Credo che il mio concetto di invisibilità e quello di Natascia siano un po' differenti. Scomparire è un'arte antica, che richiede precisione e attenzione. Io l'ho coltivata, l'ho studiata, l'ho praticata per così tanto tempo da essere radicata nella mia stessa essenza. Se non voglio che qualcuno mi veda divento nebbia, impalpabile ed effimera, così leggera da scivolare in mezzo ad una folla come un soffio di vento.
Per Natascia no. Una parrucca, un completino striminzito da cameriera sexy, un trucco dark e il gioco è fatto.
«Basta essere naturali. » Mi dice mentre mi spinge verso l'ingresso. « Ho un gancio all'interno. Una cameriera ci farà entrare nello staff. Sarà una passeggiata. »
Essere naturale è la mia duecentocinquantesima natura. Sono le altre duecentoquarantanove che si ribellano per essere state messe da parte e tra una zuffa e una baruffa io mi sento più la donna di latta di Alice nel paese delle meraviglie che una cameriera sexy.La gonna è troppo corta, se non faccio attenzione a come cammino mi si vedono le mutande. Le calze a rete mi prudono dappertutto, per non parlare del pizzo delle autoreggenti tutto in bella mostra. Il colpo di grazia però credo me lo abbiano dato i tacchi di dodici centimetri a spillo, rosso fuoco che fanno parte della divisa d'ordinanza.
«Cammina con naturalezza. » Dichiara sadica Natascia. Io le ringhio contro. Come fa a tenersi in equilibrio? Io ho fatto dieci passi e sono già inciampata undici volte, una delle quali ho avuto un contatto così ravvicinato con il pavimento da aver annusato la polvere che lo ricopriva.Natascia mi aspetta però, tra il divertito e l'irritato e mi prende sotto braccio. «Sei bellissima, irresistibile. Una dark lady. » Mi sussurra all'orecchio mentre ci avviciniamo sempre di più nell'armadio che custodisce l'entrata sul retro del locale.
L'essere in questione, a metà tra un gigante e l'uomo delle caverne ci studia entrambe da capo a piedi. Io sorrido, o meglio, spero che la paralisi facciale che ho stampata sul viso sia sufficientemente credibile da non destare sospetti, anche perché se l'uomo di Neanderthal dovesse toccarmi anche solo con un dito credo che di me rimarrebbe solo il ricordo.
«Pass?» Ringhia come un rinoceronte. Io sorrido, guardo Natascia. Lei raddrizza la schiena, si poggia le mani sui fianchi e lo rimprovera. « Come sarebbe a dire pass? Nessuno ti ha detto che saremmo arrivate? Tanta superficialità è deplorevole. » Dichiara infervorata, così infervorata che io quasi mi sento dispiaciuta per l'uomo armadio e per la sua faccia confusa. Una cosa è certa: non sa più che pesci prendere!
«Qui nessuno mi dice mai niente !» Borbotta lui con le braccia incrociate sui suoi bicipiti di ferro. Distrattamente mi domando con cosa farà mai colazione un gigante del genere e mi chiedo se mangerà amianto, ferro e chissà cos'altro.
«Ehi Malcom! Loro sono con me. » Arriva un urlo dall'interno. Lui si volta, vede una rossa vestita o meglio svestita come noi e si scioglie come il burro vicino al sole.
«Chantal potresti dirmelo prima però. » Protesta mentre si fa da parte per farci passare.
La rossa non si scompone. Si stringe nelle spalle, gli strizza l'occhio e si concentra su di noi.Natascia passa il suo minuzioso esame in un nanoscendo. Quando però gli occhi della rossa si posano sul mio corpo, il responso è impietoso. « Dove sei andata a prenderla la tua amica, all'asilo? » Decreta disgustata.
Natascia infila un braccio sotto il mio e ribatte decisa. « È la migliore. Deve solo prendere un po' di sicurezza. » Io vorrei avere la sua di sicurezza o se non proprio la sua almeno la metà di quella che ostenta.
La rossa fa una faccia schifata, ma non insiste più di tanto. «Seguitemi. » Ordina.Natascia la segue e io cerco di fare lo stesso sgambettando incerta su questi trampoli malefici. Passiamo un corridoio stretto, troppo gremito di gente per i miei gusti, qualche stanzetta usata come spogliatoio e tra un "permesso" e mille "scusate" da parte mia, siamo dentro il locale. Luci basse, musica alle stelle, persone accatastate una sull'altra. Gli occhi di Natascia brillano come l'orsa maggiore e quella minore messe insieme. Io non respiro. L'odore di alcol si mescola a quello dei corpi sudati, dei profumi femminili, di quelli maschili.
«Bar, pista da ballo, spogliatoio per i clienti, bagni.» Indica la rossa rapida. «Servite i tavoli nella zona adiacente la pista e soprattutto non andate nella parte superiore del locale. »
Solo quando lei me lo fa notare mi rendo conto che sopra di noi, ad una altezza vertiginosa, separato da una lastra di vetro trasparente c'è un intero altro piano.
«E non date fastidio alle altre ragazze. » Sentenzia il nostro gancio prima di sparire in mezzo alla folla, più veloce di una Ferrari sul circuito di Monza.Ora non dovrebbe essere difficile fingere di essere una delle tante cameriere del locale no? Sento Natascia che freme per gettarsi in mezzo alla folla ed io non posso continuare a prendere tempo. Lei mi lancia un'occhiata interrogativa, io annuisco e in un battito di ciglia sono sola e con lo stomaco sotto sopra.
Devo muovermi, so di doverlo fare. L'unica cosa stupida è rimanere impalata in mezzo alla stanza. Ordino al mio cervello, di dire alla mia gamba destra di sollevarsi e avanzare e questa, miracolosamente esegue il comando: ho già fatto il primo passo. Il secondo è meno difficile, il terzo diventa quasi uno scherzo. Se non fosse che un cliente seduto ad un tavolo mi intercetta con lo sguardo e richiama la mia attenzione. Io sorrido, provo a scuotere la testa, lui insiste, mi fa cenno di avvicinarmi. Io scuoto ancora una volta la testa e lui fa un cenno più vistoso. Non ho via di scampo.
«Allora bellezza portaci qualcosa da bere. »
Infilo una mano nella tasca della divisa, trovo il taccuino, lo apro e mi stampo in faccia il mio miglior aspetto professionale.
«Cosa desiderano i signori? »
L'amico del cliente porta alla bocca il suo bicchiere, lo scola e sghignazza. « Io vorrei un pompino bellezza. »
Rimango a bocca aperta per uno, forse due secondi, poi incenerisco il tipo con un'occhiataccia mentre arretro di un passo. Non credo che le cameriere siano qui per farsi insultare. « Dai bellezza. » Protesta il primo, allungandosi nel tentativo di afferrarmi. Io però ho i riflessi più veloci dell'uomo che è di sicuro ubriaco, non mi faccio prendere. Lui afferra l'aria, perde l'equilibrio e cade con la faccia a terra. In un secondo ho gli occhi di mezzo locale puntati addosso. Scappa, mi dice la voce della razionalità. Scappa. Ci sarei anche riuscita se la rossa non mi avesse già intercettata in un nanosecondo. Prima che io possa anche solo aprire bocca mi afferra per il polso e mi sta trascina via.
Ora non so per quale motivo guardo in alto, perché fra le tante direzioni il mio sguardo prende proprio quella, so solo che in un secondo mi paralizzo. Al piano superiore, in tavolino ben in vista, ci sono Kyle, John e l'ultima persona che avrei mai pensato di vedere con loro: Logan. Cosa ci fa il cugino di John con loro? È coinvolto anche lui? Non faccio in tempo a pensare troppo perché, mentre Kyle e John sono voltati in un'altra direzione lui ha gli occhi fissi su di me. Impiega qualche secondo, poi potrei scommetterci i miei tacchi dodici che mi riconosce. Si alza in piedi di scatto con le mani sul tavolino e non lo vedo più perché la rossa mi ha già guidata in un corridoio scuro. Non come quello di prima, questo è molto più silenzioso, ampio e buio. La musica quasi non si sente più e non si vede anima viva in giro. Inizio a temere di aver fatto un grosso sbaglio quando apre una porta e con forza mi fa entrare in una stanza avvolta nella penombra.
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Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)
Romanzi rosa / ChickLitAvevo sempre odiato i cattivi ragazzi e lui era il peggiore: spocchioso, arrogante, tenebroso, arrivato a scuola scortato dalla polizia. Avrei dovuto sotterrare il mio senso di giustizia e lasciarlo a marcire nella melma da cui era arrivato, invece...