58 - Decisioni pericolose

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Il cibo di New York fa schifo, il clima è polare e gli americani hanno un concetto della pulizia fuori asse rispetto al mio. Potrei anche aggiungere che il nostro maggiordomo puzza e che la gatta del vicino non è davvero siamese e la mia giornata non si sposterebbe di un millimetro.

Chi voglio prendere in giro? Sono io che mi sento uno schifo, oggi, un po' più di ieri, un po' meno di domani.

Questa mattina mi ero svegliata con un proposito a dir poco stupefacente: riprendere con gli allenamenti. E quale posto migliore di Central Parck? Ci vanno tutti, persino i chihuahua ad allenarsi. Perché io no?

Così ho indossato la mia divisa da running, ho preso il cellulare, inforcato le cuffie, oltrepassato l'ingresso, fatto qualche passo e... le lacrime hanno iniziato a bagnarmi le guance irrefrenabili, silenziose, devastanti. Senza un motivo apparente. All'improvviso.

Non che non ci sia un motivo per piangere, c'è, è sempre lo stesso. Però credevo di essere riuscita ad arginare almeno le crisi isteriche dei primi giorni. Pensavo che dopo sei mesi, dieci giorni, due ore e tredici minuti, sarebbe stato più semplice. Invece continuo a sentirmi vedova senza aver mai fatto neanche la comparsa sull'altare.

La cosa peggiore è che ho spesso la sensazione di sentirmi i suoi occhi addosso. Lo vedo ovunque vado, mi basta scorgere un uomo un po' più alto, un paio di spalle larghe, un mezzo giubbotto di pelle e vado in tilt. Inizio a sudare come un maratoneta, la bocca mi diventa arida e il cuore prenda la rincorsa nel mio petto. Stupido cuore. Chi glielo va a dire di non battere così forte? Io no di certo. Stupida io, ingenua, sognatrice. Anche adesso.

Il ragazzo che è appoggiato a quella quercia secolare lì in fondo, con quella posa indolente, il berretto da baseball calato sul viso, ecco io giurerei che è lui. Sono scema no? Non potrebbe mai farsi vedere così alla luce del sole da me, sarebbe una follia.

Distolgo lo sguardo. Sì, è meglio. Altrimenti il ragazzo che non è Kyle potrebbe anche farsi idee strane, del tipo che ha fatto colpo o una cosa del genere. Meglio portare gli occhi al cielo. Non è che sia un granché, solo nuvole più o meno grigie, più o meno minacciose.

Meglio così, no? Ma che dico! Ci ho provato, l'occhio però non ne vuole sapere. Torna a cercare in quella direzione, a cercarlo e.. non c'è più. Scomparso. Dileguato nel vuoto.

Ecco, mi mancavano solo le allucinazioni all'appello. Forse dovrei fare qualche visita da uno psicologo, uno bravo.

Faccio qualche altro passo, la voglia di correre mi è passata del tutto, con un tocco avvio la musica, nel tentativo di fermare anche i pensieri, per schermarmi dal mondo e forse anche, chissà, da me stessa.

Quando arrivo di fronte l'albero mi blocco, non riesco ad andare oltre, mi attira come una calamita, come se davvero lui fosse stato lì poco prima di me, e mi appoggio a quel tronco con la sensazione di poter quasi sentire il calore del corpo di Kyle. Spengo la musica e tolgo le cuffie per infilarle in tasca. Mi infastidiscono, tutto lo fa.

Chissà dove sarà lui in questo momento, cosa starà facendo. A volte mi sorge il dubbio di aver sognato tutto, di essere solo la solita ragazzina che si corre dietro al niente.

Un raggio di sole riesce a farsi spazio tra le nuvole e sono costretta a chiudere gli occhi per non esserne accecata. Ecco, in questo momento riesco a sentire il mio corpo poggiato al tronco dell'albero. Le nuvole tornano a coprire il sole, non ne sento più il calore sulla pelle, ma io non riapro gli occhi, in questo modo tutto diventa possibile, anche sentire il profumo di Kyle intorno a me.

Porto le braccia intorno al tronco, il battito del mio cuore si fa irregolare. Mi sembra di averlo vicino, a non più di un passo e mi manca il fiato. Potrei aprire gli occhi, verificare. Non lo faccio. È la mia fervida immaginazione che ha prodotto tutto per conto suo e mi regala una nuova meravigliosa illusione. Non importa. Oggi va bene anche una bugia, un sogno. Mi basta continuare ad avere lo stomaco in gola come ogni volta che mi si appiccicava addosso. È così reale da sembrare di averlo davvero vicino, a un passo. Quando sento un paio di mani coprire le mie, apro la bocca e trattengo il fiato. Tremo da capo a piedi, ma non apro gli occhi, li serro ancora di più. Voglio che duri il mio sogno, il più a lungo possibile.
«Sam...»
La sua voce. No! Non può essere. Le lacrime tornano a riaffacciarsi sulle ciglia. Una dietro l'altra rotolano sul mio viso, le sento bagnarmi le guance, arrivare e correre giù fino alle labbra. Le mie palpebre però rimangono serrate.
«Sam apri gli occhi. » Suggerisce subdola la voce di Kyle. Scuoto ostinata la testa. No. Scomparirà, come il ragazzo di poco fa, quello di ieri e quello di tre giorni fa e oggi non sarei in grado di sopportare l'ennesima delusione, mi romperei in mille minuscoli pezzettini. Non riuscirei più a ritrovare il modo per rimetterli insieme, rimettermi insieme. Allora tengo le palpebre serrate, il più possibile e il sogno si fa più reale. Mi sembra quasi di vederlo sorridere a mezza bocca, come solo lui sa fare. « Come vuoi. » Mi sussurra in un orecchio la sua voce calda. Il suo naso si strofina sulla pelle delicata del collo, mi fa rabbrividire e tremare come una foglia.

È un sogno. Uno di quelli da cui non vuoi svegliarti mai più e allora lo abbraccio, lo stringo forte, con una muta supplica: non mi lasciare ancora.

Il sogno è generoso, molto più della realtà. Continua a starmi vicina, ad attorcigliare le mani nei miei ricci ribelli, a stringerli.
« Profumi di buono. » mi sussurra e riesce a strapparmi un sorriso, uno di quelli veri, non quelli sbilenchi che rifilo un po' a tutti ormai.

Il cuore mi fa una capriola del petto quando sento la sua mano passarmi attorno alla vita per tenermi addosso al suo corpo. È come lo ricordavo, solido, imponente, caldo, ed è anche un po' meglio.
« Sto per baciarti Sam, sei sicura di voler tenere gli occhi chiusi? »
Sorrido, annuisco e non resisto. Mi mordo il labbro. Non potrei mai rinunciare al mio sogno, non ora. Così rimango ferma ad aspettarlo.
Il Kyle del mio sogno se la prende comoda. Fa scorrere il pollice sulle mie labbra leggero, delicato, impalpabile. E ho la conferma che è tutto un sogno perché Kyle non è mai stato delicato, si è sempre preso tutto, senza chiedere.

Disegna il profilo della mia bocca come se volesse riportare alla memoria ogni dettaglio, con calma. Più di quella che io posso sopportare, perché sono già sulle nuvole. Ho caldo, freddo e l'istinto mi spinge a socchiudere le labbra, a lasciargli spazio, farlo entrare.
«Sam. » Geme, mi stringe ancora di più a se e afferra il mio labbro inferiore con i denti. Lo morde piano, lo succhia, mi fa girare la testa. Mi aggrappo alle sue braccia per non cadere e lui ne approfitta per farmi sentire la sua eccitazione. È marmo e fuoco mescolato insieme e io annaspo preda ancora una volta di una frenesia che è solo sua.
Gioca, si diverte a incendiarmi, a farmi sciogliere, sempre un po' di più, finché io non resisto, socchiudo le palpebre, solo un poco e quando i miei occhi intravedono un profilo familiare rimango a fissarlo a bocca aperta.

È lui. Qui. Su di me. Solo allora si decide a impossessarsi delle mie labbra. Si avventa su di me come se volesse divorarmi, senza posa, senza tregua. Mi divora come un rapace e io glielo lascio fare, perché è questo il suo posto, è questo il mio. Tutto intorno a me, ma non ancora abbastanza.

«Fermami Sam. » Con il fiato corto le mani tra i miei capelli mi costringe a sollevare la testa, a guardarlo. È così bello da ferire la vista.

«No. » Rispondo. « È il mio sogno questo. »

Lui sorride. Non parla. I suoi occhi torbidi sono un mare di parole non dette, di desideri troppo a lungo rimandati. Sospira, stringe i denti. Le mani tra i miei ricci serrano, tirano, combatte con sé stesso. Perché?

« Ho provato a stare senza di te, non ci sono riuscito. » Confessa duro e i suoi occhi prendono fuoco. È determinato ora. Ha fatto la sua scelta e non mi sta chiedendo niente. Ha deciso e basta.
«Ti voglio con me. » Dice e io sorrido, dapprima un po' incerta perché non credo di aver sentito bene, poi inizio a crederci e il cuore sembra che mi voglia uscire dal petto.
«Ti fidi di me?» Chiede. Che domanda sciocca.
Annuisco e rido. Rido e annuisco anche se lui è serio, mortalmente serio. Sento quasi sulla mia pelle la battaglia che combatte contro se stesso. Non so dire alla fine chi vica o chi perda so solo che aggiunse: « Non c'è altra scelta. »

Quando mi afferra per mano e mi porta con se non ho neanche un'esitazione. Dovrei perché ci sono troppe questioni in sospeso, troppe cose non dette, ciononostante lo seguo, gli arranco dietro mentre usciamo dal parco, camminiamo lungo la strada fino ad arrivare ad una limousine nera accostata al marciapiede.

Lui si volta a guardarmi, è distante mille miglia ora e ha indosso una maschera di imperturbabilità che mi gela il sangue nelle vene.
« Sali. » E la sua non è una richiesta è un ordine inflessibile. Il mio istinto si mette in allarme e non obbedisco. Rimango in piedi a osservarlo.
«Per andare dove? » Domando.
«Nell'unico posto in cui puoi stare con me, all'inferno. »
È una risposta assurda la sua, che mi ghiaccia il sangue. Non è uno scherzo, non è un gioco, c'è in ballo tutto ora.

« Se non sali ora non mi vedrai mai più. » Mi afferra per un braccio e apre la portiera. Non mi sta lasciando la possibilità di scegliere o forse lo sta facendo?

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora