Il tonfo sordo della porta dell'ufficio che si chiude alle mie spalle mi fa accapponare la pelle quasi fossi io sotto accusa. No. Che cosa vado a pensare? Devo solo raccontare quello che è successo e poi sarò libera di tornarmene a casa, come se niente fosse. O quasi. Scrollo via tutta la negatività che mi sono trascinata dietro e mi guardo intorno.
La segreteria è una stanza piccola, non molto luminosa con una scrivania assiepata di dossier in precario equilibrio e diversi armadi a parete pieni di scartoffie. Non ci sono poltrone, solo due vecchie sedie di legno consumato, che hanno visto momenti migliori.
«Si sieda.» ordina la preside ed io eseguo all'istante dato che le gambe non mi reggono più. Devo aspettare che inizi a farmi delle domande o sono io che devo parlare? Poiché la Mettiews non da cenni di vita, scelgo la seconda ipotesi.
«Kile Sanders era sul retro della scuola.» getto fuori tutto di un fiato.
Lei si siede dietro la scrivania come se non avessi aperto bocca, unisce con calma le mani davanti al volto e continua a rimanere un blocco di ghiaccio. Non per niente la chiamano iceberg. Non ha mai un capello fuori posto, non si scompone mai e non perde mai la calma. Quando faccio per aprire nuovamente bocca vengo fermata con un semplice cenno della mano.
«Signorina Rush so che il signor Sanders può essere molto affascinante agli occhi di una ragazza della sua età ma prima che aggiunga qualsiasi altra cosa, le voglio spiegare le conseguenze di una falsa testimonianza.» Falsa testimonianza? Di cosa diavolo parla? Stravolta, mi aggrappo ai braccioli della sedia e la ascolto attentamente.
«Il Signor Sanders partecipa a un programma di recupero della criminalità organizzato da Padre Martinez. Le sue presenze e ancor più le sue assenze devono essere accuratamente monitorate e giustificate. L'effrazione che è stata compiuta oggi nel mio ufficio è più che sufficiente per escluderlo dal programma.» Continua a fissarmi negli occhi senza distogliere lo sguardo neanche per un secondo e quando cerco di aprire la bocca per risponderle a tono lei, ancora una volta, mi anticipa. «Sto cercando di farle capire la gravità della situazione. Se saranno trovate impronte di Sanders nel mio ufficio o qualche altra prova che lo incrimini, lei sarà accusata di falsa testimonianza e giudicata di conseguenza.» La preside si alza in piedi aggirando la scrivania. «Questa non è semplicemente la bravata di un adolescente. Ci sarà un'indagine. Se sta mentendo, la verità verrà a galla e a quel punto non avrà più la possibilità di ritrattare. Dovrà subire le conseguenze delle sue azioni.»
Una smorfia amara mi si dipinge sul volto mentre abbasso lo sguardo per guardarmi le mani sudate che ho in grembo. Stanno tremando. Io sto tremando. Pensa che io sia una bugiarda, che mi stia inventando tutto per salvarlo e la cosa buffa è che non ho detto neanche una parola. La paura viene pian piano sostituita da una gelida calma. Rialzo la testa lentamente per guardare iceberg dritta negli occhi. «Signora preside ... » Inizio cercando di usare un tono di voce ben saldo. « Non sono qui per difendere il Signor Sanders ma solo per aggiungere dettagli importanti all'indagine. Dalle undici e trenta di questa mattina fino alle dodici e trenta l'ho visto all'uscita posteriore della scuola che parlava al cellulare e prendeva a pugni il muro.» Non aggiungo altro. Potrei parlare dei miei sospetti sul coinvolgimento esterno di Sanders, delle mie supposizioni sulla presenza di altri complici ma non lo faccio. Resto immobile a fissarla per quello che mi sembra un tempo lunghissimo in uno strano scontro di volontà finché non è lei la prima a distogliere lo sguardo. Quando torna a guardarmi nei suoi occhi leggo incredulità e forse anche un minimo di rispetto. Si aspettava che il suo discorso intimidatorio mi avrebbe fatto fare marcia indietro e non essendoci riuscita inizia ad avere qualche tentennamento.
«Se è così, vado a chiamare l'agente Nels e potrà raccontare tutto a entrambi.»
«Faccia pure.» acconsento con un cenno del capo.
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Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)
Genç Kız EdebiyatıAvevo sempre odiato i cattivi ragazzi e lui era il peggiore: spocchioso, arrogante, tenebroso, arrivato a scuola scortato dalla polizia. Avrei dovuto sotterrare il mio senso di giustizia e lasciarlo a marcire nella melma da cui era arrivato, invece...