66 - Guai

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Sono in iperventilazione ormai da troppo tempo. Non si vede quasi niente in questa stanza. Niente a  parte quel poco illuminato da una lampada da scrivania: il tavolo ingombro di scartoffie, un posacenere da cui esce ancora il fumo di una sigaretta appena spenta e il sedile di una poltrona nera su cui si intravede l'ombra di un uomo.
La rossa si schiarisce la voce, quasi a voler annunciare la nostra presenza nella stanza, ma lo sconosciuto non sembra propenso a concederci la sua attenzione e non riesco a capire se questo è un bene o un male.
Passano i secondi, uno, due, dieci, interminabili, e la mia accompagnatrice stabilisce di potermi lasciare in balia dell'uomo che ho di fronte e dichiara: « Io vado. » Mille riflessioni si attorcigliano nel mio cervello:
Non avrei dovuto venire in questo locale, non avrei dovuto seguire Kyle, non avrei dovuto indossare questo ridicolo vestitino.
L'uomo si alza dalla sedia. È massiccio, con le spalle  e i muscoli di un lottatore e un completo scuro a cercare di dare una parvenza di eleganza al mastino che deve coprire. So di essere nei guai. Nessuno sa che sono qui, potrei scomparire nel nulla o il mio corpo essere ritrovato in un cassonetto tra qualche giorno, per questo rimango immobile, non produco alcun suono, neanche respiro.
« Che cosa ci fai in qui? »
E che domanda sarebbe questa? « Servo ai tavoli? » Non sono sicura che sia la risposta che mister muscolo si aspetta. Non so se è la risposta giusta, ma di certo non posso mettermi a singhiozzare e dire "sono una stolker che segue il ragazzo, forse ex ragazzo, per sapere che cosa fa, con chi lo fa e perché.
L'uomo sorride, o meglio le sue labbra si curvano all'insù in quello che forse dalle sue parti è un sorriso. A casa mia lo chiamiamo ringhiare, ma questi sono dettagli su cui è meglio non avventurarsi. Lui ringhia/ sorride e si avvicina verso di me.
«Non prendermi per il culo. Non sei il tipo che serve in un locale come questo. Assomigli di più ad una educanda fuggita dalla chiesa. Quindi non farmelo ripetere di nuovo: cosa ci fai qui? »
Posso riuscire ad elaborare una balla credibile così su due piedi? È impossibile ovvio. Quindi la mia unica possibilità è dire una bugia che sia il più possibile vicina alla verità.
«Il fatto è che mi piace un ragazzo, mi avevano detto che sarebbe stato qui questa sera, ma non è venuto. » Il ghigno dell'uomo diventa più ampio, sembra quasi soddisfatto. Io lo sono di me stessa.
Niente nomi e cognomi, nessun dato circostanziato, nessun riferimento. Potrei quasi essere assunta dalla CIA o dall'FBI, se solo non me la stessi ancora facendo sotto dalla paura.
«Magari potrei andarmene a casa, tanto non c'è. » Propongo e tanto per provare, faccio un lento passo all'indietro. La porta non è lontana in fondo.
«Magari. » Dice lui, ma appena muovo l'altra gamba mi ha già afferrato il braccio.
«Oppure chiamo la polizia e ti faccio arrestare! »
Lo guardo a bocca aperta. Sembra stia scherzando, o no? Come faccio a saperlo?
«Oppure potresti farmi un favore. » Continua tornando a sedersi dietro la scrivania. Apre un cassetto e ne tira fuori una maschera veneziana. Nera e rossa, con il bordo dorato e che copre quasi tutta la faccia.
«Favore? » Chiedo sospettosa.
«Sì. » Prosegue. Apre un cassetto della scrivania e ne tira fuori una busta bianca. Me la mostra. È perfettamente sigillata, senza segni, ne scritte. Sembra quasi vuota, ma io so che non è così.
« Devi solo indossare la maschera e consegnare questa lettera al tavolo che ti indicherò.» Dice spingendo la busta sul piano della scrivania.  « Poi te ne vai di qui e ti dimentichi di ogni cosa. » Aggiunge.
Io guardo il contrasto del bianco con il mogano della scrivania. Sembra innocuo eppure io so che non lo è.
«Se non lo faccio? » Chiedo giusto per essere sicura di quali siano le mie alternative.
Mister muscolo si stringe nelle spalle. «Chiamo la polizia. »
È sicuro di avermi in pugno. Convinto di avermi messa alle corde e di sapere già che mi piegherò, che farò quello che dice lui. Non mi conosce. A volte stupisco perfino me stessa. Lo guardo, scosto la sedia di fronte la scrivania e mi siedo. « Chiama pure la polizia. » Gli comunico accavallando le gambe.
L'uomo rimane perplesso per qualche secondo, quasi non avesse recepito quello che io ho detto poi scoppia a ridere, con forza, di gusto.
Scuote la testa e commenta. « Da dove sbuchi fuori ragazzina? »
Quando l'ilarità si esaurisce mister muscolo torna serio. Non prende il telefono, non fa neanche il gesto di farlo, picchietta sulla scrivania con le dita con aria assorta.
«Mi piaci. » Decreta d'un tratto. Riprende la lettera poggiata sulla scrivania e la usa come un ventaglio.  «Facciamo così, tu consegni questa lettera e io ti faccio entrare qui tutte le volte che vorrai, con chi vorrai. Che ne dici? » 
Questa sarebbe una di quelle situazioni in cui la cosa più ragionevole da fare sarebbe dire di no e fuggire a gambe levate. Però quest'uomo che a prima vista sembrerebbe un diavolo con le corna e la coda per qualche motivo mi ispira fiducia ed io sono una persona che vide d'istinto, lo sente e se ne ciba. È per questo che chiedo. « È una cosa illegale? »
Potrebbe mentire e sono certa che sarebbe in grado di farlo con l'abilità di un giocatore di poker. Scuote la testa.
«No.» Non aggiunge spiegazioni, dettagli, rassicurazioni. È solo schietto ed io rispondo. « Ok. A chi la porto? »
Lui mi tende la maschera. « Indossa questa. Ti avvicini al tavolo che ti indico, poggi la lettera e vai via, va bene? »
In un batter d'occhio mi ritrovo mella bolgia infernale del locale, con la musica a palla nelle orecchie, i e corpi ammassati l'uno all'altro. Mister muscolo di cui mi accorgo solo ora non sapere neanche il none, mi conduce al piano superiore. Quello di Kyle per intenderci ed io subito mi irrigidisco.
«Avevi detto che il ragazzo che cercavi non era qui. » Mi sussurra l'uomo ad un orecchio. È perspicace. Molto, troppo per i miei gusti. Per mia fortuna è concentrato su altro. Guarda in giro per la sala e subito il suo sguardo si posa su un tavolino in fondo, dove è seduta una giovane donna molto elegante, con in volto una maschera molto simile alla mia. Una donna? Possibile che debba fare da cupido? Sembra che la realtà sia proprio questa. Mister muscolo mi indica proprio quella direzione. Sorrido annuisco con decisione e mi incammino verso quella direzione. Mi avvicino, poso la lettera sul tavolo, faccio un leggero saluto con la testa e torno indietro, con gli occhi della sconosciuta che mi bruciano la pelle della schiena.
D'un tratto però mi sento osservata in modo differente, come se avessi un altro paio d'occhi puntati dritti nella mia direzione. Non dovrei voltarmi, lo so che non dovrei e invece lo faccio. Il cuore raggiunge la velocità della luce in un battito di ciglia. Kyle mi sta guardando. Mi sta trapassando da parte a parte con degli occhi di brace. Rimango senza fiato per un tempo lunghissimo, mentre ho la sensazione che la maschera non esista, che lui sappia che sono io. Scuoto la testa. No. Non può avermi riconosciuta, è impossibile. Mi volto per proseguire sul mio cammino ma prendo una storta e cado a terra. Dannata me. Dannati trampoli. Ho una caviglia dolorante e la prima persona che mi soccorre non può che essere lui.
« Tutto bene? » Chiede mentre mi tasta la caviglia.
Rimango in silenzio, soffro in silenzio, gemo in silenzio. Un po' perché sono senza fiato, un po' perché sentire le sue mani sulla pelle mi mozza comunque il fiato, un po' perché non posso farmi riconoscere e se parlassi lui lo farebbe.
Lui è così vicino da farmi desiderare di allungare un braccio per toccarlo. È piacere e dolore averlo qui, in questo momento. Chiudo gli occhi e mi godo gli istanti della sua presenza, sempre più rara nella mia vita perché c'è, ma non con l'intensità con cui lo vorrei io.  Presente e assente al contempo. Il dolore sordo cui pensavo di essermi abituata si ripresenta più forte che mai ed io vorrei che il tempo si congelasse in questo istante, affinché io possa averlo per me per sempre.
Al contrario i secondi passano impietosi, uno dietro l'altro. Un cameriere si avvicina, mi soccorre, mi trasporta via di peso. Lui mi guarda andare via con un'espressione assorta e ancora una volta mi chiedo: mi avrà riconosciuta?

Spazio autrice: sì, lo so. Mi faccio desiderare. Sempre meglio tardi che mai, no?
Se siete arrivate fin qui però vuol dire che quello che scrivo è di vostro gradimento e allora ho il piacere di informarvi che ho iniziato a scrivere un'altra storia. " Solo per caso. " Forse potreste avere voglia di darle un'occhiata e dirmi cosa ne pensate. A presto. 

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora