Capitolo 31

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«Ti sembra normale !? E' questa la normalità?»

Le urla di mia madre attraversano i tramezzi della nostra casa come fossero di carta velina per arrivare alle mie orecchie nitide e gracchianti. Quale sarà adesso il motivo di tanta indignazione? Le alternative non sono molte. Forse qualcuno dei suoi colleghi ha nuovamente tentato di farle lo sgambetto ed è stato tumulato sul posto; oppure la vicina di casa ha dimenticato di pulire il cassonetto dell'immondizia generando una nuova guerra fredda.

Uno sbuffo di disgusto è seguito da un nuovo baccano di ante sbattute con inutile violenza. Credo che l'ira di mia madre non abbia a che fare con il lavoro e neanche con la sua mania della raccolta differenziata. Che papà abbia di nuovo dimenticato la tavoletta del water alzata?

«Calmarmi? Dovrei calmarmi?» La sento ancora urlare.

In questo momento sembra che si stia sfogando con una pentola o qualcosa di simile. Deve averla sbattuta sul tavolo o sui fornelli della cucina visto il frastuono che produce. Tendo le orecchie per capire qual è la replica di mio padre ma lui parla troppo a bassa voce.

«Sì! Sto urlando e ne ho tutte le ragioni!»

Alzo gli occhi al cielo. Mia madre ha sempre ragione, soprattutto quando non ce l'ha. Incuriosita apro la porta della camera ma i miei genitori hanno entrambi abbassato il tono di voce; stanno ancora parlando, ma io non riesco a sentire cosa dicono.

E se facessi finta di andare a prendere un bicchiere d'acqua?

Con un passo che vorrebbe essere felpato mi avvio verso il corridoio ma prima di arrivare alla meta, vengo bloccata malamente dal mobile porta telefono. L'ho sempre odiato quel maledetto affare. Ereditato dalla mia trisavola è pieno di spigoli, angoli e intarsi. Io li conosco tutti. Su ognuno ho lasciato come ricordo un pezzetto di pelle o di sangue, a volte entrambi. Potessi decidere io sarebbe già finito da un rigattiere, ma mia madre lo considera una specie di reliquia e oggi ha rovinato il mio ingresso silenzioso. E' caduto anche il soprammobile di rame e sta rotolando a terra fino a raggiungere i piedi dei miei genitori. Appena mi vedono ammutoliscono e si voltano a guardarmi come se volessero farmi un'autopsia anticipata.

«Io non ho fatto niente.» protesto levando le mani in aria in segno di resa. Almeno credo di essere innocente. Non posso esserne certa perché non sono ancora riuscita a capire di cosa stiano discutendo. Per tutta risposta, mia madre avanza a passo di carica con uno sguardo omicida.

«Vittoria porta sua figlia dal ginecologo.» annuncia.

«Ah, sì?» Chiedo nascondendomi dietro la porta aperta del frigorifero per prendere una bottiglia d'acqua. Non capisco perché dovrei interessarmi ai problemi di salute dei nostri vicini di casa anche se la ragazza in questione credo sia un po' troppo giovane per fare una visita ginecologica. Io al suo posto mi sarei opposta con le unghie e con i denti. Adesso mi serve solo un bicchiere.

«Matilde ha fatto sesso.» aggiunge mia madre tra i denti.

Quasi soffoco nel tentativo di deglutire le quattro gocce di acqua che ho ingerito . «Cosa !?» riesco a boccheggiare alla fine tra un colpo di tosse e l'altro.

«Matilde, la figlia di Vittoria ha fatto sesso.» ripete lei scandendo meglio le parole. Ingoio un'imprecazione poco elegante.

Matilde? Quella Matilde? Ma quanti anni ha? E' poco più di una bambina. Mi scervello nel tentativo di ricordare che classe frequenta. La seconda o la terza media? Non ricordo bene, ma non può avere più di tredici anni.

«Ho sentito una trasmissione alla radio questa mattina in cui spiegavano che l'età della prima volta per le ragazzine sia ormai scesa a dodici/tredici anni.» Aggiunge mia madre con un tono di voce pericolosamente in salita. Perché mi guarda con quello sguardo accusatore? Non mi vorrà chiedere...

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora