33. New rules

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Il dobbiamo parlare si trasformò in un'attesa snervante.
Guardai Harry dall'altra parte del tavolo, mi fissava con una certa intensità che rischiai di affogarmi tre volte quella sera. Non smetteva di cercarmi, di osservarmi, di seguire i miei movimenti. Mi stava mettendo in soggezione in una maniera assurda, non mi guardava mai così, neanche nei giorni in cui non eravamo in guerra. Sì, in quel momento eravamo in guerra. Non riuscivamo a parlare della questione mi sono innamorato come due persone normali. Forse nessuno dei due lo era, il che non mi sorprenderebbe più di tanto se uno dei due risultasse positivo al test di pazzia. Non mi sorprenderebbe nemmeno se risultassimo entrambi positivi.
<<Kendall, sei silenziosa stasera. Tutto okay, tesoro?>> mi domandò Anne, distogliendomi dai miei stessi pensieri. Posai il tovagliolo sul tavolo e annuii, togliendo lo sguardo da Harry e guardando dall'altro capo del tavolo.
<<Scusate, la stanchezza>> e da una parte era anche vero. Quella giornata fu uno stress, dovetti anche cercare di far capire a Louis i problemi di trigonometria. Tutto normale, come ogni lunedì che si rispettava. Ecco perché risultò un disastro quel giorno...
<<Non ci sono problemi se volessi rimanere a dormire da noi, tua madre la potrei avvisare io>> rispose lei, lasciandomi senza parole. Cercai di parlare, ma Harry intervenne dicendole che gli avrebbe fatto piacere avermi con lui. Non avevo nemmeno lo zaino, gli abiti di ricambio...avevo bisogno della mia stanza, del mio spazio, del mio silenzio. Non potevo rimanere.
<<Non c'è bisogno, Anne, ho da ripetere alcune materie e domani devo portare Leila a scuola>> lei sorrise, senza dir nulla e sentii il gelo di fronte a me. So che voleva dormire con me solo per parlare, ma non c'era bisogno di esser così soffocante verso i miei confronti. Non volevo dipendere da lui, mi bastava esser stata invitata da suo padre contro la mia volontà.
<<Come vanno i preparativi per il matrimonio?>> Gemma era al fianco di Harry, mi sorrideva e il suo aspetto era più che impeccabile. Aveva tinto i capelli, ossigenati per l'esattezza, e devo ammettere che stava da dio con quel biancume in testa. La pelle chiara e le lentiggini risaltavano i suoi occhi color caramello e le labbra carnose. Guardai i due fratelli, attentamente, e notai la somiglianza. Era incredibile, anche se i colori erano diversi.
<<Hanno deciso la data, si terrà l'otto marzo>> alzai le spalle e strofinai le mani sulle cosce guardando Gemma. Lei sorrise, bevendo il suo vino rosato e alzò le sopracciglia ricordandosi di una cosa.
<<Hai già il vestito? Posso vederlo? Io non so cosa mettere!>> Harry mi aveva detto che lei era un tipo così...paranoico. Sembrava così tranquilla, ma quando si trattava di cerimonie o compleanni era sempre un dramma.
<<Non essere invadente, Gem>> la ammonì suo fratello, e sospirai. Le dissi che non si doveva preoccupare, che poteva venire a casa quando voleva per vedere il vestito, che mi mancavano le scarpe e cose del genere. Ne fu entusiasta, che mi disse: <<Andiamo a fare shopping, giovedì!>> era okay, mi spaventava un po' star con la sorella del mio ragazzo, ma accettai. Forse, era il modo giusto per parlare con qualcuno che non faceva scommesse su quello che ti sarebbe accaduto nel corso dei giorni, qualcuno che non ti giudicava per quello che facevi.
Aiutai Anne a sparecchiare, mettere a posto i piatti e ripresi le mie cose. Quando uscii dalla loro casa per raggiungere la mia, mi sentii chiamare e cercai di ignorare tutti i suoi richiami, aumentando il passo e vedendo la porta dell'entrata. Ignara, mi sentii afferrare da lui e mi ritrovai la sua stazza di fronte. Perché dovevamo essere così, ogni volta...
<<Kendall, dobbiamo parlare>> mi sussurrò, vedendo la sua disperazione nel cercare il mio sguardo. Non lo guardare Kendall, non lo guardare, non lo guard- perché i suoi occhi mi misero paura? Perché mi sentivo rammollita quando avevo quelle iridi addosso?
<<Harry...domani. Ti prego, sono stanca e->>
<<Ti ho detto che sono innamorato di te, e tu non hai detto niente>> andò dritto al sodo. Mi si bloccarono di nuovo le parole in bocca, il cuore non riuscì più a battere e non capivo perché avevo così tanto paura di un suo ti amo non detto. Non poteva, era troppo presto e c'era ancora da sistemare il capannone, la questione di Niall, i clan, le moto...non doveva mettermi peso sui sentimenti.
<<Harry...per favore>> mi staccai da lui, cercando di mantenere la calma. Mi sembrava di essere rinchiusa in uno spazio piccolo senza fiori, senza finestre, senza luce.
<<Per te non è niente, vero? Quello che c'è tra noi, non ti è mai importato>> come poteva dire una cosa del genere, quando avevo rischiato tutto per lui? Come poteva dire queste parole, se ogni volta che eravamo insieme la dodicenne che era in me, usciva e ballava la Hula?
<<Non...non è vero. Sai che sei tanto per me>> mormorai, feci un passo avanti e cercai di prendergli la mano. Lui la ritrasse, scuotendo la testa e passò le mani tra i capelli guardandomi. Incredulo. Non mi credeva?
<<Menti, o mi avresti detto: anche io>> alzò di poco la voce alle ultime due parole, la testa mi scoppiava. Io sapevo bene cosa provassi per lui, cosa sentissi, cosa c'era in me quando mi guardava o toccava. Non era sesso il nostro, ma tutt'altro.
<<Io voglio dirtelo, davvero Haz...ma ho paura>> infatti era così: avevo paura dei miei stessi sentimenti perché avevo una concezione tutta mia del ti amo, delle relazioni, del futuro, dell'amore in sé. Non ne avevamo mai parlato, ed era quello il nostro problema: non parlavamo delle nostre emozioni.
<<Di cosa, Kendall, che possa lasciarti il giorno dopo? Che possa metterti di nuovo in palio, lasciandoti nelle mani di Luke o, peggio ancora, di Niall? Se l'ho fatto è stato solo per quello: non voglio che nessun altro abbia la ragazza che amo da ben quattro fottutissimi anni>> rimasi in silenzio, ascoltando le sue parole e mi venne da piangere. Lo feci, perché capivo cosa provasse e cosa significasse amare una persona da tanto tempo. Lo stesso sentimento lo provai per Niall, ma era tempo di lasciarsi il passato alle spalle. Capivo Harry, capivo quello che provava per me e cosa sentiva. Era lo stesso, ma per me non erano quattro anni, per me erano solo tre mesi.
<<Io non sono pronta a dirti quello, io voglio godermi la nostra avventura infinita. Io voglio che i prossimi giorni siano indimenticabili. Voglio passare il natale con te, voglio che tu sia il mio nuovo anno, la mia epifania, il mio compleanno, la mia pasqua, la mia estate, e tutto questo ripetuto all'infinito>> gli presi il viso tra le mani, accarezzandoglielo e lo guardai con ormai gli occhi rossi e le lacrime che lui stesso mi asciugò con in suoi pollici. Poi mi afferrò per i fianchi, baciandomi di poco sulle labbra. Necessario, sincero, puro.
<<Perché non mi parli mai dei tuoi sentimenti?>> sussurrò, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio accarezzandomi, con la mano libera, il fianco sinistro. Alzai le spalle, sospirando e girando i suoi ricci tra le dita.
<<Perché sono confusi, li rendi confusi, e so solo dirti che mi mandi a puttane>> sorrise leggermente, baciandomi la fronte e annuendo cercando di capirmi.
<<Non sai se mi ami o meno?>> perché vedeva solo quel sentimento? Perché non vedeva il resto? Mi staccai piano da lui, portando le mani lungo i fianchi. Era lui ad essere dipendente da me, non il contrario.
<<Ci sono altre cose, oltre all'amore. Non dico che non ci sia qualcosa in più del volerti bene, ma per me è una cosa ormai scontata in una coppia. Siamo nel ventunesimo secolo e tutti pensano a questo, io non sono così. Io preferisco i gesti alle emozioni e l'amore, per me, è una cosa banale>>
<<Banale? Pensi che amarti per quattro anni sia una cosa banale? Pensi che dopo tanta attesa, io sia banale a dirti queste cose? Ho aspettato per averti, per baciarti, toccarti, per parlarti soltanto, Kendall, e ora dici che quello che provo per te sia banale?>> avevo esagerato, ma non potevo rimangiarmi le parole. Io provavo tantissimo per lui, sia chiaro, ma non sentivo la necessità di dirglielo. Almeno non in quel momento, era presto e guardare dove eravamo arrivati io ed Harry, perché mi aveva detto mi sono innamorato. Ecco dove portavano i sentimenti espressi, alle litigate.
<<Tu sei diverso...io sono un disastro in queste cose, nelle relazioni, e in tutto>> e anche quello era vero, dopo Niall non riuscivo a trovare la pace nelle mie stesse emozioni. Avrei preferito morire che parlare di quello con un ragazzo.
<<Allora fammi essere la tua eccezione, fammi essere quello che sistemerà questo bellissimo disastro>> mi prese le mani, le baciò, e mi guardò. Come me, era ormai in crisi e stava cercando di non crollare nella sua fossa. Saremo precipitati assieme, me lo sentivo.
<<Harry...non devi per forza>> sussurrai, e poggiai la fronte sul suo petto chiudendo gli occhi. Lui mi abbracciò, stringendomi a sé, e mi baciò la testa per poi poggiarsi col mento su essa.
<<Io ti amo, farei tutto per te>> mormorò, tra una goccia di pioggia e l'altra. Mi strinsi di più, rimanendo in silenzio. La pioggia si trasformò in neve, e noi rimanemmo nella quiete di quella sera. I miei pensieri smisero di esistere, il silenzio fu l'unica cosa a cui mi aggrappai.


Niente scuola, non avevo le forze anche se fosse. Chiusa per neve. Mi feci un bagno caldo, mi sentii anche debole. Mal di testa, bruciore alla gola, le ossa a pezzi. Stare fuori per mezz'ora, abbracciata ad Harry, ferma, in mezzo alla neve che cadeva su di noi, non fu una buona idea. Il giorno dopo, infatti, non riuscii a muovere bene le gambe o le spalle. Ero come bloccata, ma non fisicamente: emotivamente. Le emozioni non si sbloccavano, non andavano oltre, non riuscivo a scavalcare il muro costruito da me stessa. Era sempre difficile amare qualcuno, dare se stessi a qualcun altro, e aprirsi con la persona che amavi. Non mi spiegavo perché facevo così con Harry, ma sapevo che era meglio tener le difese alte anche con lui. Le avevo abbassate una volta, fidandomi ciecamente, e rimasi scottata. Perciò, perché abbassare di nuovo le mura per star male e lontano da lui? Anche se, in quel momento, mi sembrava di essere su un altro pianeta.
<<Kendall, c'è Zayn in salotto>> e quando si ha bisogno di divorare una confezione di gelato al triplo gusto, si doveva chiamare il proprio migliore amico per disperazione post ti amo. Infilai la felpa e scesi giù in salotto con Leila dietro che parlava con il suo pupazzo. Sarebbe stata con me e Zayn, Joe era da nonna Rose, Liam e Maya al castello, e i miei erano a lavoro. Ormai ognuno aveva i suoi ruoli, io ero la babysitter di mia sorella.
<<Ehi Ken->> inutile dirlo, mi lanciai tra le sue braccia e mischiai il profumo alla vaniglia con quello di Zayn. Muschio, misto a quella bellissima essenza di tabacco e profumo maschile. Trovai rifugio, in quelle braccia abbastanza forti da stritolarti e mi aggrappai al suo cappotto. Infilai la testa nel suo petto, rilassai il corpo e il dolore sembrò scivolare via in pochi attimi.
<<Ehi...stai piangendo?>> mi prese il viso tra le mani, passò i pollici sulle guance e alzai le spalle. Era inevitabile, non riuscivo a trattenermi per determinate cose. La sera prima con Harry, quella mattina con Zayn, il resto del giorno lo avrei passato sola in camera a pensare. Passai le mani tra i capelli, e sospirai guardando il mio amico.
<<Prendo la vaschetta dal fre->>
<<Leila, va a vestirti, facciamo una passeggiata>> mi fermò, e mia sorella sorrise correndo al piano di sopra e urlando cose insensate. L'ultima cosa che volevo era uscire in quelle condizioni pessime e da vedova.
<<Zayn...non c'è bisogno>> volevo rimanere a casa, con la vaschetta tra le gambe, il cucchiaio in mano e How I met your mother a gogò.
<<Non staremo a casa>> si piegò, prendendomi dalle gambe e caricandomi in spalla. Urlai, aggrappandomi al suo cappotto mentre saliva le scale a due a due. Entrò nella mia camera, chiuse la porta e mi buttò sul letto. Gli lanciai il cuscino addosso, il quale prese all'attimo e me lo lanciò di rimando, colpendomi in faccia.
<<Zayn...se vuoi porta Leila in giro, ma io rimarrò qui>> lo guardai, seguendo i suoi movimenti e lo vidi sparire dietro il separé. Tornò da me, lanciandomi dei jeans neri e un maglione a collo alto del medesimo colore. Buttò sul letto un cappotto color cammello, lungo, abbastanza caldo. Si piegò sulle ginocchia, sparendo sotto il letto e dopo poco risalì con le Timberland tra le mani. Okay, solo perché aveva buon gusto in fatto di vestiti non voleva dire che sarei uscita con lui.
<<Ascolta, ci sono passato, ci siamo passati tutti. Io non voglio vederti così, mi è bastata la telefonata di questa notte durata due ore. Perciò, vestiti e fatti viziare. Fuori il tempo è bellissimo, tu sei distrutta e il gelato te lo compro io. Ma ti prego, non voglio vederti in queste condizioni>> si mise in ginocchio, prendendomi le mani e mi guardò con quei suoi occhi caramellati e così gentili, sinceri, e premurosi che mi sciolsi come cioccolato fuso. Presi un grosso respiro, lo guardai e annuii con lentezza mentre le sue labbra si sollevavano in un sorriso sincero. Mi baciò la guancia e si sollevò, scompigliandomi i capelli e lasciandomi sola in modo che mi vestissi. Lo sentii parlare con Leila, nel mentre mi vestivo e truccavo. Avvolsi uno sciarpone attorno al collo, presi la borsa mettendo dentro il necessario e infilai un basco francese nero in testa sistemando al meglio i capelli. Guardai lo schermo del cellulare, mentre uscivo dalla stanza e sollevavo gli occhiali sul naso. Le notifiche di Harry mi fecero sentire in colpa, lo stavo ignorando e stavo uscendo con il mio migliore amico e mia sorella. Avevo bisogno di un giorno lontana da lui, la mia testa ne aveva bisogno e il mio cuore urlava tranquillità. Gli mandai solo il buongiorno e gli dissi che sarei stata con Zayn e Leila, che svevo bisogno di riflettere e che dovevamo stare un giorno distanti. Visualizzato, nessuna risposta. Infilai il cellulare nella tasca del cappotto, appesi la borsa sulla spalla ed andai nella camera di Leila. Niente cellulare, niente Harry, niente pensieri. Solo io, mia sorella e Zayn.

<<Quindi le persone non possono respirare nello spazio?>> dal gelato siamo passati ad una calda colazione in una caffetteria stile Starbucks, qualche metro lontana da scuola. Leila si era appena divorata un tazzone di cioccolata calda con tanto di cornetto accanto. Io e Zayn avevamo preso un semplice cappuccino, ricoperto di cacao e un cornetto alla nutella per entrambi. Inutile dire che i pensieri andarono a scemare appena affondai in quella sfoglia ripiena di crema alla nocciola.
<<Non c'è l'ossigeno nello spazio, Leila>> risposi al posto di Zayn, un po' brusca, facendo sparire l'entusiasmo di mia sorella dal viso. Okay, ero stata stronza.
<<Tua sorella intendeva dire che, sulla luna, ci vanno i palombari spaziali>> per fortuna che c'era lui a salvare le mie gaffe continue. Non ero me stessa, lui lo aveva capito, e ogni volta sistemava i sogni infranti -da me- di mia sorella. Come quello dello spazio, ne andava matta e la sua stanza era popolata dai libri di astronomia oltre alle barbie.
<<E io posso andarci? Posso portare la luna a casa?>> gli chiese, con occhi di una bambina che sognavano in maniera troppa espansiva, aperta, allargata. Sembrava me, quando chiedevo a mamma se potevo avere una moto tutta mia a soli cinque anni. Alla fine me la regalò, dopo tanti sacrifici anche, e forse dovevo ringraziarla ancora per quello...dovevo cambiare? Non lo so, continuai a sentire il discorso di Zayn e Leila mangiando il mio cornetto. Guardai per il locale, fui a tanto dall'affogarmi con la nutella e afferrai il braccio al mio amico che per poco non urlava. Io, per poco, non urlavo.
<<Sembra che hai visto un fantasma>> sussurrò, potando la mano sulla mia e accarezzandola piano sul dorso col pollice. Indicai un punto con l'indice, rimanendo in silenzio e se non fosse stato per la mia discrezione, e il mio urlo ingoiato, i diretti interessati ci avrebbero visto.
<<Gli hai detto che eravamo qui?>> scossi la testa, fissando ancora la chioma riccia in fondo la saletta. Maledetti spazi piccoli, maledetta Londra e maledetto Harry Styles che mi seguiva anche quando andavo in bagno.
<<Gli ho solo detto che volevo stare un giorno con te e Leila...>> regola numero uno: non dire sempre tutto al proprio ragazzo, soprattutto se era geloso del tuo migliore amico. Zayn mi guardò, poi fisso i due in lontananza e sentii la sua rabbia invadermi il corpo. Rabbia che si trasformò in gelosia, vedendo Harry imboccare Chanel con...ci gioco la testa che era gelato alla nocciola, ricoperto di nutella e sbriciolata. Stavo per alzarmi, andare da lui, prendere la coppetta di gelato e rovesciargliela in testa. Ma Zayn mi afferrò per il polso, tirandomi verso il basso e mi guardò rimproverandomi.
<<Mai dare in escandescenza in un luogo affollato, ma ripagare con la stessa medicina>> regola numero due: occhio per occhio, dente per dente. Mi rilassai di poco, avvicinandomi a lui e annuendo prendendo un pezzo del suo cornetto e avvicinandoglielo alla bocca. Non volevo arrivare a tanto, ma quei due stavano letteralmente andando fuori strada e Chanel non era la bambina di Harry. Ero già incazzata con lei, in più faceva la gatta morta con il mio ragazzo? E lui faceva il Romeo con lei? Io e Zayn potevamo fare di peggio.
<<Kenny, Kenny! Anche io voglio essere imboccata!>> Leila, guasta feste che non sei al- fermi. Lampo di genio. Ecco cos'era mia sorella, un genio. Feci un cenno al mio migliore amico, lui capì e si spostò un po' con la sedia battendo le mani sulle gambe. Leila sorrise, mettendosi su Zayn e ridacchiò sorridendo con innocenza. Regola numero tre: i bambini erano l'asso nella manica.
<<Missile spaziale in arrivo, signorina!>> Zayn rendeva divertente anche un momento come quello. Portai il cornetto vicino le labbra di Leila, tenendo un fazzoletto sotto di esso in modo che la nutella cadesse sul tovagliolo e non sui suoi vestiti. Mamma mi avrebbe uccisa.
<<Missione compiuta! Houston, possiamo tornare!>> esclamò lei, un po' troppo forte, e l'attenzione di tutti calò su di noi. Tutti, dal primo all'ultimo. La coda dell'occhio mi cadde proprio in quel punto in fondo del locale. Fu un attimo, un fulmine che attraversò la stanza e che ammazzò entrambi. Chiusi gli occhi, poggiando la fronte sulla spalla di Zayn e mi diedi della stupida, anche se entrambi se lo meritavano. Regola numero quattro: la gelosia é segno di sfiducia.


<<Mi sorprende solo che loro due stessero assieme>> eravamo arrivati fino al capannone, Luke aveva chiamato per informarmi che il suo amico era disponibile nel ricevermi. Leila saltava nella neve, era assieme al biondo e -lo ammetto- lui stravedeva per quella piccola peste.
<<Perché? Sono amici da prima che finisse la scuola>> aspetta un secondo, in che senso? Guardai Zayn, il quale si girava una sigaretta e mi guardava con un'aria ''perché ti sorprende così tanto?'' Perché magari nessuno mi diceva mai niente, Zazo? Scossi la testa e mi sedetti su uno dei gradoni esterni, presi anche io la mia sigaretta e feci un cenno al mio amico di parlare. Lui buttò via il fumo dalla bocca, si passò una mano tra i capelli e iniziò a parlare. Mi resi conto solo dopo che eravamo vestiti uguali, con il colore del maglione e del cappotto cappotto invertito. Scossi la testa e lo ascoltai.
<<Era maggio, se non sbaglio, e Chanel aveva difficoltà a superare la verifica di Sanchez>> ricordo la sua disperazione, nemmeno io sapevo come aiutarla dato che non avevo lui come professore. E menomale, perché mi parlarono abbastanza male del suo test finale di ogni anno. Era insuperabile. A meno che non eri un genio o Einstein in persona.
<<Quindi ha chiesto aiuto a lui? Perché non me l'ha detto?>> era questo il problema delle mie amiche: loro non parlavano mai con me, ma quando c'era da litigare lo facevano senza problemi.
<<Non lo so, a me l'ha detto Harry e pensò che fosse una buona idea, visto che è tua amica>> quindi pensava che se si fosse avvicinato a lei, si sarebbe avvicinato anche a me? Non so se ridere o essere felice di questo, nel dubbio continuai ad ascoltare la storiella.
<<Chanel superò il test, ottimo voto devo dire>> alzò le spalle e si sedette al mio fianco, buttando via la sigaretta e poggiando la schiena sul gradone. Mi girai verso di lui, incrociando le gambe e fissandolo in modo che continuasse. <<Loro due continuarono a vedersi. Lui le parlava di te, lei le parlava di me. Allora si promisero che appena ricominciata la scuola, avrebbero fatto di tutto per avere una conversazione con noi due>> scrollò ancora le spalle, e mi guardò, come se tutto questo fosse normale. Ma non era normale non dirmi che loro due avevano un'amicizia all'oscuro, perché poi? Perché io e Zayn eravamo gelosi? Perché avevamo paura che loro due potessero avere più di una semplice amicizia? Poi mi fermai un attimo con i pensieri, tornando a quando Chanel e Madison mi dissero che scommettevano su me e lui, quasi ogni giorno della nostra relazione. Una serie di scommesse che iniziarono il primo giorno di scuola:
Io che andavo da Louis, chiedendogli di uscire con loro. Chanel aveva racimolato cinque sterline. L'uscita con Harry, come scambio. Madison vinse altre cinque sterline. Continuarono per un bel po': scommisero sul fatto che avrei baciato Harry, che sarei stata male per colpa sua, che Louis mi avrebbe portata a letto, che Chanel avrebbe litigato con Zayn per colpa mia e della nostra amicizia. Non so con quanti soldi avevano riempito il proprio portafoglio, ma continuarono a scommettere, sul fatto che sarei andata a letto con Zayn e che, poi, avremo litigato per la lista. Loro sapevano, e non avevano detto niente.
Scommisero sulle litigate con Harry, che mi sarei allontanata da lui perché si vedeva con Taylor e faceva di tuto per farmi innervosire, che avrei trovato conforto in Luke, il quale aveva sempre avuto una cotta per la sottoscritta -scommisero anche su questo. Continuarono durante la gara, scommettendo che Harry mi mettesse sul palio, che avrebbe superato le tre sfide, che sarebbe stato lui a trovarmi nella foresta e non Luke. E così è stato, ma non calcolarono il piccolo intoppo: Niall che tornava, a capo di una banda di nazisti irlandesi.
Ma non le fermò: sarei diventata la ragazza di Harry, avrei preso le redini dei due clan tra le mani, sarei diventata il loro capo e, ciliegina sulla torta, sarei anche andata a letto con lui, il quale avrebbe perso la verginità con me. Ecco cosa facevano: scommettevano sulla mia vita privata da almeno tre mesi.
<<Kenny...tutto bene?>> passai le mani sulle guance ed annuii, scuotendo poi la testa e lasciando che -per il secondo giorno di seguito- le lacrime scorressero a fiumi sul mio viso. Regola numero cinque: non fidarsi mai di nessuno.
<<Ho solo...sto bene, va tutto bene. Come sempre>> sussurrai, passando le dita sotto gli occhiali e ritrovandomele sporche di mascara e eyeliner. Presi un grosso respiro, contai fino a dieci e mi alzai buttando via l'aria che non sapevo di trattenere.
<<Sicura? Sei in lacrime...>> non smettevano di scendere, come le persone non smettevano di far del male. Cosa ci potevo fare, se le mie due uniche amiche si scambiavano soldi scommettendo sulla mia vita privata? Cosa ci potevo fare se il mio ragazzo mi aveva tenuto nascosto l'amicizia che nutriva con Chanel? Che cosa potevo fare, io, se continuavo a fidarmi delle persone che più amavo? Che cosa? Nulla, ecco cosa.
Mi asciugai le guance, pulii le lenti degli occhiai con un fazzoletto e mi alzai dal posto passando le mani sui vestiti. Contai di nuovo a dieci, per tre volte, arrivano a trenta.
<<Abbiamo da fare>> risposi infine a Zayn, guardandolo e lui annuì senza dirmi altro. Ci avvicinammo a Luke, intento a fare un pupazzo di neve con mia sorella. Mi dispiaceva interromperli, ma dovevamo organizzare il clan al più presto possibile e i lavori della ristrutturazione stavano andando a gonfie vele. Noi ragazze avevamo un bagno tutto nostro, finalmente.
<<Guarda, Kendall! Abbiamo Olaf!>> mia sorella mi abbracciò le gambe, indicando il pupazzo e sorrise tutta eccitata. Vorrei tornare bambina, vivere spensierata come Leila e non pensare a nulla, chiedermi se le persone respirino nello spazio e costruire pupazzi di neve. Ma avevo quasi diciotto anni e avevo nelle redini un clan pronto a dare se stesso, pur di proteggere la propria casa.
<<Bellissimo...ma ora, io e Luke, abbiamo da fare>> mi chinai sulle ginocchia, guardando il dispiacere nei suoi occhi e, subito dopo, attaccarsi alle gambe del biondo facendolo ridacchiare. Era incredibile come una bambina si affezionasse così tanto a dei ragazzi della mia età.
<<Rimango io con lei, tranquilla>> Zayn si piegò alla sua altezza e le diede la mano, poi la guardò e sorrise <<Mancano il naso, ad Olaf, e le braccia. Andiamo a trovarle, piccoletta?>> e lei annuì più volte, chiedendogli se poteva metterla sulle sue spalle in modo che vedesse meglio durante la ricerca. Lui ridacchiò ancora, prendendola e mettendosela addosso. La tenne dalle caviglie, Leila infilò le mani tra i capelli di Zayn e li vidi allontanarsi verso il sentiero per raggiungere la fossa dei leoni. Sospirai, guardando il mio amico biondo intento a fissarmi. Scossi la testa, facendogli un cenno e lui annuì, portando una mano sulla mia schiena e iniziammo a camminare per raggiungere il Martin. Non distava molto dal capannone, la giornata era abbastanza tranquilla, perciò evitammo di prendere la moto per raggiungere il locale.

<<Ti vedo silenziosa>> infilai le mani nelle tasche e alzai le spalle. La strada era stata sgomberata dalla neve, i margini completamente bianchi e il Martin ancora troppo lontano. Tanto valeva parlare con lui.
<<Sono pensierosa, in due giorni sono successe troppe cose>> sussurrai, addossandomi di più al margine della strada sentendo le moto dei ragazzi sfrecciare. Urlarono, suonarono il clacson e scossi la testa divertita.
<<Vuoi parlarne?>> mi chiese ed annuii, senza pensarci troppo vomitai le parole come niente fosse. Mi fermai, gesticolando senza pensarci due volte, non rendendomi conto di star perdendo il controllo delle parole, dicendole con una velocità assurda.
<<Scommettere su di me, su quello che facevo!>> avevo perso il filo del discorso, iniziando a dire la stessa cosa per almeno venti volte. Venti volte, sì.
<<Kendall...respira>>
<<Poi lui che dice di amarmi, ma scommetto che sapeva tutto dall'inizio. Dovevo farmi i fatti miei quel giorno. Non lo sopporto, Luke. Non ce la faccio, mi sono fidata di lui senza farmi troppe domande, e ora...ora sembra di averlo lontano miglia e miglia, le scampagnate con Chanel, Taylor, chi altro? Cos'ho fatto di sbagliato? Sono solo stupida, stupida, stu->> mi bloccai, anzi: venni bloccata dalle sue mani sul viso e dalle sue labbra sulle mie. Mi placai. Il battito divenne regolare, i muscoli rilassati, la testa leggera, le mie mani sul suo petto e le punte dei piedi sollevate. Io...che cazzo sto facendo? Mi staccai da lui, arrossendo e lo guardai. Gli occhi azzurri, le labbra rosee, i capelli dorati e un sorriso leggero. Luke...che cavolo hai fatto...
<<Io...scusami, sono andata in panico>> mormorai, potando le braccia al petto e guardando costantemente i suoi zaffiri. Perché non avevamo preso la moto?
<<Tranquilla>> sussurrò, accarezzandomi le braccia e fissandomi ancora. Smettila di guardarmi così...Annuii solo, riprendendo a camminare con il suo braccio sulle mie spalle. Mi sentii a mio agio, eravamo solo amici e quel bacio non significava nulla. Allora, perché mi facevo le paranoie? Era solo un bacio innocuo...Regola numero sei: mai baciare un amico, il senso di colpa ti mangiava pezzo dopo pezzo.

Arrivammo al Martin, la solita insegna, la solita puzza, e il solito mobilio. Prendemmo posto al solito tavolo, Luke si mise al mio fianco dopo essersi tolto il cappotto. Io mi limitai solo a togliere il berretto e la sciarpa.
<<Sicuro che verrà?>> gli chiesi, e lui stava per rispondermi quando si alzò, notando che una macchia nera si stava avvicinando a noi. Capii che era il suo amico, perciò mi alzai anche io e rimasi in silenzio mentre i due si abbracciavano. Certo che gli australiani erano alti un botto, mi sentii insignificante e piccola. I miei 170 centimetri non erano niente in confronto a questi due.
<<Scusate il ritardo, la neve ha complicato il viaggio>> Luke mi aveva detto che il suo amico abitava qui in Inghilterra, ma l'accento non era della zona. Era oceanico, mi piaceva.
<<Non ti preoccupare. Vuoi qualcosa da mangiare?>> ci sedemmo tutti e tre, il ragazzo annuì e Luke fece un cenno a Jonny. Prese in fretta le ordinazioni, e scappò in cucina lanciandomi un'occhiata veloce. Un ragazzo che non si prendeva una cotta per me, in questo mondo, c'era?
Scossi la testa e mi concentrai sullo straniero: maglione, giaccone di jeans nero con tanta di pelliccia dentro, pantaloni neri, anfibi neri... saremo andati d'accordo. I suoi capelli erano biondo cenere, il ciuffo ricadeva sulla guancia sinistra e la chioma era abbastanza folta. Gli occhi verdi erano in contrasto con il resto, la poca barba accarezzava il suo viso e il suo stile mi ricordava molto un appassionato di punk rock. Mi stava simpatico.
<<Tu devi essere Kendall>> le ordinazioni erano appena arrivate, guardai la mia pizza e le patatine ricoperte di salse. Mi facevo schifo da sola, ma ehi! Ero di buona forchetta.
<<Piacere di conoscerti...>> gli diedi la mano e lui la prese, baciandomi il dorso sorridendo. Regola numero sette: i ragazzi ci provano spudoratamente, niente da fare.
<<Michael Clifford, ma puoi chiamarmi Cliff o Mike>> rispose lui, lasciandomi la mano e lo guardai. Non fidarti troppo Kendall, qui gatta ci cova.
Mangiammo in silenzio, lo feci solo io in realtà. Ascoltai i due raccontarsi le loro avventure, continuando a mangiare la mia pizza dietetica e senza calorie. Mi distrassi un secondo guardando il cellulare, Harry aveva invaso ancora una volta il blocco schermo, la segreteria e la casella dei messaggi. Era pazzo, o cosa? Non riusciva a starmi per davvero un giorno lontano? Scossi la testa e aprii i suoi messaggi, non li lessi tutti, arrivai solo all'ultimo il quale diceva che aveva un bisogno urgente di parlarmi. Mi persi un attimo, in quelle fasce verdi dove mi chiedeva scusa, che aveva sbagliato, che gli mancavo e cose simili. Gli risposi che ero con l'amico di Luke, e che lo avrei raggiunto a casa sua appena finito. Misi il cellulare in tasca e ripresi a mangiare l'altra metà della mia pizza.
<<Parlando di cose serie>> alzai lo sguardo verso il ragazzo nuovo. <<Ho sentito che avete bisogno di una mano con gli Snakes>> finalmente, un discorso nel quale potevo parlare anche io.
<<Siamo in minoranza di quaranta componenti, sarei felice di condividere con te la nostra vittoria>> risposi, e lo feci sorridere. Poggiò il tovagliolo sul tavolo e portò verso dietro la schiena. Mi guardò, da capo a busto e alzai un sopracciglio incrociando le braccia al petto. Lo sapevo che qua gatta ci covava.
<<Potrei anche farlo, ma le guerre tra i clan si vincono solo in un unico modo, mia cara Kendall>> rispose lui, prendendo il suo bicchiere e facendo un sorso. Annuii, accavallando le gambe e sentendo lo sguardo di Luke fare avanti e indietro su me e Michael.
<<So bene che si vincono con una gara tra capi clan, ma vorrei sapere se tu e il tuo gruppo di motociclisti siete dalla nostra parte>> alzai le spalle, guardando ancora il ragazzo di fronte a me. Esitò un attimo a rispondere, poi si alzò e prese il suo giaccone rimettendolo. Infilò il berretto in testa e mi guardò, come se potessi capire le sue intenzioni.
<<Parliamo strada facendo, posso accompagnarti a casa?>> Regola numero otto: c'era sempre qualcosa in cambio negli affari.

Percorremmo la via per casa nella sua macchina, anch'essa nera. Leila era in silenzio, guardava senza sosta il ragazzo alla guida e questo non faceva altro che star zitto. Io gli indicavo dove girare, lui annuiva soltanto. Gli dissi di fermarsi, spense la macchina e subito dopo aprì la sportella per poi fare il giro, far scendere Leila e subito dopo me. Lo guardai per un secondo, rifiutando la sua mano e scendendo senza troppe cerimonie. Ci stava spudoratamente provando con me. Mi dispiace, Michael, non sono nata ieri.
<<Posso andare a casa? Sono stanchissima!>> guardai mia sorella e le baciai la fronte annuendo. Notai la macchina di Liam sul vialetto, e salutai mia sorella dopo che il biondo al mio fianco la guardò sorridendo. Lei lo ignorò e corse via, per poi sparire in casa. Feci un cenno allo straniero e infilai le mani nelle tasche del cappotto tenendomi a distanza da lui. Era troppo invadente e cercava di avvicinarsi a me in qualsiasi modo.
<<Quanto siete disperati al clan?>> mi chiese, camminando al mio fianco. Sospirai, e alzai le spalle mentre imboccavo il vialetto della villa. Regola numero nove: bisogna essere furbi.
<<Abbastanza da chiedere aiuto, come ben sai>> gli risposi, salendo i tre scalini e suonando il campanello.
<<Casa tua non era due isolati prima?>> domandò, indicando un punto verso sinistra. Annuii soltanto, feci un passo indietro e sorrisi appena la porta nera opaca si aprì, rivelando la figura del riccio. Gli baciai la guancia, e mi girai verso Michael accoccolandomi al braccio sulle mie spalle di Harry. Mi strinse, guardando la figura di fronte a lui e notai un leggero fastidio verso i suoi confronti.
<<Harry, ti presento Michael>> risposi alla sua domanda mentale e alzai le spalle portando un braccio intorno al corpo del mio fidanzato <<Michael, questo è Harry: capo clan dei Martin Davidson>>.
<<E, non di meno, il suo ragazzo>> continuò lui, stringendomi di più. Regola numero dieci: nessuno divideva il re dalla regina.

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