Il piano iniziale era quello di andare avanti con la mia vita, fregarmene di una possibile relazione, stare con le ragazze, andare a qualche festa, ubriacarmi, sesso random e fine dei giochi. Avevo iniziato l'ultimo anno da liceale così, con una super sbronza la quale mi annebbiò i sensi fino a stringere la mano al diavolo. Ora mi ritrovo il quindici di dicembre, una settimana prima di Natale, con il cuore a pezzi e i film degli Avengers a farmi compagnia durante il fantastico viaggio verso il regno dei defunti, dove mi aspetta Ade in tutta la sua bellezza.
<<Questa uniforme non fa nulla per le tue chiappe>> infilo in bocca l'ennesima manciata di popcorn ricoperti di burro e lacrime, mando giù il boccone e accompagno Ant-Man nella battuta successiva.
<<Penso che siano le chiappe più belle d'America>> e rido, per poi iniziare a piangere ricordandomi della maratona Avengers con Harry, sul mio letto e il suo profumo che invadeva ogni singola superficie della mia stanza. Inutile dire che tutto mi ricordava lui, che avevo una sua felpa addosso, il suo anello al dito, e le foto sulla parete che mi fissavano facendomi sentire in colpa. Una settimana, non ci parlavamo da una settimana e lui mi evitava come se avessi la febbre o la peste. Io continuavo a cercarlo, volevo spiegarli che niente di tutto quello che è successo con Luke, per me, non aveva valore. Era lui che volevo, non il biondo con l'accento strano. Non rispondeva nemmeno ai messaggi, alle chiamate, sono arrivata anche a mandargli Mail e lettere. Lettere che sicuramente non avrà letto o che avrà direttamente buttato nel camino. Il caminetto di casa sua emetteva fumo disperato e amore andato a puttane per dei nazisti del cazzo. Riprendo a strafogarmi con i popcorn e mi consolo con le chiappe di Chris Evans, finché non mi addormento fino al giorno dopo.
Anima nera, ecco cosa avevo in corpo. Non perché avevo tinto di nuovo i capelli di nero, non era il vestiario scuro degli ultimi undici giorni (come quello dei mesi precedenti) e non era nemmeno il fatto di aver cambiato ogni cosa colorata in camera, sostituendola con oggetti neri. Era proprio il mio cuore, il quale si era posizionato dietro delle mura di cemento e aveva detto basta alle emozioni. Emozioni le quali venivano, però, a galla solo quando incrociavo Harry nei corridori, quando i nostri corpi erano vicini nelle ore di letteratura inglese, quando i nostri sguardi si incontravano al Davidson, non per puro caso, ma perché niente poteva separarci. Non del tutto, almeno.
Quel giorno, però, non ci fu niente di tutto questo: nessun incrocio nel corridoio, nessuna lezione di inglese, nessun incontro al capannone. Era come se Harry si fosse volatilizzato. Notai Louis, tutto pimpante, che parlava con alcuni ragazzi del corso di trigonometria. Mi avvicinai e picchiettai il dito sulla sua spalla.
<<Kendall>> quando si girò mi ritrovai un ragazzo sorridente, occhi azzurrissimi, trentadue denti in bella vista e un viso riposato. Capelli impeccabili, abiti sportivi firmati e una strana energia a me sconosciuta da più di una settimana.
<<Hai visto Harry?>> mormorai, stringendomi nella felpa e guardando Louis. Il suo sorriso svanì, mi abbracciò e sospirò. Quel gesto mi fece crollare ancora, cercai di trattenermi ma non lo feci: le lacrime scesero così velocemente che mi accorsi dopo pochi secondi di star bagnando la giacca al mio amico. Lou mi accarezzò la schiena, mi baciò la fronte e sospirò lasciandomi in attesa per qualche secondo.
<<Negli Hamptons, con la sua famiglia, per Natale>> rispose, staccandosi di poco da me per guardarmi. Rimasi in silenzio, annuendo soltanto e mi asciugai le guance dopo aver tirato le maniche della felpa. Sorrisi leggermente al mio amico, sussurrai un <<va bene così>> e mi sedetti al mio posto, Lou al mio fianco e la lezione che iniziava nel peggiore dei modi: verifica a sorpresa, di lunedì mattina. Direi bene.
Martedì, il giorno dopo ancora, decisi di fare una cosa che avrei dovuto fare da troppo tempo: fermarmi alla porta della dottoressa Mary, la vicina degli Smith, nonché la psicologa del quartiere. Mia sorella Leila passava i pomeriggi con il figlio, Christian, e delle volte parlava con Mary. Sapeva che aiutava la gente nel farlo, ed era anche per questo motivo che mia sorella sapeva il fatto suo. Troppo intelligente per questo mondo di matti, l'ho sempre detto.
Mi accomodai alla poltrona dello studio di casa Miller, mi guardai attorno e tutte quelle lauree appese alla parete dietro la scrivania in legno, mi misero un'ansia assurda. Che sarei andata a finire a studiare psicologia? Probabile, dati i complessi che mi facevo ogni volta che litigavo con il mio ragazzo, se tale posso ancora definire.
<<Kendall, come stai?>> domanda da non fare a una ragazza con il cuore spezzato, ma da brava paziente faccio il mio dovere: mi stendo con le gambe a penzoloni sul bracciolo della poltrona, poggio la testa su quello libero e porto le mani sul grembo guardando un punto del soffitto iniziando a parlare.
<<Sinceramente? Una merda, scusi il francesismo>> Liam aveva provato più volte a farmi parlare, ma io lo avevo ignorato con successo sbattendogli la porta in faccia. Stessa cosa con Zayn, Chanel e Madison. Con la signora Miller sarebbe stato diverso: lei era un'esperta di emozioni.
<<Puoi parlare come più ti piace, rapporto dottore-paziente>> risponde lei, prendendo il suo quaderno e iniziando a scrivere dopo essersi messa gli occhiali sul naso. Quanti anni aveva? Trenta massimo, e sembrava una ragazza della mia età con un fratellino al posto di un figlio. Ma il marito? Non c'era nessun signor Miller, a quanto ne so.
<<Allora posso dire che la mia vita fa schifo e che l'amore fa schifo?>> domandai, cacciando via l'impulso di piangere anche in quel momento. Emozioni fino ad un certo punto, Payne.
<<Libertà di parola Kendall, ma raccontami di questo ragazzo>> risponde lei, accavallando le gambe e guardandomi con quell'aria piena di serenità e il viso dolce. Sospirai, e mi drizzai sulla poltrona incrociando le gambe per poi parlare tutto ad un fiato.
<<Se lei conosce gli Styles, allora conosce anche Harry, il figlio maggiore>> mormoro e lei fa solo un cenno con la testa, facendomi continuare <<Lo conosco da quattro anni, abbiamo iniziato a frequentarci solo questo settembre>>.
<<Perché così tardi?>> il suo torno era quello di un'amica, non di una dottoressa. Iniziai a giocare con l'anello al pollice e scrollai le spalle, poggiando i gomiti sulle cosce fissando le mie dita.
<<Lui è un tipo timido, almeno così sembra, perciò non abbiamo avuto l'occasione di scambiarci parola. Frequentiamo alcuni corsi insieme dal primo anno di liceo, ma siamo sempre stati lontani e, ammetto, che l'ho sempre evitato fino a settembre>> in effetti, ora, mi sembrava una cosa stupida questa cosa. Vicini di casa da quattro anni, compagni di classe, e mai una parola scambiata fino a quattro mesi fa.
<<Cos'è che vi ha avvicinato?>> mi domanda, continuando a scrivere. Mi soffermo un attimo, pensando alla risposta e decido di non mentire alla mia psicologa. Tanto, cosa poteva andare storto ancora? Niente, se non una possibile invasione aliena.
<<Tutto è iniziato da una stupida scommessa con i suoi migliori amici...>> ed eccomi lì, con le gambe al petto e le braccia attorno ad esse, che racconto alla signora Miller le disgrazie che dovetti affrontare assieme ai miei amici e al mio ipotetico fidanzato. Raccontai a Mary come ho iniziato a frequentare Harry, dalla pizza italiana alla serata con Louis per via delle bugie del riccio. Dal primo rappacificamento con lui, alla discoteca con Zayn per colpa di Taylor e Chanel. Della litigata con il mio migliore amico, della bandiera bianca con lui e le ragazze. Arrivai a dirle delle scommesse nei gruppi, della gara di Luke ed Harry, di come quest'ultimo aveva vinto e del ritorno di Niall. Spiegai in poche parole cosa fosse successo con il biondo, del perché fosse tornato a Londra, e di come aveva ricevuto un due di picche. Raccontai il resto della storia, le uscite con Harry, i problemi con mamma, delle mie sorelle, il fidanzamento di Liam, il Davidson e il Martin. Tornai al discorso Luke, prendendo un grosso respiro e mandai giù un bicchier d'acqua offertomi dalla signora Miller.
<<Ci eravamo avvicinati, come semplici amici, ma lui continua a provare qualcosa per me tanto da...>> mi bloccai, arrivando al punto il quale ha rovinato tutto.
<<Tanto da? Non giudico, ascolto, e consiglio le persone, Kendall>> eccolo di nuovo, quel suo tono amichevole e il viso dolce che ispirava tranquillità. Presi un grosso respiro, guardai in basso e ripresi a giocare con le dita nervosamente.
<<Sistemammo il Davidson, e mi sono ritrovata una Kawasaki Ninja 650 come regalo...da parte di Luke. Il giorno prima stavo perdendo le staffe, un attacco di panico come quelli che sto avendo ultimamente e lui, per calmarmi, mi ha baciata>> mormorai, come se fosse una cosa di cui non andare fieri. Infatti non ne andavo fiera, tutto questo mi aveva fatto perdere la persona che amavo più di me stessa, in un solo arco di cinque minuti.
<<Harry com'è venuto a sapere del bacio? Gliel'hai detto tu?>>
<<No, era di poco conto dato che Luke è solo un amico per me>> la guardo e lei fa lo stesso. Provo vergogna, il corpo rabbrividisce e le mie unghie finiscono nella stoffa dei jeans trovando la pelle di poco. Contai fino a cinque, trovando la calma e lasciai scorrere le dita sulle gambe sospirando con forza. Poi, le raccontai degli irlandesi nazisti alla festa e di come mi avevano rovinato la storia con Harry con delle stupide foto, delle quali non ne sapevo l'esistenza fino al mattino successivo quando ebbi la forza di aprire la busta gialla.
<<Mi ha dato la buonanotte, e niente più. Non ci parliamo da allora e ora è negli Hamptons con la famiglia...mentre io sono qui>>.
<<A raccontarmi tutto quello che hai passato e che ti ha distrutto>> continua lei, chiudendo il suo quaderno e guardandomi con gli occhi di chi sapeva già tutto. Annuii con lentezza, scivolando con le gambe, e portando le mani sotto le cosce mentre lasciavo scorrere lo stress di dosso. Era bello parlare con qualcuno che non sapeva la storia, che non sapeva tutto il casino dietro. Ovviamente eliminai la parte di Jackson e Jones, amici per la pelle fino a che uno non fu esiliato e l'altro ucciso.
<<Come posso sistemare le cose con Harry?>> era quello che mi importava di più, il resto era tutto spazzatura. Harry aveva la priorità su ogni cosa.
<<Quanto dormi la notte?>> chiede, ignorando la mia domanda, alzandosi dal divanetto e andando verso la sua libreria personale per poi porgermi un'agenda in pelle nera e una penna. Le presi titubante e sospirai, portando l'agenda sulle cosce.
<<Cosa ci faccio con queste?>> domando per prima, guardando gli oggetti sulle mie gambe e scrollai le spalle, rispondendo alla sua richiesta <<Credo un'ora prima che suoni la sveglia>> una settimana senza Harry equivaleva a dormite insonni, incubi costanti, e notti a fissare il soffitto senza chiudere occhio. Forse dormivo per davvero per un'ora o non dormivo affatto, non ero abituata a stare senza di lui durante la notte o il giorno dopo che sia. La signora Miller si alzò di nuovo, andò alla sua scrivania e tornò da me con un flacone giallo col tappo bianco. Mi irrigidì, riconoscendo la confezione di medicine e strinsi tra le mani l'agenda. Cazzo, porca puttana.
<<Camomilla e melatonina. Pillole a base di melissa, passiflora ed escolzia>> ha notato il mio sguardo impaurito, mi porge il flacone e lo guardo con titubanza. <<Sono estratti naturali, Kendall, ne basta una la notte e riuscirai a dormire. Se la prima sera hai difficoltà, prova con due in quella successiva e se non funziona, vieni da me che ti trascrivo altro>> rispose alla mia domanda non fatta, si rimise seduta e accavallò le gambe sorridendomi mentre mi analizzava in silenzio. Portai lo sguardo verso il basso, che fosse una buona idea? La Miller sapeva il fatto suo, le lauree urlavano onnipotenza dalle mura dello studio...ma le pillole? Nell'arco di un anno mi ritrovai a prendere, per la seconda volta, medicine per riuscire a dormire la notte. La prima volta non andò molto bene, diventai indipendente e mi venne la geniale idea di prendere mezzo flacone. Ora, la Miller mi dava un rimedio per la mia ansia notturna e il mio malessere post Harry. Non sapevo se accettare o meno, ma tanto vale provare. O no?
<<A che serve l'agenda?>> le domando di nuovo, fissandola e ritrovandomi i suoi occhi color caramello nei miei. I capelli miele le sfioravano il petto e le onde accarezzavano gli zigomi alti con leggerezza. Indossava un tailleur blu notte, elegante e professionale. Tacchi alti, che io avrei trovato scomodi, ma lei sapeva come gestirli. Inutile dire che era una bella donna, e che rimasi affascinata da tanta bellezza. Una bellezza strana, se posso aggiungere.
<<Diario, non agenda>> mi corregge lei, alzandosi di nuovo per raggiungere la libreria e tornare da me con un'agenda identica alla mia, ma in pelle rosa. Lessi il nome sulla copertina e spostai lo sguardo sulla donna di fronte a me. Non...come c'era riuscita?
<<Come...>> le chiesi, subito dopo, e lei scrollò le spalle per poi indicarmi le lauree dietro la sua scrivania. Certo, l'esperienza del mestiere e gli anni di studi, immaginavo mia madre che recitava le esatte parole che mi ripeteva ogni volta che Liam era nei paraggi.
<<Christian ha una buona influenza su di lei. Un giorno mi chiese se potevamo parlare, era al tuo posto, e Leila ha iniziato a raccontarmi di principi e principesse>> mentre lei raccontava, io fissavo i disegni che mia sorella aveva fatto su queste pagine piene di colori. Non so cosa stessero a significare, lo avrei guardato con calma a casa e avrei letto le piccole didascalie sotto gli schizzi.<<Scrive anche di te. Sei la sua eroina, e punto di riferimento>> aggiunse, mentre giravo le pagine ritrovandone una con il mio nome sopra e un disegno che doveva rappresentarmi. Accanto alla mia figura, una bambina sorridente e una coroncina sulla testa. Le dicevo sempre che era una principessa, la miller doveva riferirsi a questo.
Sapevo che i bambini si esprimessero attraverso il disegno, ma non immaginavo che Leila si sfogasse così tanto.
<<Mia madre sa di questo?>> le chiedo, immaginando una reazione alla Hannah Gray. Conoscendola avrebbe fatto chiudere i ponti alla Miller. Pregai mentalmente per lei.
<<Gliene ho parlato, non ci sono problemi se Leila viene qui>> scrolla di nuovo le spalle e mi fissa sorridendo, sempre con calma e serenità. Ad Hannah Gray va bene se la figlia di quasi sei anni fa delle sedute gratis con la vicina laureata in psicologia? Però, dovevo farle i complimenti.
<<Posso tenerlo?>> chiedo ancora e lei fa cenno di sì con la testa. Infilo i due diari nello zaino e guardo Mary, che mi scruta da capo a piede. Mi sento in soggezione, i suoi occhi sono scuri adesso e sembrano degli scanner. Mi spoglia con le iridi, socchiude le palpebre e poi scuote la testa riprendendo a guardarmi con normalità. Avvampo sul corpo e infilo le mani sotto le cosce, mordendomi il labbro.
<<Scrivi le tue emozioni, se hai degli incubi descrivili e ne parleremo durante i nostri incontri. Direi che possiamo vederci due volte a settimana, se hai dei problemi puoi venire quando vuoi>> risponde alla mia domanda, mi passa un biglietto con il suo numero e mi sorride, tornando alla postazione di prima. Annuisco, alzandomi dalla poltrona e lei mi imita abbottonandosi il blazer mentre mi dà la mano. La prendo, bloccandomi con le parole e noto che non porta la fede al dito. Nello studio non ci sono foto del marito, solo di Christian e alcuni suoi disegni appesi alla parete della libreria. Mi venne un dubbio, ma lo tenni per me. Sarebbe inappropriato e sconveniente.
Mary Miller mi accompagna alla porta, mi saluta con un sorriso e chiude la porta solo dopo essermene andata dal vialetto di casa sua. Con lo zaino in spalla raggiungo casa mia, cerco le chiavi nella tasca del giaccone e noto dei movimenti a due isolati dal mio. Per poco non mi metto ad urlare, vedendo la famiglia Styles rientrare nella propria villa con buste e pacchi di diverse dimensioni. Tutta la famiglia, compreso Harry con un braccio intorno a Gemma. Allora mi chiedo: era Louis a mentire, o era Harry a mentire al suo migliore amico? Entro in casa e sbatto la porta con forza, ritrovandomi in due secondi in camera a piangere.
L'amore faceva schifo.
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Dangerous Woman
Fanfiction[COMPLETA] Dopo quattro anni a guardarla tra i corridoi della scuola, ad osservare i suoi movimenti durante le corse, a sentire la sua risata e la sua voce confondersi con quelle dei suoi amici, Harry ebbe la possibilità di conoscere Kendall solo l...