli amabili pasticceri? Domandai a me stessa, prendendo un pacco e il cellulare sulla cassa. Poggiai il sacchetto sul tavolo, lo aprii con cura e bagnai la pelle del guanto con la lingua per poi immergere il dito all'interno del sacchetto e portarlo in bocca. Alla faccia del FRAGILE!
<<Porca puttana!>> cocaina. Quella era cocaina, non farina 00 per dolci! James, prepara la mia domanda di ammissione! Non potevo lasciare una prova così, sotto al nulla. Mi affrettai a girare per i cassetti del tavolo, tra gli scaffali in legno e, quando trovai una scatola piena di bustine trasparenti, ringraziai il cielo per la fortuna che mi stava dando. Grazie, nonno Ginaldo! Poggiai la scatola sul tavolo, presi una bustina e con molta attenzione di buttai un po' di polvere all'interno così che James avesse un campione della coca. Sarebbe stato fiero di me dopo quest'avventura nel macabro.
Pulii per bene la superficie del tavolo e mi assicurai di mettere la scatola con le bustine al suo posto, di conservare al meglio il pacco con la farina all'interno della cassa aperta e di richiudere questa nel migliore dei modi. Stavo sistemando lo zaino per avventurarmi nella stanza del pericolo, quando una cassetta rossa sotto il tavolo in legno catturò la mia attenzione. Guardai il cellulare, una chiamata da parte di Niall. Sicuramente mi stava cercando. Decisi di rispondergli al terzo squillo, meravigliandomi di tutte le tacche sul cellulare.
<<Piccola, dove sei?>> il suo piccola mi rivoltò lo stomaco, peggio della puzza all'interno del capannone. Presi un grosso respiro e mi chinai sulle ginocchia per prendere la cassetta rossa e poggiarla sul tavolo.
<<Non ti trovavo, perciò mi sono accesa una sigaretta. Sto facendo un giro nei dintorni>> e sto invadendo la tua privacy, tendendoti una trappola con la polizia. La cassetta non riservava nessun tipo di trattamento, né lucchetti né serrature da scassinare.
<<Perché non hai chiamato? Non voglio che giri da sola, senza di me>> il suo tono brusco mi fece sbuffare per la noia. Ero abbastanza grande da badare a me stessa, e abbastanza forte da abbattere un uomo come suo zio tirandogli un calcio nelle palle. L'espressione dolorante di Sullivan sarebbe rimasta nella storia.
<<So badare a me stessa>> risposi al biondo, incastrando il cellulare tra guancia e spalla così che potessi aprire la cassetta. Ero pronta a scoprire cosa nascondesse Niall dentro quel metallo rosso brillante.
<<Non mi interessa, non puoi andare dove ti pare>> alzai gli occhi al cielo e aprii la cassetta, rimanendo di stucco alla vista del contenuto della cassetta. Cazzo, porca puttana.
<<Niall, tra dieci minuti sono da te. Devo rispondere a mia madre>> chiusi la chiamata prima che potesse rispondermi, e poggiai il cellulare sullo zaino osservando le varie foto all'interno della scatola rossa. Ritraevano me e Niall al Davidson, in giro per la città, sulle spiagge di Brighton, durante le feste dell'anno. Poi i soggetti cambiarono, c'ero io con Harry nei nostri momenti più belli, persino quelli del primo appuntamento. Ingoiai un groppo alla gola, le mani iniziarono a tremare quando presi un foglio piegato in due alla fine delle foto. Mi stavo infiltrando nella vita di Niall più del dovuto, mi stavo spingendo così a fondo che stavo rischiando di essere scoperta, rischiavo la vita per dar fine ad una tortura limbica. Non devi farti sottomettere da lei, non può averti e non ti avrà mai. Le parole di Harry tornarono come una cascata in piena, dandomi la forza necessaria per aprire il foglio e leggere le parole scritte su di esso.

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