Capitolo 23

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Corro, senza fiato, senza forze, senza speranze, arrancando alla rinfusa lungo un ripido sentiero di montagna, con la paura che mi serra la gola in una morsa. Inciampo, ma mi rialzo in fretta. Il lupo mi insegue, mi chiama, conosce il mio nome. Come fa a saperlo? Mi volto. É sempre più vicino, mi ha quasi raggiunta. Continuo a correre mentre i miei vestiti si impigliano nei rovi e si lacerano ferendomi le braccia, le gambe. Non posso fermarmi.

Con il cuore in gola arrivo al bordo di un dirupo di cui non si vede la fine; il lupo è davanti a me e alle mie spalle c'è solo il vuoto, il nulla più assoluto, non ho vie d'uscita, posso solo aspettare il suo attacco.

Lo osservo muovere qualche passo in avanti, con cautela, quasi avesse paura della mia prossima mossa, ma sappiamo entrambi che ormai sono in trappola, allora perché esita? Non ringhia neanche. Mi fissa. Incatena il mio sguardo al suo con i suoi occhi torbidi, immobile, fermo come se volesse scavare dentro di me fino ad arrivare ai recessi più nascosti della mia anima. Non riesco a distogliere lo sguardo perché riconosco qualcosa di familiare in quegli occhi, qualcosa che ho già visto: sono gli occhi di Kyle Sanders.

Mi sveglio di soprassalto, ansimante, e nella penombra del salotto trovo quegli stessi occhi di fronte a me che continuano a scrutarmi in silenzio con la stessa intensità. È qui, sprofondato a gambe larghe nella poltrona mente le fiamme provenienti dal camino gli danno un'aria inquietante, un po' sinistra. Ritrovarlo così, dopo tutti questi giorni di interminabile attesa, scatena in me una marea di emozioni così grande da farmi temere di non essere in grado di gestirle. Ogni dubbio scompare, ogni preoccupazione diventa superflua, ogni riflessione inutile: c'è solo questo irresistibile desiderio di raggiungerlo, toccarlo e accertarmi che non si tratta di un sogno.

Scivolo dal divano e muovo un passo, poi un altro. Non è molto distante. Posso sentire la sua energia vitale che mi attira inesorabilmente a sé eppure, quando sono a un passo da lui, mi fermo. Nei suoi occhi neri come il carbone infuria una lotta atroce che lo dilania fin nel profondo. Non voglio che soffra. Allungo una mano in una istintiva carezza e il mio gesto decide tutto. La maschera di indifferenza che ho imparato bene a riconoscere, torna al suo posto mentre mi afferra il polso per impedirmi di toccarlo.

«Devo ammettere di aver sottovalutato le tue capacità.» Dice con un tono di voce freddo come la lama di un coltello; così freddo che mi scaraventa nella realtà in modo quasi doloroso. Sbatto le palpebre una volta, due, poi, confusa gli lancio uno sguardo interrogativo.

«Vuoi che ti elenchi le cazzate che hai fatto solo nelle ultime ventiquattro ore?» Prosegue implacabile facendomi sobbalzare per la durezza che usa.

Con uno strattone cerco di divincolarmi dalla sua presa ferrea ma lui me lo impedisce. Stringe il polso con più forza. Non troppa da farmi male ma abbastanza da impedirmi di sfuggirgli.

«Hai usato il mio numero quando non dovevi.» Inizia a elencare meticoloso.

«Mi hai cercato a scuola, nella mia classe.» Parla a denti stretti, con voce alterata come se stesse parlando a una bambina capricciosa.

«Vestita di nero.» aggiunge stringendo ancora la presa sul mio polso. Questa volta tiro con più forza e riesco a liberarmi. Non mi faccio illusioni. É stato lui a lasciarmene la possibilità ma non ho nessuna intenzione di fargli sconti. Pensa veramente di potermi mettere sul banco degli imputati senza che io mi ribelli? Mentre mi massaggio il polso dolorante gli lancio uno sguardo furente che non lo scalfisce affatto. Continua a infierire.

«Sai come ti chiamano adesso?» Non lo degno di una risposta. Alzo solo un sopracciglio sdegnata.

«La principessa nera.» dice con foga.

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora