23. Love runs out

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I giorni volarono. Volarono come se fossero rondini libere all'arrivo della primavera. Passarono così velocemente che non mi accorsi che sabato fosse arrivato. Scossi la testa, girando la pagina del libro e ripresi a leggere uno dei miei romanzi preferiti. Jane Austen sapeva come far calare il lettore nei panni dei personaggi, era la quarta volta che leggevo Orgoglio e Pregiudizio. Sì, un po' scontato, ma mi ritrovai nei panni della bellissima Elizabeth Bennett la quale era follemente innamorata del tenebroso Mr Darcy. Lui la derideva per via della sua classe sociale, ma alla fine la amava. Tutti, alla fine, amavano qualcuno. Più leggevo le righe, più mi rendevo conto di quanto fossi vicina al personaggio della ragazza, quanto questa mi rappresentasse e quanto Darcy, fosse Harry. Alla fine lui mi avrebbe amata? Mi avrebbe accettata? Avrebbe messo da parte tutto, così che potessimo stare insieme? Avevo paura delle risposte, perciò andai avanti con la lettura.
Mi sarebbe piaciuto vivere in quell'epoca, piena di romanticismo e tradizioni le quali ora sembravano esser messe da parte. Le vecchie maniere, fare la corte ad una ragazza fino al fidanzamento, lo stare sempre in giro senza la preoccupazione dei telefoni e la musica dal vivo nei locali. Al posto delle gare clandestine in moto, ci sarebbero state le corse con i cavalli. I gossip in paese, quelli che sapevano tutti e giravano per tutte le case e per le strade, e non su internet dove la maggior parte delle persone che le scriveva, diceva il falso. I veri gossip, quelli che si vedevano anche sui giornali o su una rubrica stile Bridgerton nell'era romantica, o Gossip Girl ai giorni nostri. L'unica cosa che non avrei accettato, sarebbe stato il matrimonio combinato. Perché una principessa non poteva sposare un contadino o uno scrittore se lo amava per davvero, ma doveva per forza sposarsi o essere promessa sin da piccola ad un principe, duca o aristocratico qualunque, per mantenere la pace tra due regni? Non lo concepivo, forse non l'avrei fatto mai e, se fossi vissuta in quel periodo, mi sarei messa da parte e avrei sposato chi volevo io. Magari fosse facile, no?
Infilai il segnalibro a forma di rondine tra le pagine e mi alzai dal letto, stiracchiando la schiena e le braccia. L'inferno chiamato ciclo era finito in anticipo, ringraziai il cielo o non lo avrei sopportato quella sera: avevo un'ansia assurda per la gara e sperai vivamente che Harry perdesse. Non sapevo come corresse alle gare, ma conoscevo Luke: faceva mangiare la polvere ai suoi avversari, e quando quell'estate gareggiava per tenermi con sé era deciso, freddo, e vincitore. Pregai in mille lingue quella mattina, avrei preferito rimanere a casa e ricevere un messaggio da Luke, ma dovevo essere presente e vedere con i miei occhi cosa mi sarebbe capitato. Avevo paura di Harry, da una parte, per la sua dannata bipolarità e il suo tenere per sé le cose. Con Luke sarei stata libera, ma con Harry? Non lo so, per il momento non volevo pensarci.
Bussai alla porta di mia sorella Leila, l'avevo sentita tornare dall'asilo dieci minuti fa, mentre il mio monologo mentale si allargava fino a farmi venire mal di testa. Joe era da una sua amica per il fine settimana, Liam era da Maya e i miei sarebbero tornati dal lavoro per l'ora di pranzo, sarebbero rimasti a casa fino al giorno dopo. Da lunedì sarebbe ricominciata la pacchia della solita e noiosa routine settimanale.
Entrai in camera di mia sorella, dopo averla sentita urlare un ''avanti'' e la guardai. Era sul suo letto, a giocare con le bambole, in pigiama. Non vedeva l'ora, mi dicevano. Le sorrisi, andando da lei e sedendomi di fronte per poi baciarle la testa. Mi dispiaceva che non aveva nessuno con cui passare il tempo, ma aveva me e la cosa non mi scontentava. Ultimamente eravamo diventate l'ombra dell'altra, una volta la portai anche al capannone con me. Inutile dire che stette con Harry, ne era innamorata e lui non diede segno di disapprovazione. Passammo una giornata tranquilla, ma nessuno dei due osò parlare con l'altro.
<<Pensavo di essere sola>> Leila mi portò con i piedi per terra, posò le bambole sul letto e sollevò le gambe al petto per poggiarsi col mento sulle ginocchia. Era così piccola.
<<Ero in camera a leggere. Tu stai giocando?>> le chiesi, e lei annuì prendendo una bambola e passandomela. La presi, e la riconobbi subito: Niall gliela aveva regalata per il compleanno l'anno scorso, dicendo che assomigliava a me. I capelli scuri, gli occhi color nocciola e i vestiti neri. Scossi la testa sorridendo e mossi il pollice sugli abiti della Barbie, guardando mia sorella che sorrideva. Sapevo che anche a lei mancava, era stato come un fratello maggiore. Un po' come Luke, all'epoca.
<<Questa sei tu>> indicò la bambola che avevo in mano, poi ne prese una dai capelli biondi e alzai un sopracciglio. <<Questa è Chanel, e questa qui>> indicò una seconda barbie dai capelli castani <<Madison>> annuii, divertita, e la guardai mentre scendeva dal letto per raggiungere il baule sotto le mensole appese vicino la porta. La sua camera era un vomito di unicorno: rosa, brillantini e colore ovunque. Mi serviva una giornata in un posto buio per ritrovare la tranquillità e l'oscurità, portatrice di calma.
<<Cosa stai cercando?>> le chiesi, e lei cacciò uno scatolo di scarpe decorato con lustrini e brillanti. Trattenni un conato di vomito: mia sorella non conosceva altri colori, se non le tonalità del rosa. Si inginocchiò sul tappeto sotto il letto e aprì la scatola, scansò la carta che avvolgeva il contenuto e mi fece cenno di sedermi per terra. Obbedii, poggiando la schiena sul letto e portando le ginocchia al petto per guardarla.
<<Ho sistemato le vecchie bambole, quelle di Joe>> rispose, ricordandomi di come mia sorella rovinava le Barbie che le venivano regalate ai compleanni, o a Natale dai parenti. Erano inguardabili, capelli tagliati male e i corpi pieni di glitter, pittura e chissà cos'altro. Era negata, ma Leila le teneva come oro. Aveva uno scaffale con quelle ancora nelle confezioni, pezzi originali e sacri per lei. Non le usava mai, aveva quelle che le diedi io (mai usate, per essere precisi) e quella di Niall, che a quanto pare ero diventata io per davvero.
<<Le hai fatte tu?>> le chiesi, prendendo una bambola dalla scatola e vedendo che non era più senza braccia o capelli. Era perfetta, con gli occhi dipinti a mano e vestiti su misura.
<<Con nonna Rose, è bravissima con l'ago>> settant'anni e non sentirli, vedeva ancora come un falco. Merito dei suoi occhialoni dalle lenti spesse. Sorrisi a Leila, accarezzando i capelli ad una bambola più piccola, somigliava a lei e immaginai che le aveva sistemate per ricreare la nostra famiglia.
<<Chi sono gli altri?>> le domandai, e lei sorrise prendendo le altre bambole e mettendole sul letto. Si sollevò sulle ginocchia e sorrise ancora di più mentre sistemava tutti i personaggi in fila. Mi sistemai come lei, accarezzandole la schiena, guardandola aggiustare le coppie delle bambole. Riconobbi Zayn accanto a Chanel, Madison con Louis, mamma e papà (lei impeccabile anche in quella versione), Luke e Niall con i loro capelli biondi, Liam assieme a Joe e Leila. Poi c'ero io, e quello era...presi le due bambole e fu come ricevere un pugno nello stomaco vedendo la somiglianza in entrambe.
<<Tu ed Harry. Sei bellissima quando stai con lui>> mi abbracciò, lasciandomi senza parole per quello che aveva fatto. Ricambiai, stringendola tra le braccia e cullandola mentre tra le mani avevo ancora me ed Harry.

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